Il Giappone schiera i militari per fermare gli attacchi degli orsi
di Luca Miele
Da aprile si sono verificati più di 100 aggressioni, almeno 12 le persone uccise. Un mix di fattori a base dell' "invasione" degli animali

I militari saltano giù dai camion. Sono uomini delle Forze di autodifesa giapponesi, immediatamente riconoscibili perché indossano caschi bianchi. Ma la dotazione di cui sono in possesso è un po’ particolare: i soldati sono “armati” di spray anti-orso, di scudi e di lunghi pali di legno a forma di fucile. Non possono portare (e utilizzare) armi vere. Il loro compito è affiancare i cacciatori locali nel montare le trappole anti-orso e disseminarle nei punti più critici. E rompere così quello che la stampa giapponese chiama la “reclusione forzata” a cui è costretta la popolazione locale. Non è la prima volta che il Giappone schiera l’esercito per fronteggiare l’emergenza degli attacchi di animali. Nel passato i militari sono stati impiegati “per la caccia ai cervi selvatici e per abbattere i leoni marini”.
Secondo il ministero dell'Ambiente, da aprile si sono verificati più di 100 attacchi di orsi, con un record di 12 persone uccise in tutto il Paese. Due terzi di queste morti si sono verificate nella prefettura di Akita e nella vicina Iwate. Qui le autorità affermano che gli avvistamenti di orsi sono aumentati di sei volte quest'anno, superando quota 8mila.
Come riporta la Reuters, il dispiegamento dei militari è iniziato a Kazuno, una piccola città immersa tra le montagne boscose. Per settimane i residenti sono stati raggiunti da appelli a evitare i fitti boschi e a rimanere in casa dopo il tramonto per non imbattersi negli orsi che cercano cibo vicino alle case. “Gli abitanti della città avvertono il pericolo ogni giorno", ha dichiarato il sindaco di Kazuno, Shinji Sasamoto.
A cosa è dovuto l’infittirsi degli attacchi? Secondo gli esperti, dietro l’aumento vertiginoso degli attacchi, c’è un mix di fattori. Alla base c’è l’alterazione della catena alimentare. Il cambiamento climatico ha impoverito le riserve naturali di cibo, spingendo gli animali a procacciarlo nelle vicinanze degli insediamenti umani. "L'anno scorso c'era abbondanza di cibo in montagna e sono nati molti cuccioli. Quest'anno, le scorte di cibo sono esaurite", spiegano gli abitanti. Ad aggravare la situazione anche lo spopolamento demografico di queste regioni boschive e l’abbandono di “presidi” da parte delle popolazioni locali.
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