sabato 1 luglio 2023
Nuove strade, piscine aperte, mostre nei parchi: così l'esercito prova a rimuovere il terrore, le bombe e la resistenza ucraina. Il sindaco in esilio: senza medicine chi non prende il passaporto russo
La città di Melitpol, nel sud dell'Ucraina, occupata dai russi con i militari di Mosca che presidiano le strade

La città di Melitpol, nel sud dell'Ucraina, occupata dai russi con i militari di Mosca che presidiano le strade - Ansa

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«Le strisce pedonali sono state appena ridisegnate nelle vie principali», annunciano i canali social riprendendo un avviso delle autorità municipali. Nella cittadella degli sport acquatici i cartelli annunciano che le porte sono aperte ogni giorno dalle 8 alle 19 ma anche che i «bambini sotto i 6 anni hanno l’ingresso gratuito» e possono prenotare «lezioni individuali con un istruttore». Sui siti locali viene data enfasi a un intervento «unico» dei neurochirurghi su un «paziente con un frammento nel midollo spinale». Ma bisogna leggere fino in fondo gli articoli per scoprire che quel frammento era la «scheggia di un attacco missilistico». Fosse per quanto riportano i media targati Mosca, Melitopol è una città senza guerra. E soprattutto russa, non più ucraina: con i bambini dei campi estivi che sventolano le bandierine bianche, blu e rosse; con i tre colori cari a Putin che decorano le fermate degli autobus; con le foto del Cremlino sui manifesti pubblicitari. E con il giornale locale Novy Den che torna in edicola celebrando la “Giornata della Russia”.

Una festa 'russa' nella città occupata di Melitopol

Una festa "russa" nella città occupata di Melitopol - Telegram-Melitopol_now

«Gli invasori hanno ripreso la stampa del nostro quotidiano rubandone la testata e il logo e trasformandolo in strumento di propaganda», spiega il sindaco in esilio Ivan Fedorov. Con le sue parole e i messaggi che affida a Telegram racconta la colonizzazione a grandi passi della città a sud dell’Ucraina, considerata la “porta della Crimea”. Uno snodo finito dal primo marzo di un anno fa in mano alle truppe di Mosca che controllano l’80 per cento della regione di Zaporizhzhia di cui Melitopol fa parte. In queste settimane è al centro della controffensiva di Kiev che ha in Melitopol una delle grandi direttrici d’azione. In 150mila la abitavano prima della guerra. Nessuno sa quanti siano i residenti dopo quasi un anno e mezzo di occupazione e il grande esodo per fuggire dal nemico. E soprattutto chi siano: se ancora ucraini oppure russi fatti arrivare da oltre confine. Nelle corse di ospedale si parla per lo più la lingua di Mosca con medici e infermieri “importati”. Già sono aperte le iscrizioni a scuola che avrà percorsi di studi omologati con la “Madre-Russia”.

Il rifacimento delle strisce pedonali nella città occupata di Melitopol

Il rifacimento delle strisce pedonali nella città occupata di Melitopol - Telegram-Melitopol_now

«Gli occupanti minacciano anche i genitori dei diplomati che non riceveranno alcun attestato se non possederanno un passaporto russo», fa sapere il sindaco che ha già denunciato la recente deportazione di «300 bambini dal distretto di Berdyansk» a quella che con amara ironia chiama «la “soleggiatata” Chuvashia, a 1.600 chilometri da qui, nella profonda Russia». Ed è proprio la conversione forzata della cittadinanza una delle maggiori «trappole», come la definisce Fedorov. «Per essere pagati o ricevere medicinali salva-vita si viene obbligati ad avere il passaporto russo. Vengono compilate liste di adolescenti che devono compiere 14 anni per imporre loro il passaporto straniero. E chi non ha il passaporto russo viene minacciato di finire in prigione o ai “lavori socialmente utili” per la costruzione delle trincee».

Nel parco Gorky di Melitopol la mostra fotografica “La grande Russia”

Nel parco Gorky di Melitopol la mostra fotografica “La grande Russia” - Telegram-Melitopol_now

Nel frattempo al parco Gorky è stata inaugurata la mostra fotografica “La grande Russia”. Ed è stato stretto un gemellaggio con la regione russa di Arkhangelsk, nel nord del Paese, per ricostruire trentatré strutture della città classificata come “annessa”: dagli asili alla terapia intensiva pediatrica. Il tutto mentre si tengono le primarie di Russia Unita, il partito di Putin, per scegliere i candidati alla “Giornata del voto unico” del prossimo 10 settembre. «La nostra gente ha ignorato le pseudo-elezioni - dichiara il sindaco -. Così, per mostrare qualche risultato al padrone del Cremlino, si è ricorsi alla paura: le persone sono state costrette a votare irrompendo nelle case». Dallo scorso gennaio è impossibile lasciare i territori occupati. Le ritorsioni verso chi rimane ucraino si traducono «in perquisizioni domiciliari anche notturne o in trasferimenti all’ufficio di comando di persone di cui poi si perdono le tracce», sostiene il primo cittadino.

Le bandiere russe distribuite nella città occupata di Melitopol

Le bandiere russe distribuite nella città occupata di Melitopol - Telegram-Melitopol_now

Il regime di terrore non ha fermato la resistenza filo-ucraina che firma azioni di guerriglia e sabotaggio. Si devono ai partigiani di Melitopol l’esplosione di un ponte ferroviario fatto saltare per fermare i rifornimenti militari e il deragliamento di cinque treni che portavano rame in Crimea. Raid che si aggiungono alle quotidiane esplosioni che il sindaco descrive e che i russi imputano ai missili di Kiev.

La striscia di fumo di un attacco nelle vicinanza di Melitopol

La striscia di fumo di un attacco nelle vicinanza di Melitopol - Telegram-Ria Melitopol

Del resto, nonostante le immagini patinate diffuse dagli invasori, la città porta ovunque i segni della distruzione. E, dopo la ritirata da Kherson, il Cremlino ha trasferito qui il comando del fronte meridionale da cui controlla la linea del fuoco a cinquanta chilometri e presidia il mare d’Azov e la penisola affacciata sul mar Nero. «Gli invasori continuano a trasferire nuove forze - dice il sindaco -. Si registrano consistenti movimenti di attrezzature belliche. A Tolmak ci sono più militari russi che residenti». E descrive una città-fortino, ormai circondata «di fossati e mine».

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