sabato 16 settembre 2023
La scalatrice era in Europa quando esplosero le proteste anno fa. E non è più tornata a casa. Il Paese ribolle nell'anniversario della morte di Mahsa: fermato e rilasciato il padre della giovane
Nasim Eshqi è una delle pioniere del free climbing

Nasim Eshqi è una delle pioniere del free climbing - Zac Moss

COMMENTA E CONDIVIDI

La nuova fiammata di proteste è partita da Zahedan, in Sistan-Baluchistan, dove i cortei non si sono mai interrotti dalla morte, esattamente un anno fa, di Mahsa Amini, dopo l’arresto per utilizzo improprio del velo. E nuove dimostrazioni sono previste oggi in tutto il Paese. Ma il regime è determinato a evitarlo. Per questo Saqqez, la città curda di cui era originaria Mahsa, è stata militarizzata e il padre della ragazza, Amjad, secondo quanto denunciato da varie organizzazioni umanitarie, è stato arrestato all'alba mentre telecamere sono state piazzate sulla tomba della ragazza dove la famiglia avrebbe voluto organizzare una commemorazione. Verso mezzogiorno è stato però rilasciato dalle autorità. Questo non ha impedito, comunque, che nel Kurdistan in fermento, scioperi in vari settori. E la tensione è forte. Usa e Gran Bretagna hanno imposto nuove sanzioni e il presidente Joe Biden ha definito i giovani manifestanti iraniani come «fonte di ispirazione» per il mondo.



“La Rivoluzione ha già vinto e il regime lo sa. Perché vive nelle menti e nei cuori degli iraniani. Mentre gli ayatollah restano al potere solo grazie alle armi”. Nasim Eshqi ama volare alto. Con le parole e con il corpo. Del resto, il suo nome vuol dire “vento leggero”. Questa quarantenne dai lunghi capelli neri, rigorosamente in vista, è una scalatrice che ha aperto oltre cento strade ad alta quota nel mondo. Inclusa una in Italia, sulle Dolomiti del Brenta, al Tonale. Sport che non solo pratica ma di cui è anche allenatrice. “Il free-climbing è un’attività considerata maschile ovunque. Ancor più in Iran”. Nasim è, però, abituata a lottare per ciò che ama e quello in cui crede. La montagna, dunque. E la libertà delle iraniane. “Per questo ho deciso di restare in Europa. Ero impegnata in una scalata delle Alpi francesi quando sono esplose le proteste per la morte di Mahsa Animi. Immediatamente, il regime ha risposto con una sfilza di arresti. Se fossi rientrata, sarei finita in cella anche io”. La sua storia era diventata famosa nel 2020 grazie al documentario Climbing Iran dell’italiana Francesca Borghetti, in cui appare con i capelli al vento. Fino ad allora, però, con un po’ di discrezione, era riuscita ad andare avanti a Teheran. Ora, la sua notorietà, la rendeva un bersaglio fin troppo facile. “Sono più utile alla causa da libera”.
In che modo da qui contribuisce alla rivolta?
Raccontando la verità sul mio Paese. Smentendo, cioè, le bugie degli ayatollah. Il movimento che ha portato alla Rivoluzione del 1979 era plurale. La gran parte combatteva per la libertà non per la creazione di un regime islamista. Khomeini è riuscito a prendere il potere con la forza. Per oltre 40 anni, la gente ha subito per paura non per una reale adesione. Pian piano, l’esasperazione è cresciuta fino a diventare dirompente nelle generazioni più giovani, quelle con maggiore istruzione e conoscenza del mondo, grazie a Internet. Il fuoco era già acceso quando Mahsa Amini è stata arrestata per avere indossato male il velo. La sua morte è stata il vento che l’ha fatto divampare.

La scalatrice ha aperto oltre 100 nuove vie ad alta quota

La scalatrice ha aperto oltre 100 nuove vie ad alta quota - Moritz Iatzka


Come è riuscita a convincere la sua famiglia a lasciarla diventare un’alpinista?
Non arrendendomi di fronte ai no. Ho scoperto lo sport da bambina, durante un campo estivo organizzato dalla scuola. Ho convinto i miei a farmi continuare garantendo che non avrei trascurato lo studio, a cui tenevano molto essendo insegnanti. A lungo ho fatto kickboxing poi, a 23 anni, sono passata al free-climbing, diventando una delle pioniere. Quando ho cominciato a gareggiare a livello agonistico e ho diventare un’istruttrice, ho iniziato ad essere pagata. A quel punto ho avuto l’indipendenza economica per continuare.
Che cosa ama della montagna?
La libertà. Man mano che sali, ti lasci la polizia e i controlli alle spalle. Così potevo togliere il velo: ecco perché nelle foto diffuse sui social sono sempre senza. Prima delle proteste per Mahsa, spesso, i guardiani della rivoluzione facevano finta di non vedere anche perché ho sempre cercato di non dare troppo nell’occhio. In vetta mi sentivo – e mi sento, ogni volta – libera. La montagna, inoltre, non discrimina. Non conta il genere, la posizione sociale, le convinzioni: tutti possono cadere.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: