sabato 12 marzo 2022
Facebook autorizza la pubblicazione di affermazioni di natura violenta nei confronti dei soldati russi. La risposta di Mosca: «È un’organizzazione estremista»
Meta sdogana il tiro al nemico. I social abbattono il tabù della neutralità

Reuters

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Non è la prima volta che i social vengono usati in tempo di guerra. Ma è sicuramente la prima volta che il loro ruolo è diventato così importante, così politico e perfino strategico a livello globale. Non solo per il continuo racconto che ospitano in tempo reale dalle zone di guerra, fatto di video, immagini, suoni e parole dei protagonisti. E nemmeno per le tante fake news, la disinformazione e la propaganda che li hanno trasformati in armi di manipolazione. Queste cose, per esempio, le abbiamo già viste per il conflitto in Siria. Eppure i social americani non si erano mai così sfacciatamente schierati in prima linea.

Da (finti) attori neutrali di ciò che accadeva nel mondo, si sono trasformati in corazzate con una linea precisa. Prima si sono schierati contro Putin, silenziando i canali social dei media russi, poi Meta, la società che detiene Facebook e Instagram, ha fatto di più. Ha deciso che consentirà sui suoi social la pubblicazione di contenuti e affermazioni di natura violenta nei confronti dei soldati russi e del loro presidente. Il provvedimento riguarda gli utenti di Ucraina, Armenia, Azerbaigian, Estonia, Georgia, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania, Russia, Slovacchia e Ungheria. Così è caduta la maschera. I social, questi social che per anni ci hanno raccontato di avere delle regole di comunità che non andavano infrante se non si voleva essere sospesi, cancellati o bannati a vita, ora hanno riscritto una parte delle loro linee guida con frasi del tipo: si può augurare la morte a un soldato russo ma non se è stato catturato. Fine dell’ipocrisia.

Anche i social oggi sono armi. Sono strumenti per compattare la resistenza e provare ad abbattere i nemici. E per farlo tutto è lecito. «Quello che Meta sta facendo è chiamato “incitamento all’odio razziale”, che nella legislazione russa si qualifica come estremismo», ha detto il vicecapo del comitato russo sulle tecnologie e le comunicazioni, Anton Gorelkin. Per la Russia, Meta (cioè Facebook, Instagram, WhatsApp e Messenger) è un’organizzazione estremista. Così almeno riferisce l’agenzia di stato Tass, citando un comunicato della procura di Mosca. Sappiamo bene che nessun social può essere perfettamente neutrale in questo conflitto. Persino Tik-Tok, che è sempre stato il social per antonomasia del divertimento, dello svago e della leggerezza in questi giorni ha ospitato filmati, testimonianze, gesti di solidarietà e addirittura finte raccolte benefiche dall’Ucraina.

Ci sono su Instagram profili, gestiti da ucraini, che fino al giorno prima raccontavano le avventure di un gatto e che ora ospitano immagini di bombardamenti. Il bisogno di raccontare, di dare una visibilità e una voce a questa guerra anche sui social ha stravolto qualunque narrazione. Persino occuparsi di altro che non sia la guerra sembra fuori posto. Sembra poco rispettoso. Eppure, fino ad oggi, nessuno aveva pensato di dare ufficialmente il via libera al tiro al nemico. Senza freni e senza regole.

Con in più la clausola pilatesca per cui agli utenti dei Paesi occidentali più lontani dall’area del conflitto, viene chiesto di restare 'civili' ed 'educati', mentre a quelli dei Paesi più vicini o addirittura coinvolti come Ucraina e Russia tutto sarà permesso. Persino gioire per la morte di un nemico. Forse in questo modo Meta spera, dopo anni di dure critiche, di trovare nuovi alleati nel mondo politico americano. O forse questa è solo una cinica mossa di marketing. In ogni caso assomiglia molto ad una sconfitta.

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