Meloni all'attacco: così l'omicidio Kirk ha acceso lo scontro politico
Dal palco dell’Udc la premier commenta il dibattito sui fatti avvenuti negli Usa: «C’è chi festeggia, torna l’odio». E il Viminale aumenta la sorveglianza sui leader

La morte di Charlie Kirk diventa terreno di scontro politico e sul sangue dell’attentato di Orem si consuma l’ennesima polemica. Dopo le scaramucce di venerdì tra alcuni dem e Italia viva e il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, anche Giorgia Meloni entra prepotentemente nell’agone e trascina con sé i big dell’opposizione.
La premier apre il suo intervento di ieri alla festa nazionale dell’Unione di Centro a Roma partendo proprio dall’omicidio del giovane attivista Maga e non la tocca piano: «Vengo da una comunità politica che spesso è stata accusata di diffondere odio, guarda un po' dagli stessi che festeggiano e giustificano l'omicidio intenzionale di un ragazzo che aveva la colpa di difendere con coraggio le sue idee». Il capo dell’esecutivo denuncia il momento presente come «un tempo in cui l'odio e la violenza politica stanno tornando una realtà» e accusa chi brandisce «l'arma della violenza verbale» alimentando il rischio che «qualche volta diventi anche violenza fisica». Meloni non fa nomi e non cita direttamente esponenti parlamentari, ma i toni sono tali da spingere il fronte opposto a una reazione.
Elly Schlein, che già dopo l’attentato aveva condannato pubblicamente l’omicidio di Kirk, replica a stretto giro dalla festa del Fatto quotidiano, ricordando la sua presa di posizione e definendo «irresponsabile» la volontà della destra di alimentare un «clima incandescente sparando nel mucchio». Poi rivendica: «Quando la notte mi arriva un messaggio con un saluto fascista e il saluto “a noi” io non penso a Meloni - fa notare la leader dem -. La violenza non è accettabile da qualsiasi parte provenga e chiunque vada a colpire», eppure «qualcuno della destra ci accusa di silenzio e di complicità».
Anche Giuseppe Conte si fa sentire e dalla festa di un altro giornale, l’Avanti!, rispedisce le accuse del centrodestra al mittente: «Invito il Governo a moderare i toni e a smetterla: parlo di Tajani, parlo di Ciriani, parlo di Meloni, che alimentano questo vittimismo e paradossalmente, dicendo di abbassare i toni, contribuiscono invece ad alzarli. Piuttosto facciano il loro dovere e governino se ne sono capaci».
Il leader di Europa Verde Angelo Bonelli chiede a tutti di abbassare i toni, ma rifiuta di essere accostato con chi ha festeggiato l’assassinio di Kirk: «La sua morte è stato un omicidio orribile che va condannato - spiega -. Invito la presidente del Consiglio a chiedere a tutti di non alzare i toni e a non accusare l'opposizione. Sentirsi accusati di essere alla base del clima di odio che ha portato alla morte di Kirk è un'operazione indegna e gravissima».
Bonelli, come Schlein, ricorda anche lui di essere stato vittima di minacce e azioni di intimidazione, tra le quali cita i «messaggi di odio» nei suoi confronti «rilanciati» dal sindaco di Terni, Stefano Bandecchi, e le accuse del direttore de Il Tempo, Tommaso Cerno, di complicità con i terroristi di Hamas.
L’intervento di Meloni non piace neanche a Matteo Renzi, già protagonista venerdì di un botta e risposta con Ciriani. La premier, attacca il leader di Italia Viva, «è un’irresponsabile», perché «è la guida dei servizi segreti e delle istituzioni di questo Paese – argomenta – quindi dovrebbe dare parole di calma e di responsabilità. E invece attacca l'opposizione esattamente come il suo ministro Ciriani che ieri ha paragonato Italia Viva alle brigate rosse».
Intanto, il titolare dell’Interno, Matteo Piantedosi, dimostra che la preoccupazione del governo è già oltre il livello di guardia e annuncia di aver dato mandato di «aggiornare» i dispositivi di sicurezza dei principali rappresentanti istituzionali, Meloni e i due vicepremier in testa. Una decisione seguita da una circolare spedita a tutti i prefetti perché adeguino allo stesso livello di sicurezza anche i presìdi locali già in essere. Il ministro evoca il pericolo di «processi di emulazione», perché, avverte, «non tutti sono in grado di raccogliere nel modo giusto certi messaggi e quindi qualcuno può in qualche modo fraintendere». L’iniziativa riceve il plauso immediato del collega della Difesa, Guido Crosetto, che punta il dito su «un certo modo di fare politica in Italia» per poi scagliarsi contro il «terrorismo verbale» che «prima o poi rischia di avere conseguenze reali e fisiche violente. Ognuno di noi - prosegue - ha il dovere di non alimentare odio e violenza. Anche solo quella verbale».
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