A Bangkok i giudici hanno destituito la premier: è la quinta in 17 anni
Per la Corte Costituzionale, Paetongtarn Shinawatra ha mancato ai presupposti etici dettati dalla Costituzione chiamando al telefono il collega cambogiano Hun Sen al culmine di una crisi tra i 2 Paesi

Con una sentenza approvata da sei dei nove giudici, la Corte costituzionale thailandese ha sollevato dalla carica di premier Paetongtarn Shinawatra. La 38enne Shinawatra (il secondo capo di governo in poco più di una anno e il quinto in 17 anni costretta a lasciare l’incarico per iniziativa della Corte) avrebbe mancato ai presupposti etici dettati dalla Costituzione per il suo mandato.
Il riferimento è alla telefonata avuta da Shinawatra il 15 giugno con l’ex primo ministro e ora presidente del Parlamento cambogiano Hun Sen in cui, come risulta dalla diffusione del colloquio che avrebbe dovuto restare riservato anche per i rapporti di amicizia e cooperazione tra Hun Sen e la famiglia Shinawatra. Paetongtarn avrebbe usato toni ossequiosi verso l’interlocutore e parole di critica nei confronti del comandante del Secondo corpo d’armata coinvolto negli scontri in corso sulla frontiera tra i due Paesi. Circostanze da lei negate ribadendo che il suo intento era di cercare una soluzione diplomatica alle tensioni.
Davanti al “tradimento” del veterano della politica cambogiana, la perdita di prestigio per lei e l’imbarazzo per il suo partito Pheu Thai sono stati evidenti e l’opposizione ne ha approfittato per chiedere alla Corte costituzionale di giudicare l’atteggiamento della premier che ha accolto la richiesta sospendendo provvisoriamente il primo luglio l’incarico di premier.
La fragile maggioranza parlamentare guidata dal Pheu Thai si trova davanti alla prospettiva di una profonda crisi interna e di un rimescolamento delle alleanze. Il suo principale alleato “esterno”, il populista Bhumjaitai, ha già segnalato di volere cercare un accordo con il partito filo-militare Palang Pracharath per un conferimento in via transitoria dell’incarico di primo ministro al suo leader, Anutin Charnvirakul. Più oltre, salvo ribaltoni politici o interventi a gamba tesa delle forze armate, è possibile una chiamata al voto popolare che questa volta il Pheu Thai potrebbe non vincere come invece ha sempre fatto, con diversa denominazione, dal 2001 al 2014 e arrivando secondo nel 2019 e nel 2023.
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