sabato 26 novembre 2022
Nei giorni in cui il Paese ricorda il massacro per fame dell'Holodomor, milioni sono ancora senza luce né gas: ci vorranno settimane prima che la rete elettrica torni operativa
Russi contro russi: battaglia a Kherson. Nemici di Putin a fianco degli ucraini
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«Per la Russia! Per la Libertà!», urlano quando la minicamera del drone inquadra l’esatto momento in cui il quadricottero sgancia la granata. Quelli di sotto moriranno tutti. Al comando ucraino esultano: “Spasiba bolsoj!”. “Grazie mille”, dicono in russo per ringraziare l’ennesimo centro della “Legione Libertà”, il battaglione di dissidenti e soldati moscoviti passati dalla parte di Kiev.

Era diretto ai “traditori” il messaggio di morte del Wagner Group, la compagnia di mercenari al soldo di Putin. Le immagini di Evgeny Nuzhin, il loro uomo accusato di essersi venduto all’Ucraina ed eliminato con un colpo di mazza da cantiere, non sorprendono quei membri della legione che il mestiere delle armi lo hanno appreso dagli istruttori russi.

Sono giorni di commozione e rabbia in Ucraina. Kiev ha accusato il Cremlino di usare le stesse «tattiche genocide» adoperate negli anni '30 da Stalin. Dal quarto venerdì di ogni novembre nel Paese si piangono i 4 milioni di morti del terribile "Holodomor", lo sterminio per fame.

Oggi milioni di persone sono completamente al buio e al freddo e nonostante la rete elettrica stia riprendendo a funzionare, ci vorranno settimane prima di fare arrivare in tutto il Paese, anche solo per qualche ora al giorno, elettricità e gas da riscaldamento. Nel 90esimo anniversario del massacro senza armi, centinaia di persone vengono evacuate da villaggi, case e ospedali, specialmente nella regione di Kherson, bersagliata dall’artiglieria russa che ieri ha concentrato il tiro su Ochakiv, la cittadina da cui salpano gli incursori diretti nella penisola di Kinburn.

Poco lontano, la “Legion of Freedom” è un fantasma che appare e svanisce. Guardati a vista dall’intelligence ucraina, non si sa mai che qualcuno faccia il doppio gioco, dalle seconde linee spesso si inoltrano in campo aperto, per regolare vecchi conti e rimandare indietro i compagni di un tempo. Non è solo un raggruppamento militare, ma il progetto di un “Movimento popolare” con una presenza politica clandestina in Russia. La sua “Combat wing” è l’ala combattente composta da dissidenti russi, bielorussi e anche soldati di Mosca catturati da Kiev e tornati liberi per venire immessi nella legione. Inutile domandare se per tutti sia stata una scelta libera o di convenienza. «Anche da voi c’erano soldati tedeschi che sono diventati partigiani con gli italiani - risponde il nostro contatto nella Legione - e hanno combattuto per la vostra e la loro libertà. Noi sappiamo che Mosca ha occhi ovunque e questi combattenti rischiano, perché hanno le loro famiglie in Russia».

Per essere raggiunti usano canali pubblici, ma poi si passa alle comunicazioni criptate. Il numero di persone «della nostra “Combat Wing” è notevolmente aumentato», premettono. Fonti militari parlano di oltre un migliaio di uomini, dislocati in Donbass e qui nel Sud. Si ritrovano in luoghi poco in vista. Spesso usano mezzi camuffati, come vecchi camioncini telonati trasformati in “tecnica”, un veicolo militare improvvisato che nasconde una pesante mitragliatrice. Nell’ultima settimana sono stati avvistati anche lanciarazzi inglesi dentro a furgoni commerciali. Basta aprire il portellone e parte una raffica di tre piccoli missili. Poi fuggono via.

Non gli piace essere definiti “Legione antirussa”. «Noi lottiamo contro la mafia di Putin, non contro il nostro Paese», precisano. Il covo della “Legione Libertà” è un posto anonimo. Rivelare dove si trova non è una buona idea. Probabilmente cambiano spesso sede. C’è una piccola aula per il primo apprendimento. Su una parete sono ben disposti un lanciatore Javelin americano, di quelli a spalla con cui vengono sventrati i carri armati russi, alcuni mitra leggeri, differenti dagli onnipresenti kalashnikov, e diversi droni. Alcuni velivoli radiocomandati sono dei quadricotteri, più lenti ma stabili e adatti a riprese dall’alto: dotati di una mano meccanica, possono trasportare bombe di diversi chili e farle precipitare al suolo. I minijet, appena più grandi di aerei giocattolo, servono invece a sorvolare rapidamente le zone di combattimento e duellare con i droni russi, fino a scontrarsi precipitando entrambi.

«Sempre più nostri concittadini muoiono come "carne da macello". Centinaia ogni giorno - ripete il loro portavoce -. Facciamo appello a tutti i russi che stanno per essere mandati al massacro: il Cremlino sta mentendo, non siete difensori, ma invasori. Il regime ti getterà al fronte "nudo", senza protezione, e morirai». I filmati che sfuggono al controllo di Mosca confermano quanto male equipaggiati siano i soldati giunti nelle ultime settimane. Bastimenti di fanteria da sacrificare per stancare gli ucraini e intanto riposizionare i battaglioni meglio equipaggiati. Chi si rifiuta di firmare la partenza come “volontario” della “operazione speciale”, viene condotto agli arresti. Un uomo di mezza età prelevato da una fabbrica nella Russia Orientale e portato in caserma per addestrarsi, domanda che genere di kit di pronto soccorso sarà loro fornito: “Fatevi prestare dalle vostre mogli degli assorbenti. Con quelli potrete tamponare le ferite”, gli risponde l’ufficiale mentre un coscritto di nascosto riprende la scena.

Della Legione fanno parte anche dissidenti bielorussi. Per loro Putin e Lukashenko sono la stessa cosa. «E in questa guerra - osserva un ragazzo fuggito prima dalla Bielorussia alla Lituania e poi entrato a Kiev via Polonia - si è capito che il destino dei due dittatori non è separato». Il centro studi americano “Robert Lansing Institute”, citando fonti dei vertici militari russi, ieri ha sostenuto che Putin avrebbe dato ordine ai suoi servizi segreti di progettare un attentato contro il presidente bielorusso. Le ipotesi sarebbero due: un falso agguato, con l'obiettivo di spaventare il despota di Minsk e costringerlo non solo a fornire le basi ai russi, come avvenuto fino ad ora, ma a entrare in guerra a fianco di Mosca; oppure la sua effettiva eliminazione.

In quest'ultimo caso, dopo aver dato la colpa a una cospirazione di Usa, Ucraina e Polonia, il Cremlino potrebbe installare un leader fantoccio e avviare l’annessione della Bielorussia nella Federazione Russa, aumentando la pressione territoriale di Mosca. Minsk, infatti, confina non solo con Polonia, Ucraina e la stessa Russia, ma anche con Lettonia e Lituania, che con l’Estonia sono le uniche repubbliche ex sovietiche entrate nella Nato. «Per questo - commentano dalla Legione - noi combattiamo: per la Russia e per la libertà».

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