sabato 25 gennaio 2025
Karina Ariev, Daniella Gilboa, Naama Levy e Liri Albag sono in Israele. L'abbraccio con i genitori. Hamas: "Arbel Yehud è viva e sarà liberata sabato". Liberati 200 prigionieri palestinesi
Le 4 soldate israeliane sono state fatte salire su un palco davanti alla folla prima d'essere portate via da Gaza

Le 4 soldate israeliane sono state fatte salire su un palco davanti alla folla prima d'essere portate via da Gaza - Ansa

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Lo spettacolo della liberazione va in scena con la regia di Hamas. Stavolta su un vero palcoscenico, tra le macerie di Gaza. Daniela, Liri, Naama e Karina, sono il trofeo che i miliziani espongono al mondo. Sorridono le ragazze, dopo quasi 500 gironi in cattività. Applaude la folla di miliziani i quali anche al secondo turno di consegne sfidano chi assicurava che erano stati decimati. Una festa doppia per i gruppi palestinesi, che a Ramallah hanno accolto 130 detenuti: 121 ergastolani rimessi in libertà mentre altri 70, i più pericolosi, sono stati trasferiti in Egitto e da lì verranno esiliati non solo al Cairo, ma anche in Algeria, in Turchia e in alcune destinazioni del Golfo. «Bentornate a casa - ha esclamato il premier israeliano Benyamin Netanyahu rivolgendosi alle quattro soldate –. Insieme a tutto il popolo di Israele, mia moglie ed io vi abbracciamo con tutto il cuore». Il 7 ottobre 2023 erano di guardia sulle torrette che sorvegliano il muro di Gaza. L’orda di miliziani ha travolto anche loro, trascinate nella Striscia e lì nascoste. Catturate, ma non sorprese. Appartengono al gruppo di donne in divisa che da settimane, inascoltate, segnalavano strani movimenti sotto alla barriera di cemento armato sul lato palestinese.

Il momento della liberazione delle 4 soldatesse

Il momento della liberazione delle 4 soldatesse - REUTERS

I portavoce del governo israeliano, alla vista delle giovani sorridenti che prima di salire a bordo del convoglio della Croce Rossa hanno salutato la folla di palestinesi, si sono affrettati ad avvertire che in passato altri ostaggi erano stati rilasciati sotto l’effetto di farmaci. Le soldate, dunque, potevano non essere state lucide. Circostanza parzialmente smentita da fonti internazionali a Gaza che hanno avuto accesso alle giovani. «Sembrava che avessero vinto tutti», commentano. I civili che da una settimana grazie alla tregua non sono più sotto il fuoco, i miliziani che hanno ottenuto il rilascio di centinaia di palestinesi, le soldate, sopravvissute al peggio. Ora dovranno affrontare un lungo tempo di recupero fisico e psicologico.
Un paio d’ore più a Nord, in una Ramallah ancora incredula alla notizia del rilascio dei detenuti durante le ore del giorno, d’improvviso, il centro per gli atleti paralimpici si anima. Le “sentinelle” palestinesi che sorvegliano a distanza di sicurezza la prigione israeliana di Ofer, posta su uno degli accessi in Cisgiordania, vedono una colonna di mezzi militari avvicinarsi all’uscita del campo di detenzione. Fuori un paio di autobus bianchi caricano un gruppo di uomini disposti in fila indiana e con la tuta grigia. È il segnale. Scoppia la festa, ma stavolta l’Autorità nazionale palestinese (Anp) ha controllato con ogni mezzo i preparativi. Nessuna bandiera di Hamas né di Hezbollah deve essere sventolata. E, a differenza della scorsa domenica, gli unici simboli esposti sono quelli delle fazioni più vicine all’Anp. Comprese le Brigate dei martiri al-Aqsa, un tempo braccio armato di Fatah, il partito del presidente Abu Mazen. «Allah Akbar», si sgola la folla. «Dio è grande», non più i «grazie Hamas» di una settimana fa. Anche se questo è quello che pensano in molti.

L'attesa in Israele

L'attesa in Israele - ANSA

«Quando abbiamo saputo del 7 ottobre – racconta uno degli ergastolani appena scarcerati – abbiamo sperato che potessero scambiarci». Tutti anche qui hanno negli occhi la scenografia di Gaza. «Hanno umiliato Israele», gioisce Yasser, 15 anni e una gran voglia di emulare «gli eroi della resistenza». Fuochi d’artificio e canti. La folla incurante del freddo assedia gli autobus che avrebbero dovuto condurli nel centro sportivo paralimpico di Ramallah. Agli autisti non resta che spalancare le portiere e in migliaia afferrano i sopravvissuti alla detenzione caricandoli in spalla e trascinandoli in processione nell’euforia generale. Piangono, gridano, una donna, vestita di nero, circondata da un nugolo di figli in abiti poverissimi e ciabatte di plastica, trattiene la disperazione quando vede come è ridotto il padre di quei tre ragazzini. «Non è lui, non può essere», bisbiglia singhiozzando per non spaventare i bambini. Arrivano tre amici le spalancano la strada, fino all’abbraccio che per un momento lascia ammutolita la folla. Mohammed era in galera da una decina d’anni. Aveva attaccato dei soldati israeliani, «ma nessuno è morto», assicurano i parenti. Il saldo della giornata è in due assenze e una minaccia. Zakaria Zubeidi meglio noto come il “comandante Zakaria” di Jenin non è stato rilasciato. Se ne riparlerà. E Hamas non ha consegnato la tedesco-israeliana Arbel Yehud, che forse verrà liberata prima della prossima tornata di scambi.
Su una cosa i media israeliani e quelli palestinesi sembrano concordare. I servizi segreti americani hanno messo in circolo una informazione: dal 7 ottobre 2023 Hamas ha arruolato tra i 10 e i 15mila nuovi combattenti. I vertici dell’esercito israeliano nei giorni scorsi hanno dichiarato di avere eliminato «20 mila terroristi». La massiccia presenza combattenti di Hamas durante la consegna delle soldate sembra confermare le stime secondo cui l’organizzazione, pur decimata nei quadri direttivi, dopo più di 470 giorni di guerra e decine di migliaia di civili uccisi, non è stata schiacciata.

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