La tregua su Gaza è unilaterale e Israele continua a bombardare

di Luca Foschi, Ramallah
Per i palestinesi Tel Aviv avrebbe violato il cessate il fuoco già 80 volte, causando 100 morti. La stampa Usa conferma. L'agenzia Onu Ocha: aiuti umanitari a rilento
October 31, 2025
La tregua su Gaza è unilaterale e Israele continua a bombardare
Due abitanti di Ramallah durante i funerali di una giovane vittima palestinese questa mattina, a seguito dei bombardamenti israeliani dopo il cessate il fuoco
È due volte unilaterale la tregua di Gaza. Imposta dagli Stati Uniti a Israele e Hamas nelle vaghe linee generali, viene poi declinata sul terreno secondo un chiaro principio d’ineguaglianza che tutela Tel Aviv. L’uccisione di un soldato israeliano, martedì, si è tradotta in bombardamenti che hanno massacrato 104 persone, per lo più civili. Fino a quel momento, ha registrato il Government media office di Gaza, le violazioni del cessate il fuoco da parte di Israele erano state 80, con almeno 100 morti e 230 feriti. Al sanguinoso bollettino della tregua si devono aggiungere i tre uccisi di ieri a Khan Yunis e Gaza City e un quindicenne vicino a Ramallah in Cisgiordania.
Chiamato dall’agenzia Reuters a spiegare l’ultima violazione, l’esercito non ha offerto alcuna risposta. Si sono udite, riporta invece l’agenzia palestinese Wafa, le esplosioni che hanno demolito diversi edifici, sempre a est di Gaza city e Khan Yunis, oltre la linea gialla che segna la prima fase di ritiro delle truppe israeliane. Il nulla osta per le azioni che rispondono a una minaccia è stato formalizzato a più riprese dagli alti esponenti dell’amministrazione americana, compreso il presidente Donald Trump. Punizioni collettive, uccisioni e demolizioni all’interno o nei pressi della “yellow line” godono quindi di una giustificazione ad ampio spettro fornita dalle sempre vaghe necessità difensive. Per limitare gli incidenti capaci di far saltare la fragile tregua, Washington, con il benestare di Egitto e Qatar, ha offerto ai miliziani di Hamas rimasti nel 53% del territorio controllato da Israele un salvacondotto per varcare la nuova frontiera ed entrare nelle aree sotto controllo palestinese.
L’ultimatum sarebbe scaduto giovedì alle 20 senza grande interesse da parte dei miliziani. L’Idf potrà ora mettere nel mirino i membri delle brigate al-Qassam, senza che ciò costituisca una violazione. Altro elemento determinante nel preservare la tregua asimmetrica è la restituzione degli ostaggi israeliani. Le due salme consegnate giovedì notte, in linea con gli accordi relativi alla prima fase, hanno permesso la restituzione dei corpi di 30 palestinesi. Sono undici le spoglie degli ostaggi che Hamas deve ancora ritrovare fra i tunnel e le rovine di Gaza, sotto le quali, ha calcolato la Protezione civile dell’enclave, potrebbero trovarsi fino a 10.000 morti palestinesi. Nella Striscia Israele ha commesso «centinaia» di violazioni della legge sui diritti umani. È quanto riporta il Washington Post citando un rapporto riservato dell’ispettorato del Dipartimento di stato. Il documento visionato dal quotidiano indica per la prima volta che la condotta bellica di Israele potrebbe innescare le norme che vietano agli Stati Uniti di fornire assistenza militare a chi è accusato di abusi dei diritti umani. Secondo alcune fonti, tuttavia, le conclusioni contenute nel documento dell’ispettorato sollevano dubbi sulla possibilità che Israele venga riconosciuto responsabile. Un no deciso è arrivato da Washington al piano per la distribuzione degli aiuti umanitari che Tel Aviv vorrebbe affidare le operazioni lungo la linea gialla alla Gaza Humanitarian Foundation. La famigerata Ghf è accusata da più parti non solo di esser stata estremamente carente nel supporto alla popolazione, ma di aver causato, fra maggio e ottobre, l’uccisione di molte persone in fila per il cibo. È il tentativo di far rispettare dell’ottavo punto dell’accordo di Sharm el-Sheikh: «La distribuzione degli aiuti nella Striscia procederà senza interferenze delle due parti confliggenti, gestita da organismi internazionali».
Farhan Haq, portavoce dell’ufficio dell’Onu per gli affari umanitari (Ocha), ha denunciato che l’intensificazione delle operazioni umanitarie «resta fortemente limitata dalle restrizioni in corso e da altri impedimenti». Secondo l’agenzia per tre giorni consecutivi i convogli sono stati costretti a prendere strade dissestate e congestionate a causa dei ripetuti ordini di deviazione imposti dall’esercito Israeliano. Mai dall’inizio della tregua il numero giornaliero dei camion contenenti umanitario ha superato i 200, cifra ben al di sotto dei 600 ritenuti necessari per sostenere la popolazione stremata. Il premier Netanyahu sembra tuttavia più attento alle questioni interne. Ieri ha chiesto il rinvio della presentazione del disegno di legge relativo alla leva militare obbligatoria, che giovedì ha portato per le strade Gerusalemme centinaia di migliaia di giovani studenti ultraortodossi, storicamente esenti dalla coscrizione e ad essa radicalmente avversi. Dal supporto della comunità ultraortodossa dipende la sopravvivenza della maggioranza parlamentare.

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