Così Mosca (sotto sanzioni) è rimasta senza medicinali

Sui social in Russia si moltiplicano le richieste di farmaci occidentali «perché funzionano meglio». Il ministero rassicura, ma la crisi è innegabile
November 8, 2025
Così Mosca (sotto sanzioni) è rimasta senza medicinali
Una farmacia a Mosca / Ansa
Il ministero della Salute continua ad assicurare: l’industria farmaceutica russa è solida e riesce a soddisfare pienamente il fabbisogno interno. Eppure, anche sulle medicine, il Paese inizia a risentire in modo pesante dell’isolamento dovuto dalle sanzioni. Per farsene un’idea, basta andare su Telegram o qualche forum su internet, dove imbattersi in richieste di chi cerca medicine occidentali, un tempo facilmente reperibili, si stanno moltiplicando con il passare del tempo. Pomate, pastiglie e sciroppi importati sono sempre più difficili da trovare. Alcuni sono spariti da tempo. Fra quelli più richiesti e ormai considerati un lusso, ci sono rimedi per malattie come il diabete e l’epilessia. Se ci fosse bisogno di un’ulteriore conferma, nei giorni scorsi, Airat Farrakhov, membro della Commissione Bilancio della Duma di Stato, ha suggerito che la Russia inizi a vendere le pillole prodotte in loco singolarmente per risparmiare denaro e razionalizzare gli stock.
Una soluzione possibile potrebbe essere spedire i medicinali in confezioni all’ingrosso, lasciando poi al farmacista la facoltà di distribuirli a chi le richiede, con tutte le conseguenze sulle tasche di chi li compra. Costretti a pagare a pezzo singolo anziché a confezione lo Stato ci guadagnerebbe, ma di sicuro non il malato e, nel caso di malati cronici e con più patologie, diventerebbe un vero e proprio salasso. A una situazione già abbastanza difficile si aggiunge anche la retorica nazionale. Da tempo, il ministero della Salute parla di una «dominanza straniera» nel campo farmaceutico e prima della guerra lamentava il fatto che i farmaci stranieri vendessero di più di quelli russi, per il semplice fatto che, data la parola ai consumatori, i primi funzionano meglio dei secondi (succedeva anche durante l’Urss). Il conflitto contro l’Ucraina è stato preso anche come un’occasione per potenziare l’industria domestica. E il primo passo è che tutte le risorse restino dentro i confini nazionali.
Per questo motivo, la Russia ha introdotto una regola per la quale, se nella concessione di appalti pubblici nel campo farmaceutico partecipa almeno un produttore locale, quelli stranieri vengono automaticamente esclusi. L’implementazione è partita a gennaio 2025 per i farmaci “vitali ed essenziali” dal 2026 si estenderà a tutti quelli “strategicamente significativi”. Una definizione quando mai generica, dove potrebbe rientrare tutto. Una questione di principio, ma anche un grande affare che ha portato alcune medicine prodotte in Russia a costare più di quelle che ancora si riescono a importare. Non senza le contraddizioni di fondo, che in Russia non mancano mai. Secondo la società di ricerca Rcn Pharma, l’85% delle pomate o pastiglie “patriottiche” viene prodotto con materie prime che provengono dall’estero. La “nazionalizzazione” sta raggiungendo livelli surreali e riguarda anche il materiale sanitario più indispensabile. Nella regione di Krasnodar, una clinica ha indetto una gara d’appalto per la fornitura di siringhe che, come in ogni Paese che si rispetti, sono di solito coperte da un cappuccio di plastica sull’ago che evita graffi accidentali e mantiene la sterilità. Quelle russe, però cappucci spesso non li hanno e l’ospedale è stato multato per averle fatte arrivare dall’estero. A partire da luglio 2026, negli ospedali pubblici non saranno più possibili interventi chirurgici con stent privati e nelle cliniche private il solo stent costerà circa 4.000 dollari.

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