
Anziani e fragili a rischio per le temperature estreme - Ansa
In Europa oggi si perde la vita più di frequente per le basse temperature che per le ondate di calore, con un rapporto approssimativo di dieci decessi a uno. La tendenza è però presto destinata a modificarsi e le morti ad aumentare. In uno studio pubblicato a fine gennaio dalla rivista britannica Nature, i ricercatori della London School of Hygiene & Tropical Medicine di Londra e di diversi istituti e atenei europei, tra cui Ca' Foscari di Venezia, hanno cercato di fornire una valutazione completa dell'effetto del cambiamento climatico sulla mortalità correlata alle temperature in 854 aree urbane di trenta Paesi del continente europeo. Hanno cioè provato a prevedere quanti meno morti per il freddo e quanti in più per il caldo provocherà, dal 2015 al 2099, l’inarrestabile innalzamento delle temperature. Molto dipenderà dai progressi concreti e rapidi che si compiranno nelle attività di mitigazione e adattamento, ma nello scenario peggiore dei tre studiati, cioè quello di un’«Europa con crescente instabilità, conflitti regionali e disuguaglianze che si traducono in scarsi o nulli sforzi verso la mitigazione e l'adattamento» si stima che entro la fine del secolo nelle città europee 2,3 milioni di persone in più potrebbero morire a causa delle temperature estreme. I decessi correlati al caldo e al freddo potrebbero, cioè, aumentare complessivamente di quasi il 50%. «Queste cifre potrebbero essere ridotte di almeno due terzi negli scenari più virtuosi, rendendo così evidenti i benefici per la salute che deriverebbero dall'implementazione di politiche energiche per ridurre le emissioni di carbonio», sottolineano i ricercatori. Non dappertutto e non nella stessa misura il cambiamento climatico risulterà letale. Si assisterà a una leggera diminuzione netta dei tassi di mortalità in eccesso nei Paesi del Nord Europa, ma la regione mediterranea e le aree dell'Europa orientale soffriranno di un'elevata, crescente vulnerabilità. Tra le città più colpite, si prevede ci saranno Barcellona, poi Roma e Napoli, a seguire Madrid e Milano, ma anche Atene, Marsiglia, Bucarest e Genova. Sempre considerando il peggiore dei tre scenari, a metà del secolo, cioè nel quinquennio 2050-2054, sarà Malta a riportare il tasso netto di mortalità in eccesso più preoccupante, con 147,6 morti in più per 100.000 anni-persona. Subito dopo, si colloca l’Italia (54,7), ampiamente sopra il tasso medio dell’Europa meridionale (45,9) e davvero lontano dalla media del continente nel suo complesso, che è di 11,7. Per l’intervallo di tempo di metà secolo, tuttavia, compaiono anche tassi netti dal segno meno, anche se solo di poche unità, per coloro che beneficeranno di una diminuzione dei decessi provocati dal freddo: si tratta dei Paesi dell’Europa settentrionale (Irlanda in testa, poi Repubbliche baltiche e Regno Unito), ma anche di Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria.
Complessivamente, però, e ancora di più nella regione del Mediterraneo, nell'Europa centrale e nei Balcani, senza una mitigazione “ambiziosa” degli effetti avversi del clima, per prevenire aumenti nella mortalità sarebbero necessarie azioni di adattamento a un livello definito dai ricercatori “piuttosto improbabile”. Cioè occorre innanzitutto agire a monte, con il taglio delle emissioni di gas serra. “Per compensare l’aumento della temperatura – conclude il coautore dello studio Pierre Masselot, statistico ed epidemiologo ambientale alla London School of Hygiene & Tropical Medicine - avremmo bisogno di un adattamento massiccio”, che al momento però «è difficile vedere come possa essere raggiunto».
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