lunedì 14 dicembre 2020
Il relatore speciale dell'Onu De Schutter: «L'eredità della pandemia saranno 200 milioni di poveri estremi in più»
Il relatore speciale Onu, Olivier De Schutter

Il relatore speciale Onu, Olivier De Schutter - Onu

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«Prima della pandemia, nel mondo, c’erano 730 milioni di donne e uomini in povertà estrema. Nel 2021, si rischia di arrivare a 900 milioni. Un balzo indietro enorme». Olivier De Schutter è abituato ai numeri. Economista nelle prestigiose università UCLouvain e SciencesPo, l’attuale relatore speciale delle Nazioni Unite su povertà estrema e diritti umani è, però, convinto che dietro le cifre si nascondano scelte politiche ben precise.
«Lo sforzo per combattere l’indigenza è del tutto sostenibile. Si tratta di volerlo», sottolinea. Per questa ragione, De Schutter è impegnato da settimane in una missione presso le istituzioni europee per valutare le misure da queste adottate contro la miseria che il Covid sta acuendo. Dentro e fuori il Continente. Un fatto, però, tutt’altro che inevitabile. «Con l’Organizzazione internazionale del lavoro e il governo francese proponiamo un nuovo meccanismo per contrastarlo: il Fondo globale per la protezione sociale».
Professor De Schutter, partiamo dallo scenario generale. Dobbiamo prepararci a fare i conti con un mondo più povero a causa del Covid?
La crisi sanitaria farà calare il Pil globale di almeno il 5 per cento. In termini numerici, la recessione sarà maggiore in Europa e negli Usa. Saranno le regioni in via di sviluppo, soprattutto l’Africa e il Sud-Est asiatico, a pagare il costo più salato. Queste hanno visto crollare, nello stesso tempo, le entrate delle importazioni su cui si basano le loro economie, dopo la caduta dei prezzi delle materie prime, il valore delle monete e gli investimenti stranieri, dimezzati rispetto al 2019. La quota di lavoratori in nero, senza alcuna protezione sociale, inoltre, nel Sud del mondo è altissimo. Le persone in povertà estrema saranno, dunque, tra 150 e 200 milioni in più entro il prossimo anno.
Eppure l’Africa è stata tra le regioni meno colpite dalla pandemia...
Già, è il cosiddetto “paradosso africano”. Il Continente ha avuto meno contagi e decessi del previsto, probabilmente a causa della giovane età della popolazione, delle restrizioni tempestive e dell’esperienza maturata con ebola. Eppure subirà l’impatto sociale più drammatico. I Paesi africani hanno scarso accesso al credito nei mercati finanziari per compensare le perdite e ampliare la protezione sociale delle categorie più fragili. Prevediamo almeno altri 25 milioni di persone in povertà estrema.
Come il Fondo globale di cui parlava può controbilanciare l’effetto-Covid?
Non si tratta di un contributo straordinario per rispondere all’emergenza. È uno strumento permanente per incoraggiare i Paesi a investire nella protezione sociale dei cittadini, affinché tutti abbiamo un minimo garantito per far fronte a maternità, vecchiaia, disoccupazione, malattia. Le nazioni a basso reddito, senza mezzi per provvedere, sarebbero aiutate dal Fondo. Con uno sforzo sostenibile: 78 miliardi di dollari l’anno, metà di quanto l’Ocse ha destinato nel 2019 agli aiuti allo sviluppo: meno lo 0,15% del Pil dei Paesi ricchi.
Perché questi ultimi dovrebbero volersi far carico dei poveri del Sud del mondo?
Perché è nel loro interesse. Viviamo in un mondo interconnesso. Più povertà nel Sud del pianeta significa più conflitti, più radicalismo, più migrazioni. Ho molta fiducia in un G20 a presidenza italiana per farlo capire agli altri “Grandi”.
Che ruolo può avere l’Ue nel contrasto alla povertà post-Covid, anche all’interno dei propri confini?
Già prima un europeo su 5 era a rischio esclusione sociale. La pandemia ha provocato un incremento generalizzato della disoccupazione. In alcuni Paesi, inoltre, i beneficiari di sussidi sono cresciuti del 10 per cento. E il peggio deve ancora venire: quando, l’anno prossimo, i governi ridurranno gli aiuti pubblici, molte aziende chiuderanno. Nell’ambito della mia missione, sto esaminando come gli oltre mille miliardi del bilancio 2021-2017 e i 750 miliardi del Recovery Fund potrebbero essere impiegati per ridurre diseguaglianza e povertà. È un’opportunità unica per l’Europa di reinventare se stessa, mettendo la giustizia al centro della propria ragion d’essere. Spero non la sprechi.
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