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Jimmy "Barbecue" Cherisier, capo di una gang haitiana, e i suoi uomini - Ansa
ll piano inclinato su cui sta scivolando il futuro di Haiti, dilaniata dalla violenza tra le bande che si contendono il territorio, rischia di ribaltarsi del tutto: sull’isola è arrivato Erik Prince, il “mercante della guerra” che recluta mercenari da mandare a combattere nei teatri armati di tutto il mondo.
I suoi uomini, questa è la rivelazione del New York Times, sono stati assoldati dal governo di Port-au-Prince per cercare di dissolvere le gang ed evitare che la capitale finisca nelle loro mani. Al manager americano, fondatore della Blackwater, società di contractor militari coinvolta nel 2007 in una strage di civili a Baghdad, sarebbe stato dato un mandato istituzionale, se così lo si può chiamare, che tuttavia fa il paio con un’urgenza ben precisa segnalata da più fronti tra gli operatori della sicurezza privata: intercettare nuove opportunità di guadagno. Ad Haiti come in tutta l’America Latina.
Prince, originario del Michigan, non sarebbe l’unico professionista della guerra a pagamento interessato all’ “affare Haiti”. Ma di certo è il più famoso: si dice che abbia selezionato spie da infiltrare nei gruppi liberali statunitensi, addestrato colombiani per gli Emirati Arabi Uniti da utilizzare nei conflitti in Medio Oriente e preso in appalto servizi dalla Wagner russa in Mozambico. I termini dell’ingaggio che gli è stato affidato ad Haiti non sono noti perché segreti. Ma secondo alcune fonti avrebbe avuto licenza di uccidere con ogni mezzo, droni compresi, i soldati al servizio delle milizie locali. La maggior parte di questi, lo ricordiamo, sono bambini e adolescenti.
Operativo sull’isola da marzo, Prince punta a inviare a Port-au-Prince almeno 150 mercenari entro l’estate reclutandoli tra i veterani americani di origine caraibica. Nel frattempo si è dato da fare per far entrare nel Paese un ingente carico di armi. Una persona a lui vicina ha sottolineato che il suo obiettivo è ampliare i margini di manovra fino ad aggiudicarsi la gestione di dogane, trasporti, riscossione delle tasse e altri servizi pubblici necessari alla stabilizzare di uno Stato logorato dalla corruzione. Un affare grosso.
L’uomo, accusato dall’Onu nel 2020 di aver violato un embargo sulle armi in Libia, ha mani in pasta profonde nella politica. Sua sorella, Betsy DeVos, è stata segretaria all’Istruzione durante il primo mandato di Donald Trump. Afavore di questo, durante la campagna elettorale del 2016, versò più di 250mila dollari. Nella cronaca di quegli anni è stato spesso citato come consigliere informale del tycoon che, tuttavia, lo avrebbe poi allontanato perché scivoloso fino ai limiti della legalità.
È difficile dire quali siano oggi le sue entrature nello Studio Ovale. I contractor americani che operano all’estero devono ottenere una licenza dal dipartimento di Stato, ma questi documenti non sono pubblici. Le manovre di Prince, tra l’altro, si perdono nella rete delle sue società, sciolte e ricostruite con un altro nome in un altro continente. Negli anni, per esempio, Blackwater è diventata prima Xe Service e poi Academi fino a confluire nella Constellis Holding. Da Washington si limitano a ribadire che non gli è stato alcun lavoro (sporco) ad Haiti. Di certo c’è, però, che gli Stati Uniti, finanziatori della (fallimentare) missione multinazionale di polizia ad Haiti, hanno da poco riaperto gli occhi sul dramma di Port-au-Prince.
All’inizio di maggio, l’Amministrazione repubblicana ha inserito due gang haitiane – Gran Grif e la coalizione Viv Ansanme – nella lista delle organizzazioni terroristiche transnazionali. «L’era dell’impunità per chi sostiene la violenza ad Haiti è finita», ha sottolineato il segretario di Stato Marco Rubio. La stretta sarebbe stata dettata dalla necessità di porre un freno all’immigrazione dal Sud e ai traffici illeciti gestiti dalle gang che contaminano anche negli Usa. Dietro la mossa potrebbero però esserci altri interessi in linea con il riposizionamento degli Usa sullo scacchiere dell’America Latina.
«Vale sempre la pena notare dove va Prince, perché è un po’ un barometro di dove pensa che il mondo di Trump potrebbe finire», ha commentato Sean McFate, professore alla National Defense University. Lo spietato mercenario, pronto a speculare sulla sofferenza di Haiti, è operativo anche in Ecuador, El Salvador e Venezuela.
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