Il montacarichi e il resto: i 7 minuti che hanno cambiato la storia del Louvre

Furto su commissione, ricchi privati o attentato alla Francia? Il colpo di domenica mattina, rapido e preciso, ha messo in luce tutta la vulnerabilità del museo e riaperto il fascino ambiguo dei ladri ingegnosi
October 20, 2025
Il montacarichi con cui i ladri sono entrati nel museo del Louvre
Il montacarichi con cui i ladri sono entrati nel museo del Louvre
Si potrebbe dire che sia stato un gioco da ragazzi. Altro che astuti travestimenti alla Arsenio Lupin; altro che audaci arrampicate e acrobazie aeree dopo aver hackerato i sistemi di sicurezza alla Ethan Hunt di Missione Impossibile. Parigi, Museo del Louvre, domenica mattina, ore 9.30. Il camion con montacarichi parcheggia, pure contromano, in Quai François Mitterrand. I ladri sono quattro e indossano gilet gialli da operai. Due attendono di sotto, a bordo di potenti scooter. Gli altri due salgono sul montacarichi e raggiungono il balcone al primo piano della Galleria d’Apollo, dove sono custoditi i gioielli di Napoleone; con le seghe elettriche circolari tagliano le vetrate, penetrano nella sala, tagliano anche i vetri di due teche prendendo di mira i gioielli dell’Impero, tra cui la corona dell’imperatrice Eugenia, la collana e gli orecchini di zaffiri di Maria Amalia e Ortensia, la parure di smeraldo di Maria Luisa e una spilla reliquiario. Quindi scendono dal montacarichi, salgono sugli scooter e si dileguano, perdendo nella fuga la corona, ritrovata ammaccata. Durata dell’operazione: sette minuti. Valore della refurtiva: inestimabile.
Tutto facile, fin troppo. L’allarme è scattato? No, forse, sì ma in ritardo. Era prevedibile? Troppi furti nei musei francesi in questi ultimi anni e il Louvre non è mai stato inviolabile, anche se un colpo come quello che nel 1911 consentì a Vincenzo Peruggia di nascondersi la notte, impossessarsi della Gioconda e andarsene indisturbato al mattino, oggi è impensabile. E i gioielli? Impossibili da piazzare sul mercato, perché un mercato non l’hanno: troppo riconoscibili. Gli esperti spiegano che il furto è su commissione e le possibilità sono due: rivenderli a collezionisti privati all’estero, oppure smontarli per piazzare le singole gemme, anche se in questo modo il valore storico dei gioielli andrebbe perduto. C’è chi ipotizza pure la pista internazionale: i colpevoli sarebbero nemici della Francia, della sua credibilità e della sua storia. In ogni caso i ladri starebbero per disfarsi della refurtiva e passarla ai committenti per qualche centinaio di migliaia di euro, molto meno dei milioni del valore dei gioielli; e se non verranno recuperati nelle prossime ore, il rischio, assai probabile, è che vengano presto portati all’estero, oltreoceano, in America o in Asia. E allora sì le cose si farebbero complicate.
Non neghiamolo. I “furti con destrezza” di opere d’arte, senza violenza, senza spargimento di sangue, hanno sempre affascinato la folla, propensa a parteggiare per il ladro ingegnoso. Arsenio Lupin, per i quale il Louvre non ha segreti, è l’esempio classico: il ladro gentiluomo che alleggerisce nababbi, spesso disonesti, sempre pieni di sé, assumendo il ruolo di riequilibratore sociale: togliere a chi ha troppo, soprattutto beffandolo, per regalare una piccola gioia a chi ha poco o nulla. Ma in questo caso temiamo ci sia assai poco di romantico. Quasi sicuramente ci sono ricconi che rubano allo Stato, ossia all’intero popolo francese. O perfino servizi segreti di potenze straniere, che intendono mettere in difficoltà la Francia, forse ricattandola, sicuramente intaccandone il prestigio: che Paese è quel Paese che non sa difendere i propri gioielli? In questo caso Lupin, che nei romanzi di Maurice Leblanc a fine carriera si trasforma in detective, da patriota francese darebbe una mano alla polizia a scovare i ladri, ladri che fracassano finestre e teche, che lui invece avrebbe scassinato e fatte ritrovare intatte e vuote, perfino profumate, magari con un biglietto di saluti e ringraziamenti. Parbleu, stavolta ci tocca tifare per i flic.

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