Nella guerra dei droni vince sempre l'intelligenza artificiale
Nel Donbass si combatte anche la neo-rivoluzione negli affari militari miliardari. Il lavoro che richiedeva giorni di analisi e decine di addetti avviene ora in tempo reale

Sono stati decisivi nella battaglia di Chasiv Yar, nell’Ucraina in guerra, definita dalla rivista Time il primo conflitto algoritmico, per l’uso sistematico di dispositivi che utilizzano reti neurali e di software di intelligenza artificiale, militarizzati nelle piattaforme fisiche ma anche nel dominio dell’elettromagnetismo e del ciberspazio. I droni russi Boomerang ne sono un esempio, automatizzati nella navigazione, immuni ai disturbi, semi-robotizzati nell’acquisizione degli obiettivi da colpire e perseguire. Dal Donbass a Gaza sono numericamente pregnanti le epifanie di una neo-rivoluzione negli affari militari, trainata dalle tecnologie informatiche. E’ la guerra fra reti contrapposte, che coprono il teatro operativo e alimentano catene di morte in cui lo spazio di battaglia cede la centralità di luogo alla dimensione temporale, sempre più compressa nei cicli decisionali e di fuoco, con sensori interconnessi, federanti satelliti, droni, ricognitori, radar volanti o terrestri, nuclei di forze speciali, operatori e lezioni apprese dal terreno, sistematizzate nell’evoluzione algoritmica, aperta, sincronica, mai paga e sempre più letale. Il lavoro che un tempo richiedeva giorni di analisi e decine di addetti avviene ora in una manciata di secondi, grazie a macchine proteiformi, non infallibili, ma capaci di generare flussi di bersagli poliedrici e fare intelligence, azionando piattaforme multiruolo.
In molte fasi della guerra di Gaza il processo di targeting delle forze armate israeliane si è tradotto in distruzioni sproporzionate di vite civili, per l’abuso di un ciclo di intelligence retecentrico che ha plasmato informativamente il teatro, tratteggiandone superficialmente gli aspetti fisici e umani e imprimendo repentinità all’individuazione, all’identificazione e alla localizzazione degli obiettivi, con fasi di attacco sistematiche, continue, foriere di un’infinità di interrogativi sulla congruità etica delle fasi di osservazione, orientamento, decisione e azione. Secondo diverse fonti, le verifiche antropiche del dettato dei software, aprioristicamnente erronei per un 10% circa, sono state ridotte al lumicino e, racconta la rivista Politique étrangère, gli ufficiali si sono spesso concessi non più di 20 secondi per verificare l’attendibilità dei suggerimenti proposti dal sistema informativo Lavender. Dov’è il processo approfondito di analisi, di ponderazione della minaccia e di calcolo del rischio, in termini di danni forse non del tutto indesiderati? Sistemi esperti e reti neurali possono essere militarmente dirompenti, ma rischiano di compromettere le basi del diritto bellico umanitario, alterando ruoli, figure e responsabilità di comandi sovraordinati e inferiori. Di futura deriva di sistemi d’arma che si autogovernano ha parlato lo stesso presidente ucraino, Volodymir Zelensky, intervenendo all’assemblea generale delle Nazioni unite. Il presidente ha voluto lanciare un monito sulla natura ingannevole di sistemi pseudo-esperti, che comportano rischi sfuggenti, profondi, modificando la natura della guerra e le sue regole scritte e tacite.
Un monito che arriva da un paese avanguardistico nelle declinazioni militari dell’intelligenza artificiale, laboratorio innovativo, supportato fin dall’inizio da colossi come le statunitensi Palantir, Google, Microsoft e Anduril, in un do ut des reciproco, per direzione, ricerca, apprendimento, rielaborazione e diffusione, con molti team specialistici aziendal-occidentali distaccati in Ucraina. Dal piano momentum israeliano all’incubatore ucraino Brave1, l’intelligenza artificiale è come un Giano bifronte, dal volto corrusco ma ambiguo nel proiettare la guerra in un futuro ancora eslege. L’integrazione algoritmica nei droni ucraini con visuale in prima persona ne ha aumentato l’efficacia di un 30-50%. Parliamo di sistemi a controllo umano, ma l’autonomia crescente dei mezzi bellici dilaterà i confini delle terre di nessuno, ridisegnando i termini di equazioni consolidate e lasciando intuire un futuro di sistemi robotici aero-terrestri, da disciplinare più che da sguinzagliare.
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