I familiari degli ostaggi insistono: «Subito un accordo»

Il presidente israeliano rifiuta la tregua di sessanta giorni proposta da Egitto e Qatar e insiste sulla resa totale di Hamas. Le proteste delle famiglie e dell'opposizione, che prova a ricompattarsi
August 24, 2025
I familiari degli ostaggi insistono: «Subito un accordo»
Reuters | Le sedie vuote sistemate in piazza dai familiari degli ostaggi durante una manifestazione di protesta
“C’è un accordo sul tavolo. Aspettiamo che il governo Netanyahu invii i negoziatori al Cairo e tratti per un cessate il fuoco che riporti a casa tutti gli ostaggi”. Per Or Moshe, portavoce del Forum che riunisce tutti i familiari dei prigionieri e scomparsi del 7 ottobre, esiste ancora speranza. “Lo dimostrano i due milioni di israeliani che sono scesi in piazza per lo sciopero di domenica 17, e che continueranno a manifestare”. La proposta egiziano-qatarina che il movimento islamista ha accettato una settimana fa, molto simile nelle linee generali tracciate dall’emissario americano Witkoff, non sarebbe sepolta sotto le crescenti macerie di Gaza city, dove “Gideon’s chariot”, l’operazione elaborata per annichilire Hamas, stringe in una morsa la popolazione affamata.
Trattare mentre si bombarda e si demolisce, questo il principio espresso dal premier Netanyahu venerdì. Non per una tregua di sessanta giorni e il rilascio degli ostaggi in due fasi, come nel piano inoltrato dai negoziatori arabi, ma per la liberazione immediata, completa, e la resa incondizionata di Hamas. Secondo i sondaggi promossi dal Forum, afferma Moshe, il 75% degli israeliani è favorevole a un accordo. Numero ben al di sopra di quello seppur poderosamente manifestatosi nella moltitudine delle strade. La massa cresciuta e ormai compatta fa gola all’opposizione. Sabato Benny Gantz, leader del partito Kahol Lavan, ha proposto a Netanyahu di abbandonare la destra estrema dei ministri Ben-Gvir e Smotrich per formare una coalizione che comprenda anche gli altri partiti all’opposizione, Ysrael Beytenu e Yesh Atid, guidati Libermann e Lapid.
L’offerta si è rapidamente trasformata nell’ennesimo divisivo battibecco interno all’opposizione. “L’attesa è insostenibile, ma ho speranza”, ha ribadito domenica durante un incontro con i giornalisti Idit Orel, madre di Alon, 23 anni, rapito il 7 ottobre e ora sepolto in uno dei tunnel della Striscia. “L’accordo non riguarda solo noi familiari, ma tutta Israele. Dobbiamo decidere che paese vogliamo essere, dobbiamo sapere che qualunque cosa accada saremo sicuri, che il governo ascolterà ciò che il popolo vuole”, ha insistito Idit Orel. “Lei è il presidente della vita e della pace, solo lei può ordinare a Netanyahu di porre fine alla guerra e salvare gli ostaggi”, aveva disperatamente chiesto poche ore prima Yehuda Cohen, padre del soldato Nimrod, al presidente Trump, impegnato a intascare successi che conducano al Nobel per la Pace.
L’incertezza sui numeri, la spietatezza dell’esecutivo ricattato dagli oltranzisti del sionismo religioso, l’incondizionato appoggio americano e la divisione dell’opposizione, che rappresenta quella silente della piazza. Per chi ha già vissuto tutte le forme del dolore il quadro è più chiaro e spietato: “Netanyahu farà qualsiasi cosa per tenere il potere. Guida un governo fascista, che controlla l’informazione e impedisce ai cittadini di capire. Chi dissente è un traditore”, dice ad Avvenire Ayal Metzegel, nuora di Tami, liberata con l’accordo del novembre 2023, e di Yoram, ucciso nell’estate del 2024 durante la prigionia. La vita si spegne durante l’attesa, esiste solo un pensiero d’angoscia totalizzante. “Abbiamo bisogno del supporto di tutta la comunità internazionale. Anche mia suocera vuole la fine della guerra, e la pace per tutti. Siamo inorridite da quanto avviene a Gaza, e in Cisgiordania”.

© RIPRODUZIONE RISERVATA