Gaza, tutti i dubbi dell’esercito. Si teme un «effetto Vietnam»

La prima missione italiana di sgancio degli aiuti. Una ventina di Paesi arabi condanna il piano israeliano di occupazione della Striscia
August 8, 2025
Gaza, tutti i dubbi dell’esercito. Si teme un «effetto Vietnam»
ANSA |
«Una grande desolazione. Solo case distrutte e sabbia». Il colonnello Davide Verdolini da Amman parla lentamente al rientro dalla prima missione italiana di sgancio degli aiuti umanitari sulla Striscia, dove due milioni di persone devono conquistarsi il giorno in più. Dalla desertificazione di Gaza alla grande folla di Tel Aviv, le immagini dicono del contrasto e della divisione interna.
A Gerusalemme alcune bande di fondamentalisti ebrei hanno preso d’assalto i manifestanti pacifici. L’esercito è intervenuto per trascinarli via. E non è un buon segnale la violenza tra israeliani. I familiari degli ostaggi fanno una proposta che da queste parti fino a ieri sarebbe stata considerata sovversiva: «Bloccare e boicottare dall’interno l’economia israeliana».
Ilana Gritzkovsky, sopravvissuta alla prigionia di Hamas e compagna dell’ostaggio Matan Zangauker, davanti alla folla di decine di migliaia di persone riunita a Tel Aviv. Indossava il numero “673” a significare i giorni di guerra e prigionia, ha implorato la politica e i militari, perché pensino a liberare gli ostaggi e dopo al resto. Non il contrario. «Il mio Matan è intrappolato in un inferno da oltre 670 giorni. Abbiamo visto tutti con i nostri occhi com’è questo inferno: abbiamo visto Evyatar David e Rom Braslavski, affamati, distrutti, torturati da mostri. Il tempo sta per scadere per tutti i 50 ostaggi. Altri combattimenti li metteranno in pericolo ancora maggiore», ha detto ricordando le immagini degli ostaggi inviate dagli aguzzini nei giorni scorsi. Nelle stanze della politica si discute animatamente.
Netanyahu ripete che se Hamas accettasse la resa, non ci sarebbe nessuna evacuazione di massa dal Nord e nessuna invasione per prendere l’85 per cento della Striscia, con la differenza che stavolta sarebbe una occupazione e non solo un’invasione, con migliaia di bocche da sfamare a carico di Israele, come prevedono le norme quando si passa allo stato di “potenza occupante”.
Ma non è solo per questo che da Tel Aviv a Gerusalemme si litiga lasciando trapelare il dissenso. Il generale Zamir, che il disappunto per le derive di Netanyahu non lo nasconde più, usa parole da politico consumato. Impiega il futuro, e questo a Netanyahu non piace, perché lascia pensare che niente è certo.
L’Idf sta «lavorando al nuovo piano - ha affermato Zamir –. Approfondiremo la pianificazione, ci prepareremo al massimo livello in tutti i suoi aspetti, ha affermato. «Man mano che la guerra si evolve, l’Idf agirà per salvaguardare la vita degli ostaggi, consentire alle forze di riposarsi per rafforzare la resistenza e operare secondo i valori e lo spirito dell’esercito», ha aggiunto il capo di Stato Maggiore. Un riferimento, quello a «valori e spirito», che sottolinea tutta la distanza da chi vorrebbe imporre una operazione che costringerebbe i militari alla guerra macerie per macerie, tra rovine e 20mila miliziani che farebbero della guerra per l’occupazione completa di Gaza Nord il Vietnam delle forze di terra, temono gli strateghi militari. Un anonimo funzionario israeliano ha dichiarato all’emittente Keshet 12 di ritenere possibile riportare Hamas al tavolo del negoziato. Axios ha parlato di un incontro a Ibiza tra l’inviato di Usa Steve Witkoff e il premier del Qatar, Mohammed bin Abdulrahman Al-Thani. «Con la Striscia di Gaza inondata di aiuti umanitari, la campagna di inedia di Hamas sta svanendo», ha affermato la fonte, «Hamas sa di essersi data la zappa sui piedi con i video degli ostaggi affamati e, quindi, non è possibile escludere la possibilità che tornino al negoziato». Secondo il funzionario, «i mediatori stanno già vedendo segnali positivi». Altre fonti di intelligence israeliana consultate da Avvenire sostengono il contrario: «Hamas non ha interesse a chiudere il conflitto dopo che Netanyahu sta cadendo nella loro. trappola. Ci vogliono attirare sul terreno, sanno che moriranno, ma uccideranno decine dei nostri».
La pressione israeliana è diretta, ma in passato non ha dato frutto. Come quando vennero uccisi i figli di Hanyeh, il capo dell’ufficio politico di Hamas in Qatar. Era l’aprile 2024, e un oltre un anno dopo la guerra non è conclusa, Israele dovrà schierare almeno 60mila uomini, nonostante lo stesso Hanyeh sia stato ucciso a Teheran da un’operazione israeliana. Ieri due nipoti del capo negoziatore di Hamas, Khalil al-Hayya, sono stati uccisi in un attacco israeliano a Gaza. Secondo il Times of Israel stavano tagliando legna da ardere per cucinare, quando sono stati travolti dai bombardamenti israeliani.
Le notizie che arrivano da dentro le mura di Gaza sono quelle di ogni giorno. Civili uccisi, bambini feriti, ressa per gli aiuti e i dubbi di chi non sa se attendere l’ordine di evacuazione e seguire l’esempio di chi già si è messo in cammino per tentare di trovare un riparo a Khan Yunis e magari afferrare qualche pacco di quelli paracadutati dall’alto. Una ventina di Paesi arabi hanno condannato oggi il piano israeliano parlando di «pericolosa escalation». Per Tel Aviv una pessima notizia. Netanyahu sperava di affidare a una amministrazione araba la gestione di Gaza, che richiederebbe aiuti e soprattutto soldati. Ma nessuno per ora vuole impantanarsi nel Vietnam di Netanyahu, che potrebbe esplodere non solo a Gaza, ma più vicino di quanto il governo non avesse preventivato.

© RIPRODUZIONE RISERVATA