lunedì 20 gennaio 2025
L'avvio della nuova presidenza è segnato dalle grandi attese legate alla possibile riscrittura dell'ordine mondiale, dopo i proclami di Trump (e i segnali arrivati dal resto del pianeta)
Prime proteste anti-Trump negli Usa

Prime proteste anti-Trump negli Usa - Ansa

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Qualcuno le ha già ironicamente paragonate alle leggendarie fatiche di Ercole. Al di là dei proclami, delle rodomontate pre-elettorali, dei fuochi d’artificio che sprigionano quotidianamente dalla bocca loquace di Elon Musk, l’agenda internazionale di Donald Trump si prospetta come un catalogo di faticosa messa a punto di quel Nuovo ordine mondiale che le tre storiche superpotenze – Russia, Cina e America – si disputano nel mondo; con il concorso del sempre più affollato club dei Brics, l’originario quintetto di nazioni (un tempo si sarebbe detto non allineate) che oggi fanno concorrenza all’egemonia americana.
Vere e proprie fatiche di Ercole, per Donald Trump, a dispetto dei cento executive orders che si appresta a promulgare domani, una volta rimesso piede nello Studio Ovale. Cominciamo dai Brics, ovvero Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica, che dal primo gennaio accolgono i nuovi arrivati, Etiopia, Emirati Arabi Uniti, Iran, Egitto, Arabia Saudita e dell’Indonesia. In tutto, il 42% della popolazione mondiale, il 35,6% del Pil globale e il 60% della produzione di idrocarburi. E alle porte di questo club – che non nasconde l’ambizione di disegnare a ottant’anni di distanza una nuova Yalta e una nuova Bretton Wood – già premono altre importanti realtà economiche come la Turchia, la Malesia, l’Azerbaigian, la Thailandia, l’Algeria, il Kazakistan. Un risiko geopolitico che nessuna superpotenza da sola può davvero controllare, neppure la Great America vagheggiata da Trump.
Attorno a questo nuovo mondo fuoriuscito dall’ombrello americano per rivendicare la propria fetta di potere e di ricchezza si muoveranno The Donald e la sua corte di oligarchi, da Jeff Bezos a Peter Thiel a Elon Musk fino al tardivo e assai poco onorevole Mark Zuckerberg, frettolosamente convertiti al Maga ma in realtà – da bravi nababbi monopolisti – semplicemente al profitto.
La Cina sarà il cimento principale di Trump. La Cina e i dazi, la Cina e il soft power di Pechino, la Cina che insieme al Giappone ha in mano il debito pubblico statunitense, che accerchia Taiwan con manovre aeronavali sempre più strette e minacciose, la Cina che esplora il lato nascosto della Luna, che fa compulsivo land grabbing fra Africa e Sudamerica tesaurizzando lotti immensi di terre rare, che agguanta porti, fondachi e spianate in tutto il mondo dove riporre i milioni di container con cui crea il proprio surplus e la propria crescita. La Cina e la Russia. Non solo per la solida alleanza strategica sugli idrocarburi che consente a Mosca di non piegare le ginocchia di fronte alle sempre meno efficaci misure occidentali, ma soprattutto per quella nuova autostrada artica, il Passaggio a nord-ovest che collega gli oceani Atlantico e Pacifico che con lo scioglimento dei ghiacci dovuto ai cambiamenti climatici fa balenare a Mosca e Pechino la possibilità di una corsia marittima permanente, che dimezzerebbe i tempi di navigazione tra Europa e Asia. Non a caso Trump vagheggia la conquista della Groenlandia e l’incorporazione del Canada come cinquantunesimo Stato dell’Unione: la grande sfida economica e militare si svolgerà prossimamente fra i ghiacci della Novaja Zemlja, in quella rotta che dallo Stretto di Bering si spinge fino al Mare del Nord. Una partita grandiosa, anzi, una fatica d’Ercole. Come quella che impone a Trump di conservare la neutrale amicizia di India e Brasile all’interno dei Brics per con veder soffocata sul nascere l’egemonia del dollaro. Non bastasse, Trump ha annunciato l’intenzione di ritirare gli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, segnando un ritorno a politiche isolazioniste e protezionistiche.
Per queste ragioni Trump ha fretta di pace. In Medio Oriente, per resuscitare gli appetitosi Accordi di Abramo fra il mondo arabo e Israele, e in Ucraina perché la guerra di invasione russa finalmente si concluda. Perché le fatiche di Ercole chiamano il tycoon di Mar-a-Lago molto più lontano. In quei vasti oceani dove tutto si giocherà nelle partite future.

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