L'IA passa il suo tempo con i videogiochi. Ed è più umana che mai
di Pietro Saccò
L’agente di DeepMind è diventato bravissimo. Ma gioca anche per imparare a “vivere”. E ci porta verso una “Intelligenza generale incarnata”

L’Intelligenza artificiale generativa è abbastanza giovane ma da lei ci aspettiamo già molto: contiamo che ci aiuterà a trovare la cura per le malattie che ci uccidono, speriamo che sappia liberarci una volta per tutte dalle attività che più ci annoiano (magari senza toglierci il lavoro), confidiamo che possa accompagnarci verso la soluzione dei grandi problemi del mondo, come la fame o il riscaldamento climatico. Molte di queste cose, in effetti, l’IA le sta già facendo o sta dimostrando di poterle fare.
Per questo l’ultima meraviglia di DeepMind, il laboratorio di ricerca sull’IA britannico di Alphabet (cioè Google), a prima vista potrebbe sembrarci un po’ deludente. Si chiama Sima 2, sigla che sta per Scalable Instructable Multiworld Agent, “agente multi-mondo scalabile e istruibile”, ed è bravissimo a giocare ai videogiochi. Spiegano da DeepMind che il vecchio Sima, introdotto l’anno scorso, era capace di entrare nel mondo del videogioco e rispondere a comandi semplici da parte di un essere umano: obbediva a ordini tipo «gira a destra», «sali la scala» o «apri la mappa», in seicento lingue. Sima 2 è decisamente qualcosa di più. Grazie all’utilizzo di Gemini, il sistema IA di Google, il nuovo Sima dispone di «potenti capacità di ragionamento che lo aiutano a comprendere l’obiettivo di alto livello dell’utente, a svolgere ragionamenti complessi per raggiungerlo e a eseguire abilmente azioni orientate allo scopo all’interno dei giochi». Concretamente, inserito in un videogioco Sima 2 si comporta come farebbe un personaggio comandato da un essere umano: ragiona sul da farsi, spiega quello che intende fare, descrive i passaggi necessari per raggiungere i suoi obiettivi. Interagire con un agente di questo tipo, spiegano da DeepMind, «è come collaborare con un compagno che ragiona sul compito da svolgere»
Ora: si possono avere idee diverse sui videogiochi e sul ruolo che possono avere nella vita di noi esseri umani, dai più giovani ai più anziani (Iidea, l’associazione nazionale del settore, stima che solo il 16% dei videogiocatori italiani sia minorenne, mentre l’età media è arrivata a 30 anni e continua a crescere). Tutti o quasi, però, possiamo concordare che la socialità che un videogioco rende possibile è qualcosa di positivo: condividere una partita a una console, magari trovandosi nello stesso spazio e non solo collegati a distanza, può essere divertente e rappresentare anche un rimedio alla solitudine, uno dei grandi mali dei nostri tempi. Se però un po’ alla volta l’IA si prende anche questo spazio, proponendosi come il compagno di giochi che ci capisce meglio di tutti e non ci delude mai (e sappiamo benissimo che saprà farlo), allora anche la socialità del videogiocare svanisce. E resta solo il trentenne videogiocatore medio attaccato al suo joypad, impegnato a completare missioni in mondi virtuali con l’aiuto di un agente di IA più umano che mai.
È piuttosto inquietante, sicuramente anche triste, ma può andare peggio. Perché Sima 2 non è lì solo per giocare con noi. Sappiamo tutti perché gli esseri umani – e in generale le specie intelligenti – giocano: per imparare, divertendosi, a essere pronti alle sfide della vita. L’agente multi-mondo di Google non è diverso: sta nei videogiochi per imparare a vivere. DeepMind lo dice chiaramente: Sima 2 è un «significativo passo avanti nella direzione dell’Intelligenza artificiale generale», un sistema capace di comprendere, imparare, ragionare, adattarsi e agire svolgendo compiti cognitivi proprio come farebbe un essere umano. Nei laboratori dell’azienda hanno visto che Sima, dopo avere partecipato a qualche partita con un compagno umano, capisce come funziona il videogioco ed è bravissimo ad andare avanti da solo. Di più: si porta dietro il suo bagaglio di conoscenze quando passa da un gioco all’altro. Tanto da far sperare agli scienziati di DeepMind che questo agente possa portarci verso “l’Intelligenza generale incarnata”: un’IA con un suo corpo, capace di interagire con il mondo reale ragionando sul da farsi. Proprio come un essere umano.
Se davvero ci arriveremo, a noi non resterà che sperare che questa incarnazione dell’IA si comporti bene: che sappia prendere decisioni per noi, non contro di noi. Nel frattempo potremo osservare Sima 2 mentre passa il tempo ai videogiochi, come faremmo con uno dei nostri figli: penseremo che è solo un gioco, ma ogni sua scelta imprevedibile aumenterà la nostra inquietudine, e basterebbe un suo scatto di rabbia (capitano anche quelli, quando si gioca) per farci venire un brivido di terrore.
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