Un missile ha colpito un campo di grano vicino a Odessa - Reuters
Che speranze ha l’Ucraina di prevalere nella controffensiva in itinere? Dopo un mese e mezzo di combattimenti, i suoi guadagni territoriali sono infimi: meno di 300 chilometri quadrati riconquistati, l’equivalente dell’Isola d’Elba. Gli exploit dell’anno scorso, a Kharkiv e a Kherson, sembrano irripetibili. All’epoca, l’esercito ucraino aveva sorpreso tutti per sagacia tattica, riuscendo ad annichilire il nemico. Oggi è un’altra musica. L’Armata rossa è più coriacea: ha appreso dagli errori iniziali. È migliorata, al punto che equivale all’avversario. Il fronte ne risente, quasi immobile. Per sbloccarlo, gli uomini di Zelensky dovrebbero inventarsi qualcosa di sorprendente, farsi simili ai battaglioni d’assalto tedeschi del 1918 o ai marines americani della seconda guerra mondiale, che ripresero una a una le isole del Pacifico, abbinando unità mutevoli col terreno, arieti di sfondamento, genio, blindati e fanterie leggere. Per districarsi fra le mine e le maglie delle difese nemiche, gli ucraini sono stati costretti a scommettere in toto sulle fanterie. I blindati, da soli, sono risultati vulnerabilissimi, preda dei droni kamikaze, dei lanciarazzi e degli elicotteri d’attacco russi. Avanzare a piedi ha però tanti inconvenienti: significa rallentare e il tempo non gioca a favore di Kiev. Si fanno metri più che chilometri, anche se la prima guerra mondiale insegna che, nella primavera del 1918, gli assaltatori tedeschi ruppero le linee francesi, penetrandovi per 15 chilometri in un solo giorno. Perché gli ucraini non ci stanno ancora riuscendo? Per tanti motivi: hanno perso in questi due anni i sottufficiali e i quadri più esperti, che dettano gli ordini alle truppe, variandoli rapidamente a seconda dell’andamento delle battaglie. Non hanno esperienza di offensive meccanizzate su vasta scala, uniche capaci di rotture decisive: mentre scriviamo, i Leopard 2 e i Bradley occidentali sono impiegati massicciamente solo nell’area di Rabotino, presso Zaporizhzhia, dove affrontano per la prima volta i T-14 russi, carri russi di nuova generazione. La sfida è ardua. I corsi sui tank tedeschi, dispensati agli ucraini, sono stati precipitosi. Ne sono venuti fuori equipaggi in parte inesperti, poco amalgamati, proiettati in fretta e furia su mezzi antitetici ai modelli sovietici che usano da sempre. Latitando la manovra interarma, si è stati costretti a usurare le forze, con un grave impatto sugli uomini e sui mezzi. Stanno emergendo difficoltà. Forse gli ucraini non erano affatto pronti all’azione e sono stati costretti ad affrettare i tempi per sbattere in faccia agli occidentali risultati immediati, confortando gli alleati della fondatezza e del buon impiego dei loro aiuti.
Come i russi, gli ucraini pagano duramente le battaglie trascorse, debilitanti per gli organici. Pare tuttavia che i primi prevalgano ancora per volume di fuoco disponibile, doppio per gli analisti ottimisti, quadruplo per i pessimisti. Kiev riesce ovviamente a compensare con la precisione dei cannoni. Lo si vede in Crimea da qualche giorno a questa parte. Ma la tempesta è ancora rudimentale, compromessa in parte dalle contromisure nemiche in fatto di guerra elettronica e difesa aerea. Non riesce ad essere valorizzata dalle truppe. Manca inoltre di sistematicità per far implodere il cervello che regola le armate nemiche, dai centri di comando alla logistica, dai vettori ai cannoni. Kiev non ha dalla sua nemmeno la storia militare. Quando gli alleati sfondarono ad Avranches, dopo lo sbarco in Normandia e due mesi di sangue, lo dovettero ai bombardamenti tremendi che sferrarono sulle linee tedesche: il colonnello francese Michel Goya sostiene che gli anglo-americani esplosero sui nazisti l’equivalente di una bomba nucleare tattica prima di riuscire a rompere il fronte. Sono detonazioni inarrivabili per gli ucraini. Agli ultimi, fanno difetto le munizioni: i proiettili standard dei cannoni occidentali sono quasi finiti. Lo si desume dall’ultimo pacchetto di aiuti statunitensi, confezionato avant’ieri. Per la prima volta da oltre un anno non vi sono incluse forniture di pezzi da 155 mm. Ecco perché gli americani, dopo aver raschiato il fondo del barile, hanno deciso di optare per le orribili bombe a grappolo, ormai in uso nella controffensiva, ma forse sufficienti solo per il 2024. La controffensiva è spuntata. Mancano i jet a copertura dei fanti. Mikailo Podolyak ne ha chiesti almeno 80, insieme ad altri 300 tank, ma John Kirby ha promesso gli F-16 per fine 2023. Come se non bastasse, i cannoni d’artiglieria ucraini non sparano più di 2-3mila colpi al giorno. Non fanno abbastanza male, nonostante le rimostranze del generale russo Popov, che ha pagato con il licenziamento il suo parlare franco. La guerra sembra impantanata.
Anche la pressione russa nel nord-est del Donbass non è organica. Più che un abbozzo di contro-controffensiva pare un diversivo, un modo per distogliere gli ucraini da Zaporizhzhia e Bakhmut, dove l’Armata rossa rischia grosso. Il comandante delle forze terrestri ucraine, generale Syrskyi, ha detto avant’ieri che la seconda città è ormai circondata. Il successo dipenderà dalle forze ancora disponibili per sfondare, ma il settore è vantaggioso: ci sono pochi sbarramenti tattici e molte possibilità di avanzata. Quante riserve potrà impiegarvi Kiev? Lo capiremo solo nel tempo. Chi vincerà alla fine dei giochi? Forse colui il quale avrà uomini più abili (e copiosi) da spendere e informazioni migliori sugli obiettivi nemici. Il vantaggio ucraino si è piano piano assottigliato in entrambi i settori. I russi hanno colmato il divario numerico nei soldati e nell’intelligence. E sfornano droni a iosa. È ora che i due nemici facciano un bagno di realismo, riconoscendo che il negoziato è l’unica via d’uscita dall’impasse di una guerra senza sbocchi militari.
La fanteria
Fanti, fanti e ancora fanti. Gli ucraini sono dovuti ricorrere ad un impiego quasi esclusivo delle fanterie per districarsi fra i campi minati e le maglie difensive russe. Avanzare a piedi significa rallentare. La Prima Guerra mondiale insegna tuttavia che gli assaltatori tedeschi, sfondando le linee francesi nella primavera del 1918, fecero un balzo di 15 chilometri in un solo giorno
L’artiglieria
L’artiglieria sarà decisiva per il futuro della guerra. Gli ucraini compensano l’inferiorità nel rapporto di fuoco con la precisione dei cannoni occidentali. Ma hanno poche munizioni: i proiettili da 155 mm, il calibro più in voga negli obici Nato, sono finiti. Anche i russi hanno ridotto il volume di fuoco, ma conserverebbero ancora un vantaggio di 4 a 1
Le bombe a grappolo
Siccome gli americani hanno esaurito le munizioni per Kiev, hanno ripiegato su armi immorali: le famigerate bombe a grappolo, già in uso nella controffensiva. La Casa Bianca, pronta a ribadire che siamo di fronte a una soluzione temporanea, in attesa che decolli la produzione di munizioni da 155 mm. Di cui vedremo gli effetti solo verso la fine del 2024