lunedì 30 ottobre 2023
Le sequestrate accusano Netanyahu di volere farle uccidere. Uno schema psicologico tipico usato dai rapitori. Difficile uno scambio di prigionieri che rimetta in libertà i seimila palestinesi detenuti
Un frame del video degli ostaggi diffuso da Hamas sui social network

Un frame del video degli ostaggi diffuso da Hamas sui social network - Ansa

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Una strategia forse preparata da tempo, insieme agli attacchi. O una mossa disperata per frenare l’avanzata di Israele a Gaza e dividere il suo fronte interno. Hamas sfrutta cinicamente gli ostaggi diffondendo un video di 76 secondi, nel quale tre donne verosimilmente rapite il 7 ottobre e tenute in ostaggio nella Striscia di Gaza implorano il proprio governo di permettere la loro liberazione con uno scambio di prigionieri.

Parlando in ebraico, una delle sequestrate accusa il premier Benjamin Netanyahu del "disastro" subito con l’attacco ai kibbutz e di non aver saputo proteggere i propri connazionali. Quindi chiede che Tel Aviv accetti la proposta formulata nei giorni scorsi dal movimento fondamentalista.

“Siamo cittadini innocenti, cittadini che pagano le tasse allo Stato di Israele", dice la donna con tono aspro e dispertato, rivolgendosi direttamente a Netanyahu: "Siamo prigionieri e tu vuoi ucciderci tutti, ucciderci tutti usando l'esercito israeliano". "Non basta che siano stati uccisi cittadini israeliani? – implora, forse imbeccata dai carcerieri o forse esasperata da 23 giorni nelle mani dei carcerieri -. Ti sei impegnato a liberarci tutti e invece veniamo puniti per la vostra negligenza politica e nazionale. Fateci tornare dalle nostre famiglie". E poi il grido, condiviso con le altre due compagne di sventura: “Adesso, adesso”.

Mentre le tv israeliane non hanno diffuso il filmato per non dare pubblicità al ricatto di Hamas (si sono limitate a diffondere un fermo immagine), la risposta di Netanyhau non si è fatta attendere. «Mi rivolgo a Yelena Tropanov, Danielle Alloni e Rimon Kirscht che sono state rapite da Hamas-Isis in quello che è un crimine di guerra: io vi abbraccio, il nostro cuore è con voi. Vi abbraccio». Per poi aggiungere: «Facciamo tutto il possibile per riportare a casa gli ostaggi e i dispersi». Il discorso del premier ha acquistato maggiore credibilità alla luce della la notizia di un blitz in cui una soldatessa è stata salvata dallo Shin Bet. Diventano così meno vaghi gli annunci sui possibili successi nell'individuare i covi nei quali sono tenuti i cittadini israeliani catturati.

Lo schema psicologico dietro il video è ben noto: i sequestrati vengono mostrati per suscitare angoscia e pietà. Il loro messaggio è colpevolizzante per quelli della loro parte e non per i propri carnefici. Siete voi – si dice – che non volete la nostra salvezza, rifiutando di trattare. In questo caso, il messaggio può fare più presa perché in Israele è aperta la ferita della mancata difesa del 7 ottobre e lo stesso premier è sotto accusa da una parte della popolazione per la sua conduzione della crisi.

Come si muoveranno ora il governo e l’esercito? Come proseguirà il braccio di ferro Hamas? Domande complesse. Le truppe israeliane avanzano nella Striscia ma non sarà facile trovare il nascondiglio in cui sono trattenute le tre donne e liberarle senza danni. Nello stesso tempo, concedere la scarcerazione di tutti i palestinesi attualmente nelle carceri del Paese, stimati in circa 6.000, non sembra nelle intenzioni dei vertici politici. Proclamare che si vuole eliminare totalmente Hamas e poi rimettere in circolazione militanti e anche qualche capo e stratega di medio livello del movimento sarebbe una contraddizione difficile da spiegare.

In questa fase, i fondamentalisti non hanno minacciato l’uccisione dei circa 230 ostaggi e delle tre donne in particolare. Ma potrebbero farlo nei prossimi giorni, per aumentare la pressione sull’opinione pubblica. Spingersi ad assassinare qualche prigioniero e mostrarne il cadavere sarebbe mediaticamente una mossa che potrebbe alienare ulteriore simpatia per Hamas anche in chi è disposto a concedere credito alla resistenza terroristica. Ma l’eccidio del 7 ottobre non lascia spazio a troppo ottimismo sui limiti dell’orrore.

Resta la carta di una breve tregua che Israele potrebbe concedere per permettere ad altri civili di spostarsi all’interno della Striscia e fare giungere più viveri e materiale sanitario, ottenendo come contropartita il rilascio di almeno un primo gruppo di rapiti. Ma anche questo scenario appare molto remoto. L’invasione di Gaza via terra prosegue con grande spiegamento di mezzi da parte di Tel Aviv e con apparente scarsa considerazione delle vittime collaterali. La tragedia del Medio Oriente minaccia di proporci presto altre pagine di crudeltà.

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