domenica 10 febbraio 2019
L’amministratore apostolico dell’arcidiocesi della capitale: «Non si deve restare sordi alla voce di un popolo intero»
Il cardinale Porras (Venezuela)

Il cardinale Porras (Venezuela)

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«Il 23 gennaio è iniziato un “processo irreversibile” in Venezuela. Non c’è marcia indietro». Le difficoltà delle ultime settimane non hanno tolto il sorriso al cardinale Baltazar Porras. Eppure l’arcivescovo di Mérida e amministratore apostolico dell’arcidiocesi di Caracas non si ferma un minuto. Le sue giornate sono maratone di riunioni. La nazione è in fermento. Le marce in favore del presidente autoproclamato Juan Guaidó hanno visto la partecipazione di milioni di venezuelani. Inclusi gli abitanti dei barrios, le migliaia di baraccopoli in bilico sulle colline di Caracas e delle principali città. Un elemento quest’ultimo finora inedito. «Le manifestazioni hanno mostrato la ferma volontà di cambiamento dell’immensa maggioranza dei cittadini. Se la voce del popolo è la voce di Dio, come dice un celebre proverbio, non si deve restare sordi a tale voce», sottolinea l’arcivescovo.

Ha ragione Nicolás Maduro, dunque, la Chiesa sta con l’opposizione?

Il governo di Nicolás Maduro non è avvezzo ad assumere la responsabilità dei propri errori. Cerca sempre un capro espiatorio: la Chiesa, «l’impero », i «traditori interni». La protesta, però, non è parte di un «complotto». È il risultato di una gestione disastrosa. Dire questo vuol dire stare dalla parte dell’opposizione? Non credo. Significa stare dalla parte della gente, in particolare dei più poveri, i primi a soffrire le conseguenze dell’emergenza umanitaria in atto.

Papa Francesco ha più volte esortato al dialogo. E si è detto disponibile ad aiutare in caso entrambe le parti lo chiedano. Qualcuno vede tale in affermazione una bombola d’ossigeno per Maduro. Che cosa ne pensa?

Le parole di papa Francesco sono in piena sintonia con quanto affermato finora dalla Conferenza episcopale venezuelana. Di fronte a una crisi, la Chiesa vuole sempre il dialogo. Il problema è che tale termine ha assunto una connotazione negativa a Caracas. Poiché il governo di Miraflores ha sfruttato, negli anni, i successivi negoziati per guadagnare tempo e restare al potere. Il Santo Padre non ha rivolto un invito alle parti a presentare richiesta di mediazione alla Santa Sede. Ha, al contrario, precisato le condizioni per qualunque intervento vaticano. Al momento, data la comprensibile sfiducia nei confronti di chi è al potere, è difficile che l’opposizione accetti di avviare una trattativa. A meno che quest’ultima non abbia come fine l’avvio di una transizione, nel rispetto della Costituzione.

Che cosa pensa della lettera di Maduro al Papa?

Purtroppo, il desiderio di Nicolás Maduro di «dialogare» con Paesi stranieri o con il Vaticano è inversamente proporzionale alla volontà di conversare con le altre forze politiche e istituzioni nazionali.

Che cosa intende?

Maduro sa che i presupposti per portare avanti una trattativa credibile sono quelli indicati nella lettera di due anni fa del cardinale Pietro Parolin: apertura di canali umanitari, elezioni libere e trasparenti, riconoscimento dell’Assemblea nazionale, liberazione dei prigionieri politici. Il problema è non vuole accettarli.

Di fronte a tale intransigenza è possibile un conflitto armato?

Un’azione violenta è proprio ciò che la gente non vuole. L’unica guerra vinta è quella che non si fa: tutti ne siamo consapevoli. I conflitti lasciano ferite profonde nel corpo sociale e sono molto difficili da rimarginare. Il Venezuela non ha necessità di altro odio.

Che cosa chiederebbe a un eventuale nuovo governo?

Di essere inclusivo. Di dare voce a tutti i venezuelani qualunque sia la loro posizione politica. Altrimenti ripeterebbe lo stesso meccanismo di esclusione che ci ha portati nel baratro. In secondo luogo, gli domanderei di operare nella massima trasparenza per evitare la corruzione. E di farsi carico dell’emarginazione strutturale dei settori popolari. Questi ultimi non devono essere considerati solo «bisognosi » da aiutare, bensì protagonisti del proprio riscatto e di quello del Paese. Infine, a chiunque verrà, se e quando verrà, ricordo che la Chiesa non dà mai assegni in bianco. Saremo vigilanti e critici verso un nuovo governo per evitare distorsioni e abusi. Non si tratta di «cacciare Maduro» per tornare al passato. Il Venezuela merita di incamminarsi verso il futuro.

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