La pace e e la comunità internazionale: perché serve ripartire dall'Europa
Davanti agli orrori di Gaza, dell’Ucraina e a tante violenze, invochiamo l’intervento degli organismi sovranazionali. Ma se la guerra oggi dilaga è anche perché l’intero ordine è sotto attacco

Davanti agli orrori di Gaza, al dramma dell’Ucraina e a tante violenze nel mondo invochiamo l’intervento della Comunità internazionale. Ma se la guerra oggi dilaga è anche perché l’intero ordine internazionale è sotto attacco. Viene messo in discussione il suo stesso fondamento: il principio di sovranità nazionale. Aggredendo l’Ucraina, Putin ha dichiarato apertamente che questa non ha alcun diritto all’indipendenza. A sua volta, il governo Netanyahu arriva fino alla pulizia etnica per impedire che i palestinesi abbiano un proprio Stato sovrano, oggi o in futuro. E ignorando la differenza tra aggressore e aggredito nel caso ucraino e minacciando lui stesso Canada e Danimarca, da cui vuole la Groenlandia, Trump ha mostrato verso il leader russo, oltre a simpatia, anche affinità di idee. Ma abbandonare il principio di sovranità nazionale significa di fatto colpire l’ordine internazionale nel suo insieme.
Il nesso fra questo principio e la pace non è scontato. Al servizio della politica di potenza, anzi, la sovranità nazionale ha provocato le tragedie della Prima e della Seconda Guerra mondiale. Ma proprio a causa di tali tragedie è stata poi “addomesticata”, imbrigliandola in una rete di istituzioni e di regole internazionali o attraverso una condivisione di sovranità in organismi sovranazionali come l’Unione Europea e come altri che l’hanno imitata, in Africa, Asia e America del Sud. In questa forma è diventata la base dell’ordine internazionale rappresentato dall’Onu, dal diritto internazionale e dalla cooperazione multilaterale. Ma oggi gruppi terroristici come Hamas agiscono nel disprezzo di ogni principio o regola. E, come si è detto, le politiche di Stati importanti come Russia, Israele e degli Stati Uniti finiscono per alimentare – in modi molto diversi – quello che il linguaggio politico-giuridico internazionale chiama “revisionismo”, contribuendo allo sgretolamento di tale ordine. Per quanto riguarda Trump, c’è da sperare toto corde che riesca ad ottenere la pace o una tregua in Ucraina e altrove. Ma oltre al fastidio per il vecchio ordine internazionale non sembra avere l’intenzione di costruirne uno nuovo (anche se cerca di tenere gli americani fuori dalle guerre). Il “revisionismo”, infatti, apre la strada alla legge del più forte e alla guerra di tutti contro tutti.
In questo quadro si è fatta molto difficile la situazione dell’Europa, la cui storia è profondamente legata all’idea di una Comunità internazionale che agisce con principi chiari. Proprio per aver sperimentato gli eccessi della sovranità nazionale, gli europei custodiscono più di altri la consapevolezza dei suoi pericoli e, insieme, della sua importanza. Non è vero, infatti, come sostengono i sovranisti, che l’Europa soffochi le sovranità dei suoi singoli Stati, di cui al contrario rappresenta oggi il più efficace baluardo in un mondo sconvolto. Ma ne propone una versione depurata dei suoi aspetti distruttivi e autodistruttivi. Cinquant’anni fa, alla Conferenza di Helsinki dell’agosto 1975, la posizione europea ha raggiunto un traguardo molto avanzato, proponendo l’immodificabilità dei confini e la loro relativizzazione. Non si devono più toccare i confini nazionali – anche i più assurdi – e quindi niente più guerre, per nessun motivo; al tempo stesso, però, attraverso una cooperazione sovranazionale sempre più stretta si devono correggere problemi, pericoli e ingiustizie che qualsiasi confine crea inevitabilmente. Massima difesa, insomma, della sovranità nazionale e, contemporaneamente, eliminazione dei suoi problemi e pericoli, superando anche molte contrapposizioni ideologiche sulla priorità della pace o della giustizia nella soluzione delle controversie internazionali.
Nella crisi attuale della Comunità internazionale si inserisce oggi l’iniziativa dei Volenterosi. Questo coordinamento informale include Paesi europei che non fanno parte dell’Ue (Gran Bretagna, Norvegia e Islanda) e Paesi non europei (Canada, Turchia, Australia, Giappone, Nuova Zelanda), mentre si sono autoesclusi Paesi Ue che non condividono la condanna dell’aggressione russa (Ungheria e Slovacchia) oltre alla neutralista Malta. Ma, promossa da Francia e Gran Bretagna, tale iniziativa ha un cuore europeo. Proprio nell’estate in cui sulla scena internazionale l’Europa è sembrata una semplice comparsa, i Volenterosi – tra cui l’Italia, che ha finito giustamente per accettare l’iniziativa – hanno battuto un colpo. Sette leader europei hanno posto a Trump un problema ineludibile: il futuro della sicurezza e della pace in Europa e, indirettamente, nel mondo. Macron ha aggiunto che nelle trattative sull’Ucraina occorre coinvolgere anche l’Europa e Merz che far tacere le armi è una priorità.
I leader europei sono riusciti così ad insinuare qualche dubbio in Trump. Ma mentre il faccia a faccia tra Zelensky e Putin sembra allontanarsi, il presidente americano continua a oscillare tra posizioni diverse. Dalle sue scelte sull’Ucraina dipende molto del futuro della Comunità internazionale e della pace del mondo. Anche all’Italia vengono chieste posizioni chiare: le parole di Salvini su Macron non sono solo una questione di buone maniere. È in gioco l’esistenza stessa di una Comunità internazionale faticosamente costruita nel corso del Novecento da quanti hanno creduto – come diceva insistentemente Paolo VI – che “la pace è possibile”.
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