venerdì 29 marzo 2024
Il dono della Cattedrale cattolica alla città a 35 chilometri dal fronte. In 1.500 in coda fin dall'alba. Il vescovo Sobilo: così la Chiesa è vicino al popolo che soffre. L'aiuto del Papa
Il pane di Pasqua per sfamare i poveri di guerra a Zaporizhzhia
COMMENTA E CONDIVIDI

Già alle 6 del mattino c’è chi si mette in coda. Tre ore più tardi saranno in 1.500 a riempire il giardino dietro la Cattedrale di Zaporizhzhia. È giovedì, uno dei quattro giorni alla settimana in cui la Chiesa cattolica sfama la gente che la guerra ha messo in ginocchio. Con il “pane dei poveri” donato a chi resta in una metropoli a rischio, a trentacinque chilometri dal fronte. Però non è un giovedì come gli altri per la comunità latina: è il Giovedì Santo, «il giorno del pane del cielo e del servizio», come lo definisce Jan Sobilo. Ufficialmente è il vescovo ausiliare della diocesi di Kharkiv-Zaporizhzhia; ma per tutti è il vescovo di Zaporizhzhia.

La distribuzione del 'pane dei poveri' di guerra a Zaporizhzhia nei giorni del Triduo pasquale

La distribuzione del "pane dei poveri" di guerra a Zaporizhzhia nei giorni del Triduo pasquale - Gambassi

Inizia nel segno della fraternità il Triduo pasquale per i cattolici di rito romano dell’Ucraina che domenica festeggiano la Risurrezione insieme alle comunità protestanti presenti nel Paese. Una minoranza rispetto ai greco-cattolici e agli ortodossi che celebreranno la festa domenica 5 maggio. Ma le giornate che portano alla Pasqua cominciano anche sotto le bombe e i droni. Nella notte a Zaporizhzhia si combatte la battaglia del cielo fra stormi di velivoli kamikaze e sistemi di difesa antiaerea: spari per ore pur di abbattere il nemico “volante” ma i droni feriscono due donne nelle loro case.

L'altare del Santissimo Sacramento per il Triduo pasquale con il filo spinato, la stoffa militare, un elmetto bellico

L'altare del Santissimo Sacramento per il Triduo pasquale con il filo spinato, la stoffa militare, un elmetto bellico - Gambassi

«Abbiamo bisogno di riconciliazione», dice il vescovo durante la Messa in Coena Domini durante la quale avviene il rito della lavanda dei piedi. La Cattedrale è piena. Si sfidano gli allarmi antiaerei che suonano poco prima dell’inizio della celebrazione. Se nel tardo pomeriggio il pane è spezzato sull’altare, al mattino i filoni vengono divisi fra mamme con bambini, famiglie, anziani. «Ci sono gli sfollati dei territori occupati; ci sono gli evacuati dai villaggi troppo vicini alla linea del fuoco; ci sono coloro che non hanno più un lavoro a causa del conflitto», racconta il presule.

Il rito della lavanda dei piedi a Zaporizhzhia con il vescovo Jan Sobilo

Il rito della lavanda dei piedi a Zaporizhzhia con il vescovo Jan Sobilo - Gambassi

Il pane è uscito dal forno dei padri albertini che hanno creato nel loro monastero. Ed è pane dal sapore ecumenico perché «a offrirsi la farina sono i protestanti», sottolinea fra’ Wieslaw Karzmarczyk. E spiega: «Il nostro fondatore, sant’Albert Chmielowski, ci chiedeva di essere “buoni come il pane, che è messo sulla mensa e di cui possono servirsi quanti hanno fame”. Noi abbiamo voluta una mensa sotto le bombe». Il religioso ha guidato da Kiev un camion carico di sacchetti di riso che vengono regalati insieme agli sfilatini e sono stati donati dalle suore di Maria della Medaglia Miracolosa. «Ogni volta troviamo donne e uomini di buona volontà che soccorrono la gente di Zaporizhzhia – chiarisce fra’ Wieslaw –. È la solidarietà la risposta all’odio».

La distribuzione del 'pane dei poveri' di guerra a Zaporizhzhia nei giorni del Triduo pasquale

La distribuzione del "pane dei poveri" di guerra a Zaporizhzhia nei giorni del Triduo pasquale - Gambassi

La fila è ordinata. Prima le mamme con i bambini piccoli. Poi gli anziani. Quindi tutti gli altri. I volontari con le pettorine di Caritas-Spes guidano il “popolo fragile” sotto attacco. Casse di pane passano di mano in mano. Tutte prodotte nella casa della Congregazione sull’altra riva del fiume Dnipro che divide in due la città. Fra gli angeli dei poveri di guerra Remigio, seminarista polacco che ha chiesto di essere prete a Zaporizhzhia. Sorride. E le donne lo chiamano «il nipote». «Dyakuyu» o «Spasiba» rispondono tutti dopo aver ricevuto il cibo: dicono “grazie”, a seconda che si parli ucraino oppure russo. «Sia lodato Gesù Cristo», risponde suor Ivona mentre riempie le borse. E confida: «Servire significa essere accanto ai più bisognosi».

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI