mercoledì 7 gennaio 2015
​Il presidente egiziano: il mondo musulmano non può più essere percepito come fonte di «pericolo, morte e distruzione».
La scossa di al-Azhar Riccardo Redaelli
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Non solo uomo d’armi o statista. Abdel Fattah al-Sisi, presidente della Repubblica araba d’Egitto dall’8 giugno 2014, rilancia, facendosi promotore di una rivoluzione religiosa. Il mondo musulmano non può più essere percepito come «fonte di ansia, pericolo, morte e distruzione» per il resto dell’umanità. E le guide religiose dell’islam devono «uscire da loro stesse» e favorire una «Rivoluzione religiosa» per sradicare il fanatismo e rimpiazzarlo con una «visione più illuminata del mondo ». Se non lo faranno, si assumeranno «davanti a Dio» la responsabilità per aver portato la comunità islamica su cammini di rovina.  Con queste parole, pronunciate con durezza nel suo intervento di inizio anno di fronte alle massime cariche della moschea universitaria di al-Azhar – punto di riferimento dell’islam sunnita mondiale – riunite insieme ai dirigenti del ministero per gli Affari religiosi e- giziano, al-Sisi si è assunto responsabilità politico-etiche come mai nessun altro leader arabo-musulmano contemporaneo. Come riportato dall’agenzia Fides, il presidente ha preso di mira il «pensiero erroneo», da lui contrapposto all’autentico islam, fatto di un coacervo di idee e testi che «noi abbiamo sacralizzato nel corso degli ultimi anni» e che conduce l’intera comunità islamica «a inimicarsi il mondo intero». A giudizio di al-Sisi, i processi innescati dalla perversione islamista vanno bloccati: «È mai possibile – ha detto il leader politico arabo – che un miliardo e 600 milioni di persone possano mai pensare di riuscire a vivere solo se eliminano il resto dei 7 miliardi di abitanti del mondo? No, è impossibile!».  Il discorso di al-Sisi ha avuto toni di ammonizione per le guide religiose del mondo islamico: «Quello che io sto dicendo», ha aggiunto, «non potete percepirlo se rimanete intrappolati dentro questa mentalità. Dovete uscire da voi stessi e osservare questo modo di pensare dal di fuori, per sradicarlo e rimpiazzarlo con una visione più illuminata del mondo». Il «mondo intero», ha scandito il leader politico arabo rivolgendosi a mufti e sheikh sunniti di primissimo piano, «sta aspettando la vostra prossima mossa, poiché l’umma islamica viene lacerata, viene distrutta e va perduta, per opera delle nostre stesse mani». L’intervento nasconde in sé diversi piani di lettura: in primis, quello interno, segnato dalla repressione delle forze di sicurezza egiziane nei confronti dell’islam politico. Dalla destituzione del presidente islamista Mohammed Morsi (3 luglio 2013), dirigenti, affiliati e semplici sostenitori della Fratellanza musulmana sono vittime di una persecuzione senza precedenti nel Paese. Tradizionalmente, i vertici di al-Azhar sono avversi alla Confraternita: non così, invece, per studenti e corpo docente. L’anno accademico 2014-2015 è iniziato con ampio ritardo e sotto lo sguardo della polizia anti-sommossa. Il braccio di ferro Stato-Fratellanza, insomma, continua. Poi, il piano internazionale: la dirigenza dell’ateneo è nell’occhio del ciclone per aver condannato con ritardo il fenomeno dello Stato islamico in Iraq e Siria.  Negligenza o simpatia mascherata? In Egitto, Is ha stretto alleanza con i jihadisti Ansar beit el-Maqdis, di base nel Sinai. L’allarme è alto e l’argomento sentito dall’opinione pubblica. Nelle intenzioni di al-Sisi non c’è l’indebolimento dello sceicco al-Tayyeb, la guida di al-Azhar, e dell’istituzione stessa, anzi: secondo i media del Cairo, il presidente vorrebbe porre al centro della propria strategia anti-Is il rinomato ateneo per diffondere precetti religiosi più moderati e contrastare l’espansione dell’estremismo. Con il sostegno di una coalizione araba da lui guidata. Il progetto ha buone chances di riuscita: il rais gode del credito politico saudita. E soprattutto è un uomo notoriamente devoto: proprio per questo Morsi lo volle a guida delle Forze armate sotto la sua presidenza. Ancora oggi si mormora che al-Sisi sia stato, almeno in gioventù, affiliato alla Fratellanza. Poi, il ravvedimento. E ora l’appello ai musulmani di buona volontà.
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