giovedì 5 marzo 2020
Ha ignorato i primi Stati in gara puntando 700 milioni di dollari sugli spot Tv, senza però sfondare. Le magre figure nei dibattiti e il ritiro degli altri moderati a favore di Biden lo hanno fiaccato
L'ex sindaco di New York Michael Bloomberg

L'ex sindaco di New York Michael Bloomberg - Reuters

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Forse allora è vero che non si può comprare la Casa Bianca. O almeno non sempre. Michael Bloomberg, tra gli uomini più ricchi d’America, lo ha imparato a sue spese. Per settimane gli avversari in corsa per la nomination democratica, Bernie Sanders in testa, lo hanno tempestato di accuse: i 500 milioni di dollari della sua fortuna personale spesi in spot tv (oltre al resto) erano un oltraggio alla politica, o meglio un tentativo di arrivare alla presidenza tramite il denaro, «comprando le nostre elezioni». Non succederà, non questa volta almeno. Perché l’ex sindaco di New York, dopo la batosta nel "Super martedì", ha tirato le somme e ha già deciso di ritirarsi. «Il grande sconfitto di questa notte, finora, è Mini Mike Bloomberg», «700 milioni di dollari gettati al vento e non ha ottenuto altro che il soprannome Mini Mike e la totale distruzione della sua reputazione. Ottimo lavoro Mike!».

Corrosivo, al solito, il tweet di Donald Trump coglie però nel segno. Il magnate dei media che ha provato la carta a sorpresa nel Super martedì delle primarie democratiche è rimasto al palo. Nel suo quartier generale, per l’occasione un grande albergo di West Palm Beach, in Florida, a due passi da casa Trump, l’aria di sconforto era evidente a mano a mano che arrivavano i dati dei vari Stati, dati che mostravano come il miliardario, al debutto sulle schede, non sfondava da nessuna parte. Forse non poteva immaginare l’exploit di Biden, arrivato grazie all’appoggio dei neri negli stati del sud e agli endorsement dei moderati Pete Buttigieg ed Amy Klobuchar. Così per il magnate dei media è una magra consolazione la vittoria nelle Samoa Americane.

Bloomberg, lontano dalle proposte «socialiste» di Sanders, aveva provato a presentarsi come esponente in grado di attrarre l’elettorato democratico moderato, un fronte che però si è compattato dietro la candidatura dell’ex vicepresidente di Barack Obama, che ora ha ottenuto l’endorsement dello stesso Bloomberg. Non hanno giovato al miliardario nemmeno le due magre prestazioni durante i recenti dibattiti televisivi in cui era finito nel mirino di tutti gli altri candidati, «coalizzati» contro la temibile quantità di denaro messa in campo da Bloomberg in campagna elettorale. Warren aveva ricordato i molti accordi tra Bloomberg e le sue dipendenti offese e poi compensate in cambio del silenzio, altri avevano criticato la politica dello «stop and frisk» adottata dalla polizia quando era sindaco di New York, prassi che consisteva nel fermare e perquisire senza motivo neri e ispanici.

Il miliardario aveva provato a ribaltare le tradizionali strategie delle primarie, ignorando i primi Stati al voto e puntando su spot Tv e comitati negli Stati del Super Tuesday. Una strategia rivelatasi però azzardata e nei fatti perdente. La Virginia e l’Arkansas, gli Stati su cui più aveva scommesso, gli hanno girato le spalle per premiare Joe Biden, così come il Tennessee, dove aveva fatto più comizi di tutti, battuto anche lì dall’ex vicepresidente che in Tennessee non aveva nemmeno messo piede. Valutata la catastrofe, Bloomberg ha preferito gettare la spugna. All’annuncio della sua candidatura, aveva detto che avrebbe comunque sostenuto anche economicamente il vincitore delle primarie, con l’obiettivo di battere Trump. Considerate le frecciate che non gli ha risparmiato il capo della Casa Bianca, c’è da scommettere che Bloomberg non avrà problemi a mantenere quell’impegno fino alle presidenziali di novembre.

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