Maternità surrogata, è la Georgia la nuova meta delle coppie cinesi
di Luca Miele
Con la guerra, l'Ucraina ha perso il "primato". Solo tra il 2023 e il 2024, si sono registrate 88.500 visite di cittadini cinesi nell'ex repubblica sovietica

Voli (di andata) per la Georgia zeppi di cittadini cinesi. Voli (di ritorno) dalla Georgia zeppi di cittadini cinesi con neonati. La guerra in Ucraina non solo ha devastato (e continua a devastare) il Paese ma ha anche “rivoluzionato” la geografia della maternità surrogata degli aspiranti genitori provenienti dalla Cina. Con la “soluzione” Kiev diventata impraticabile, è esplosa un’altra destinazione: la Georgia, appunto. Sborsando una cifra che oscilla tra i 40mila e i 70mila dollari – negli Stati Uniti, un figlio surrogato costa tra i 180.000 e i 250.000 dollari –, le coppie cinesi possono aggirare i divieti nel gigante asiatico, e tornare a casa con un bambino, facilitati – come scrive nella sua inchiesta il sito ChinaFile – dai voli diretti dallo Xinjiang, che «rappresentano un'ulteriore comodità per i cittadini cinesi». Solo tra il 2023 e il 2024, si sono registrate 88.500 visite in Georgia. Il loro numero è praticamente triplicato. Per il Centre on Migration, Policy and Society dell'Università di Oxford siamo davanti a una vera e propria «miniera d’oro», dagli effetti umani – emotivi e culturali – devastanti e difficilmente calcolabili.
Secondo i dati riportati da “Radio Free Asia”, i tassi di infertilità in Cina oscillano attorno al 18%. Dopo che nel 2014, il Paese ha allentato la politica del figlio unico per consentire alle coppie di avere due figli, la domanda di maternità surrogata è aumentata vertiginosamente, portando – denuncia il sito Think China – «allo sviluppo di una rete illecita di collusione tra ospedali e agenzie di maternità surrogata». Secondo le stime di Caixin, nel 2017 in Cina c'erano circa mille aziende che fornivano servizi di maternità surrogata, di cui 20-30 di «una certa dimensione»: il numero annuo di nascite tramite surrogazione nel Paese era stimato in 20mila. Poi è arrivata la scure delle autorità che hanno promesso di «reprimere severamente» le attività legate all’uso di tecniche di riproduzione assistita. Di qui l’esodo oltre i confini nazionali, con l’Ucraina che, prima della guerra, “assorbiva” il 54% delle richieste.
Le nuove rotte che “premiano” la Georgia ma anche gli altri ex Paesi sovietici, come il Kirghizistan e il Kazakistan, sono il risultato di una serie di cambiamenti (e scossoni) avvenuti nella geografia della maternità surrogata. Tra l'inizio degli anni Duemila e la metà del 2010, la maggior parte delle coppie cinesi si rivolgeva ai Paesi del sud-est asiatico, attirati dai prezzi bassi e dalla vicinanza. La situazione è velocemente cambiata, scrive ancora ChinaFile, «perché la maternità surrogata si trova ora in una zona grigia dal punto di vista legale, se non addirittura illegale, in Paesi un tempo popolari presso i cinesi: la Thailandia ha vietato la maternità surrogata commerciale nel 2015, seguita dalla Cambogia l'anno successivo, sulla base delle leggi esistenti contro la tratta di esseri umani». Al contrario, alcuni Paesi post-sovietici offrono quadri giuridici “liberi” in materia. La Georgia ha approvato una legge che legalizza ufficialmente la maternità surrogata già nel 1997, seguita dall'Armenia nel 2002. Eppure la stessa ex repubblica sovietica comincia ad avere problemi a soddisfare “la domanda” che arriva dal gigante asiatico. «La Georgia è un Paese piccolo e le madri surrogate georgiane sono da un po’ di tempo difficili da reclutare». Le cliniche georgiane hanno così iniziato ad attrarre madri surrogate provenienti da Kazakistan, Uzbekistan, Tagikistan e Kirghizistan, in Asia centrale, attratte dalla legislazione più flessibile e da un “indennizzo” più alto.
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