Una valutazione dei rischi per bloccare l'invio di armi

La proposta alla Conferenza degli Stati Parti del Trattato «Att»
August 21, 2022
Una valutazione dei rischi per bloccare l'invio di armi
Inizia domani a Ginevra l’Ottava Conferenza degli Stati Parti del Trattato Att ( Arms Trade Treaty) che regola i trasferimenti internazionali di armi. Appuntamento rilevante, considerata la congiuntura di sicurezza, che non a caso vedrà l’intervento nella sessione di apertura della ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock (la Germania è presidente di turno della Conferenza) e di Peter Maurer, presidente del Comitato internazionale della Croce Rossa e Mezzaluna Rossa.
L’Att è un Trattato fortemente voluto dalla società civile internazionale riunita nella campagna Control Arms e ottenuto grazie a una forte pressione dal basso: nel 2014 diventato la prima norma internazionale sui trasferimenti di armi. Oggi fanno parte del Trattato, avendolo ratificato, ben 111 Paesi: tutti gli Stati europei, gran parte dell’America Latina, il blocco degli Stati africani occidentali, Australia, Nuova Zelanda, Giappone, Canada e dal luglio 2020 anche Cina. Purtroppo mancano dalla lista sia Usa (che con Obama hanno solo firmato il Trattato, mai ratificato dal Senato) sia Russia, cioè i due principali esportatori di armi del mondo, responsabili secondo i dati Sipri di quasi il 60% delle vendite dell’ultimo quinquennio.
Un punto che verrà sicuramente toccato a Ginevra è quello dei flussi di armi verso l’Ucraina perché i criteri dell’Att (come le Convenzioni del Diritto Umanitario) segnalano come problematico e sbagliato l’invio di armi in zona di conflitto. Al di là dell’eclatante caso ucraino, la questione del commercio di armi tocca tutti i conflitti, anche e soprattutto quelli ignorati dalla maggioranza dei media e della politica occidentale; i flussi di armi preparano le guerre: chiudere un occhio per troppo tempo porta all’esplosione di situazioni che poi diventano ingestibili. Per questo è fondamentale che gli Stati si ricordino che i trasferimenti di armi non possono essere considerati mero 'business'.
La Conferenza di quest’anno affronterà in particolare uno dei pericoli maggiormente segnalati, anche nel caso ucraino: la diversion (letteralmente dirottamento) delle armi rispetto ai percorsi autorizzati. Un evento che può avvenire in qualsiasi momento del ciclo di vita dell’arma e per cause logistiche, di furto, di corruzione. Il problema è che, una volta deviate dal loro «percorso autorizzato», le armi non scompaiono dalla scena ma finiscono ad armare movimenti terroristici, sostenere il crimine organizzato e possono facilitare violenze di ogni genere e senza confini. Non a caso la Campagna Control Arms continua a insistere sul concetto di «uso finale» delle armi: non basta solo considerare chi riceverà il materiale mi-litare, ma anche il previsto e concreto utilizzo dello stesso. Gli Stati aderenti al Trattato dovrebbero dunque considerare l’intero ciclo di vita delle armi e delle munizioni, soprattutto in situazione di conflitto. In che modo? Secondo i criteri Att tutti gli Stati devono condurre una valutazione del rischio prima di autorizzare o meno un trasferimento di armi.
L’invio di armi favorirà o minerà la pace e la sicurezza? Potrebbe essere usato per commettere o facilitare violazioni di diritti umani, atti di terrorismo, violenze di ogni genere? Se tali rischi risultassero troppo elevati, i Governi hanno l’obbligo di non autorizzare. È importante sottolineare la parola 'rischio', perché nelle regole condivise del Trattato è sufficiente solo quello e non serve una certezza incontrovertibile o che le violazioni siano già state commesse per bloccare una vendita di armi.
La 'valutazione preventiva del rischio' è la innovativa e positiva prospettiva scelta per favorire al massimo il vero obiettivo del percorso che ha portato al Trattato, cioè la protezione dei civili e delle comunità. Per questo è fondamentale un alto livello di trasparenza su autorizzazioni rilasciate e vendite effettuate. Anche in questo aspetto la società civile gioca un ruolo cruciale a livello sia internazionale (domani verrà diffusa la nuova edizione dell’Att Monitor) sia nazionale, diffondendo i dati sull’export militare italiano presenti nella Relazione al Parlamento prevista dalla Legge 185.
Coordinatore delle Campagne Rete Italiana Pace e Disarmo

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