La guerra, l'abisso vicino. E noi, nella nostra bolla

La sera io ci penso, all’ora di coricarmi. Questa casa, i figli, i nipoti gli amici, i gatti, la chiesa davanti, sarà tutto intatto domani? Il nostro mondo resterà uguale?
November 27, 2025
La guerra, l'abisso vicino. E noi, nella nostra bolla
L’omaggio alle vittime del massacro di Ternopil di metà novembre: i droni e i missili russi hanno ucciso 31 civili nei palazzi della città ucraina di 225mila abitanti / ANSA
L’ora di pranzo dalle parti del Politecnico Bovisa, a Milano. I bar pieni di studenti. Il chiasso lieto dei vent’anni, le risate, i capelli lunghi e lucenti delle ragazze. Tutto normale, e, a parte gli smartphone sempre accesi, niente di così diverso dai miei tempi. Discutono, ai tavoli, di esami, dell’Inter, di bitcoin, di vacanze di Natale. Di tutto, fuorché di quella guerra che continua, ogni notte, in Ucraina, Europa. Palazzi distrutti, nemici fucilati, morti.  A 2500 chilometri da qui. Ma non se ne sente parlare, nel locale stracolmo. Come avessimo attorno una bolla di cristallo. Il nostro mondo non vede l’”altro” mondo.
I genitori, probabilmente sono più avvertiti. Leggono, sentono i tg. Ma poi a tavola, la sera, silenzio, o i WhatsApp up sugli smartphone, i figli che digitano zitti e veloci.  O: “Che cosa mangiamo a Natale?”.
Se appena entri in un ipermercato, del resto, l’abbondanza ti stordisce. La guerra, la fame? Roba iperuranica. Sì, l’invasione dell’Ucraina è stata percepita dai padri come una cesura, come la fine degli ideali del ’45. E anche il secondo mandato a Trump, con i suoi ordini e contro-ordini, dazi e contro-dazi, e soprattutto con la presa di distanza dalla difesa dell’Europa, ci ha inquietato. Ma, alla fine, non cerchiamo di dirci che anche Trump passerà, e che col suo successore ritroveremo l’America di prima? Il grande scudo a difendere l’Occidente, come ai gloriosi tempi del D Day. Insomma tentiamo di raccontarci che forse questo non è proprio un “cambiamento d’epoca”, come diceva papa Francesco, ma solo una grande mareggiata: come quelle che a fine stagione ribaltano gli stabilimenti sulle spiagge. A giugno, però, sarà tutto come prima.
E dunque domenica si va al centro commerciale già splendente di luci e Babbi rampanti sulle vetrine - il vero tempio del giorno festivo. Si va a comprare le palle dell’albero. Sommersa anch’ io in questo inconscio “andrà tutto bene” - come gli arcobaleni alla finestre, ahimè, all’inizio del Covid - ho incrociato le secche parole dell’illustre storico irlandese Neill Ferguson in un’intervista al Corriere: "Il problema degli europei non è Trump, ma sono loro stessi. Vedo l’Europa in uno stato illusorio: spera segretamente che, una volta passato Trump, arriverà un presidente democratico che riporterà indietro l’orologio della Storia. Ma questo non accadrà”. 
Raccontarsi che siamo solo dentro a un brutto sogno. La tragedia ucraina, le fosse comuni di Bucha, l’assedio di Azovstal, i droni a falciare le trincee, faccende di galassie remote. Non incrinano il nostro impenetrabile iron dome. Tranne, a volte, certe uscite ineducate. Come quel ministro francese che brutalmente ha parlato di un giorno in cui dovremo "sacrificare i nostri ragazzi" su un fronte. Indicibile. La  frase ha talmente colpito, che quasi non c’è stata replica. Come avesse delirato un pazzo: inutile dargli retta. Allora, milioni di droni per difenderci? Difendersi  è legittimo. Doveroso, mentre Putin magnifica il suo missile Burevestnik, ”uccello delle tempeste”, a propulsione nucleare, gittata senza limiti. In dieci minuti sopra a qualsiasi città occidentale. Dieci minuti appena, per sfondare la nostra bolla di cristallo.
 La sera io ci penso, all’ora di coricarmi. Questa casa, i figli, i nipoti gli amici, i gatti, la chiesa davanti, sarà tutto intatto domani? Davvero, sfiorato l’abisso, il nostro mondo resterà uguale? Ma ne parlo solo con mio marito, a bassa voce – quando i figli con i bambini addormentati in braccio sono andati. “Di ciò che non si può parlare, occorre tacere”, disse Wittgenstein. Attuale. Come se, per poter vivere, oggi non potessimo più permetterci di pensare.

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