martedì 11 luglio 2017
La Corte Europea ha confermato nel caso belga quanto aveva già sentenziato per la Francia, ovvero la facoltà dei governi d’introdurre simili legislazioni.
Il divieto di portare il niqab non viola i diritti umani
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Il Belgio come la Francia, per quanti sfidano il divieto legale di portare o far portare in pubblico indumenti integrali come il niqab, il chador o il burqa che coprono il volto parzialmente o del tutto. La Corte Europea dei diritti umani ha confermato nel caso belga quanto aveva già sentenziato per la Francia, ovvero la facoltà dei governi d’introdurre simili legislazioni. Per l’alto foro, ciò non viola «il rispetto della vita privata e delle convinzioni religiose».

Il nuovo verdetto risponde a due ricorsi distinti in Belgio da parte di donne abituate ad indossare in pubblico il niqab. Le donne contestavano la legge del giugno 2011 che ha vietato le tenute integrali e, più in dettaglio, il regolamento di polizia del comune di Dison, nella provincia francofona di Liegi, in cui figura l’espresso divieto degli abiti «che nascondono il viso delle persone». Ribadendo argomenti già espressi in passato, la Corte ritiene che la necessità di preservare la vita in società, fra gli obblighi delle amministrazioni, può giustificare specifici divieti di determinati indumenti.

È un’esigenza propria alle società democratiche, sottolineano i giudici basati a Strasburgo, poiché garantire le condizioni della vita collettiva rappresenta un «elemento della protezione dei diritti e delle libertà altrui».

Oltre alla facoltà di vietare, il foro ha avallato pure le sanzioni specifiche previste per chi trasgredisce, comprese fra una multa e pene anche di prigione, in caso di recidiva.

I giudici sottolineano pure che tali sanzioni sono applicate in Belgio in modo non sistematico, tenendo conto pure del carattere «misto» dell’infrazione, ovvero a cavallo fra disciplina amministrativa e procedura penale.

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