Vitalità e impegno, noi cristiani non siamo una "riserva indiana"
di Luca Rolandi
Il pluralismo è un fatto, conta la concretezza dell’azione in cui la centralità della persona, la sua dignità assoluta, la dimensione di unicità di ogni creatura siano il cuore della politica

Il discorso della premier Giorgia Meloni il 27 agosto al Meeting di Rimini ha riaperto il dibattito sul senso e il profilo dell'impegno dei cattolici in politica. Avvenire sta pubblicando gli interventi di diverse voci del cattolicesimo più sensibile alla presenza nella sfera pubblica.
Categorie divisive e tensioni storiche fanno smarrire il senso del servizio L’intervento della premier Meloni al Meeting di Rimini ha rianimato un dibattito sopito da tempo, ma in realtà sottotraccia presente da qualche tempo. Ripetutamente, a volte in modo scomposto come se i cattolici fossero una riserva indiana, riemerge il confronto e l’approfondimento sul tema. Bisognerebbe però indagare a fondo sulla lunga, travagliata ma anche luminosa storia del movimento cattolico in rapporto alla politica che affonda le sue radici nel XIX e XX secolo in Italia ma anche in Europa e in varie parti del mondo, confrontarlo con il magistero pontificio degli ultimi due secoli, o almeno da quello di Leone XIII, e infine fare un confronto puntuale e immersivo nella realtà sempre in evoluzione della dottrina sociale cristiana.
Non si tratta di un vezzo intellettuale o una ricerca per seminari di accademici ed esperti, ma di un salutare discernimento per comprendere l’oggi e il dialogo a distanza che in queste due settimane ha fatto emergere una vitalità che pareva sopita. I temi sono tanti, ne indicherei due in particolare. Il primo prende le mosse dalla età post-secolare, la diffusa indifferenza religiosa e l’allontanamento dalla pratica religiosa, che interroga più profondamente pastori e comunità sul destino del messaggio cristiano ancora prima che la sua esperienza storica nel mondo (sociale, politica, culturale ed economica). La seconda è a sessant’anni dal Concilio Vaticano II la ormai confermata e condivisa legittimità del pluralismo dei cattolici in politica. Sul tema della secolarizzazione oggi ci si muove in modo molto differente dal passato.
Esistono dati, fenomeni e realtà in Occidente come in Oriente, in ambito cristiano, dai quali emerge una inversione di tendenza, dovuta a molteplici fattori culturali e antropologici che inducono l’uomo contemporaneo a interrogarsi nuovamente sul senso dell’esistenza e della sua fine, decisamente inediti rispetto agli ultimi decenni. Sulla presenza dei cattolici in politica, nei partiti, nella dimensione pubblica ci sono novità importanti, sia pure nella loro realtà embrionale. In Italia certamente non aiuta la polarizzazione ferrea e la conseguente – spesso manichea – divisione tra destra e sinistra, concetti ben diversi e di difficile interpretazione rispetto alla classificazione novecentesca. In conseguenza di questa realtà meno ideologica e più pragmatica la presenza dei cattolici è destinata sempre di più ad articolarsi in una varietà di posizioni, culture e modalità di impegno, nessuna delle quali può vantare un’esclusiva o pretendersi rappresentante ufficiale o ufficiosa della Chiesa.
Questo punto di partenza non impedisce però che, rispetto allo stile dell’azione politica dei cattolici – lo richiamava già il padre gesuita Giacomo Costa alcuni anni fa – «si ripresenti una ennesima versione della tensione tra “presenza” o “testimonianza” da una parte e “mediazione” o “dialogo” dall’altra». Una tensione che ha attraversato la Chiesa italiana sin dal Vaticano II e che la fine della Dc, che svolgeva un lavoro di mediazione attraverso un partito identitario, ha acuito: oltre a essere uno degli elementi di contrapposizione tra gli schieramenti (cattolici conservatori e moderati da una parte, cattolici riformisti e democratici dall’altra), «attraversa» i cristiani di ogni parte politica», cattolici democratici, popolari, liberali, conservatori.
All’espressione “cattolico in politica” l’associazione di una aggettivazione plurale non è certo un tema inedito, ma quello che conta è la concretezza dell’azione politica in cui la centralità della persona, la sua dignità assoluta, la dimensione di unicità e irripetibilità di ogni creatura siano il cuore nella società complessa di uno o più programmi politici orientanti al “bene comune”. Alcuni anni fa un bel libro del giornalista Beppe Del Colle aveva un titolo significativo che potrebbe essere un programma per il futuro Cattolici dal potere al silenzio. Come hanno fatto l'Italia. E vorrebbero non disfarla. Era una critica profonda e un grido d’allarme perché prefigurava l’irrilevanza dei laici cattolici nella vita sociale e politica del Paese, ma lasciava intendere che nulla è perduto e la speranza del viandante sulle strade del mondo ha una forza che viene da dentro e dall’alto per servire il mondo e con esso camminare. Per renderlo più umano e di conseguenza cristiano.
*Comitato scientifico Fondazione Carlo Donat-Cattin ente del Polo del '900 Consigliere di amministrazione Fondazione Fuci
© RIPRODUZIONE RISERVATA






