Mezzo milione di civili in fuga dal confine conteso tra Thailandia e Cambogia
Si sgretola una delle “paci” di Trump. Lui: «Farò una telefonata per far finire la guerra». Il Papa: «Riprenda subito il dialogo». I due Paesi si accusano a vicenda di aver scatenato la ripresa delle annose ostilità: 11 morti negli scontri

Sono oltre 500.000 le persone evacuate dalle regioni di confine tra Thailandia e Cambogia. Lo hanno annunciato le autorità dei due Paesi del Sud-Est asiatico. «Oltre 400mila persone sono state trasferite nei rifugi», ha dichiarato in una conferenza stampa il portavoce del ministero della Difesa thailandese, Surasant Kongsiri. «I civili hanno dovuto evacuare in massa a causa di quella che abbiamo valutato come una minaccia imminente per la loro sicurezza», ha aggiunto. «In totale, 20.105 famiglie, ovvero 101.229 persone, sono state evacuate nei rifugi e presso i propri parenti in cinque province», ha dichiarato da parte sua la portavoce del ministero della Difesa cambogiano, Maly Socheata.
I due Paesi si accusano a vicenda di aver scatenato la ripresa delle annose ostilità territoriali causando almeno 11 morti: sette civili cambogiani e quattro soldati thailandesi, secondo gli ultimi dati. La Cambogia e la Thailandia, che da tempo si contendono porzioni di territorio lungo il confine, si erano già scontrate a luglio. Cinque giorni di combattimenti, via terra e via aria, avevano causato 43 morti e costretto circa 300.000 persone a evacuare da entrambe le parti. Il 26 ottobre le due parti avevano firmato un accordo di cessate il fuoco, sotto l'egida del presidente americano Donald Trump. Una tregua fragile che si è sgretolata con gli scontri che si sono estesi a nuove aree del confine, costringendo a un esodo di massa di civili. Il tycoon, durante un comizio in Pennsylvania, ha promesso: ''Farò una telefonata per far finire la guerra''
Thailandia e Cambogia si contendono la linea di demarcazione coloniale del loro confine lunga 800 chilometri e le rivendicazioni riguardano anche alcuni templi storici. Gli scontri di questa settimana sono i più cruenti da quelli - andati avanti per cinque giorni - del luglio scorso, quando le vittime furono diverse decine, prima che venisse concordata una tregua, in gran parte grazie all'intervento del presidente degli Stati Uniti. Entrambe le parti si accusano a vicenda di aver scatenato di nuovo le violenze che hanno investito cinque province di Thailandia e Cambogia. Hun Sen, influente ex leader cambogiano, ha dichiarato che il suo Paese ha reagito alla provocazione della Thailandia. L'esercito di Bangkok ha dichiarato che tre soldati sono stati uccisi e 29 feriti, mentre il ministero della Difesa cambogiano ha denunciato la morte di sette civili e il ferimento di una ventina.
La tregua dell'estate scorsa era stata raggiunta dopo il roboante intervento di Trump e grazie ai discreti sforzi diplomatici di Cina e Malesia, attuale presidente dell'Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico (ASean). Trump è volato a Kuala Lumpur a ottobre per supervisionare la firma di un accordo che prevedeva la riduzione delle truppe lungo il confine, il dispiegamento di osservatori e l'accelerazione delle operazioni di sminamento. Sul riaccendersi del conflitto è intervenuto stamane il Papa al termine dell'Udienza generale: «Sono profondamente rattristato dalle notizie del riacceso conflitto lungo il confine tra Thailandia e Cambogia - ha detto -. Ci sono state vittime anche tra i civili e migliaia di persone hanno dovuto abbandonare le proprie case. Esprimo la mia vicinanza nella preghiera a queste care popolazioni, e chiedo alle parti - è stato l'appello del Pontefice - di cessare immediatamente il fuoco e di riprendere il dialogo».
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