venerdì 11 giugno 2021
Tra i Paesi con più donne uccise da compagni o ex compagni, dal 2019 non comunica più i dati aggiornati
Il centro di Amsterdam

Il centro di Amsterdam - Archivio Ansa

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In Olanda il femminicidio viene tuttora giudicato e registrato genericamente come omicidio colposo. Solo nel 2018 l’Istituto Centrale di Statistica (CBS) aveva rilevato che il 76% delle donne uccise, erano decedute per mano del loro compagno o ex compagno. Più di una ogni 10 giorni. Lo stesso anno era uscita una statistica dell’Eurostat che, in base alla densità della popolazione, citava la Finlandia, la Svezia e i Paesi Bassi come le nazioni dove erano avvenuti più femminicidi; seguite dalla Germania, Gran Bretagna, Francia, e come ultime, Italia e Spagna.

Tornando all’Olanda, nel 2019 sono morte più di 44 donne per femminicidio. Il fatto sconcertante è che potrebbero essere molte di più; ma da quel momento non sono stati comunicati dati aggiornati. Soltanto nel 2020 i mezzi di informazione hanno cominciato a scavare a fondo in questo tragico sottobosco. Parecchi cittadini hanno reagito con stupore leggendo le statistiche, sia pur datate.

La testata “OneWorld” ha pubblicato un’approfondita analisi a riguardo sfatando il “mito” dei Paesi del Nord Europa esempio di tolleranza, liberalismo, parità di genere nell’ambito domestico (e del lavoro). «In realtà – ha dichiarato Renée Römkens, docente all’Università di Amsterdam – ci sono ancora uomini olandesi che non accettano che venga disattesa la loro aspettativa sul ruolo della moglie all’interno di una convivenza maschile spesso dominante, di controllo. Arrivando a levarle la libertà e persino la vita quando ritengono che non abbia saputo farne buon uso, trasgredendo le regole da lui prestabilite. Viene definita “toxic masculinity”, una mascolinità velenosa, tossica, che esalta la violenza, l’essere forti, rigidi, rigorosi. Dove non c’è spazio per le emozioni, ritenute indice di debolezza. Persino nell’uso dei termini nel nostro Paese c’è una grave errore di fondo: infatti per tali delitti si parla di dramma familiare, invece che di violenza familiare con conseguenze letali per la donna, che in questo modo diventa invisibile nella sua identità».

Anche Kirsten van den Hul, in passato delegata del Parlamento olandese presso le Nazioni Unite in difesa dei diritti della donne, ha subìto da giovane ripetute violenze da parte del suo (ex) partner.

«È assurdo che si continui a reputare il femminicidio come un retaggio di sottoculture lontane dalla nostra – ha detto. Invece esiste ovunque; anche fra le persone più colte. In Olanda le donne sono abituate a considerare la violenza all’interno della famiglia un incidente». «Soltanto dopo che sono accaduti in media 33 di questi “incidenti” – conclude Kirsten van den Hul –, si arriva a denunciare. Spesso troppo tardi, quando si è già innescato un clima di violenza inarrestabile, in cui le donne restano intrappolate. Mentre nelle nazioni circostanti le denunce sono salite del 30%, da noi non si fa prevenzione, la polizia è impegnata a combattere la criminalità organizzata e scarso è il supporto da parte dei mezzi di informazione. A differenza di Italia e Spagna dove il problema viene affrontato con particolare e grande attenzione, a tutti i livelli: sociale e mediatico».

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