Insegniamo ai giovani a rifiutare ogni sopraffazione contro le donne
Solo diffondendo e testimoniando la cultura del rispetto possiamo prevenire le cause strutturali di un’emergenza largamente sottostimata

«L’inferno non è una vendetta o un castigo di Dio, siamo noi a crearci intorno l’inferno», diceva il Servo di Dio don Oreste Benzi che alla difesa e alla valorizzazione delle donne ha dedicato il suo infaticabile apostolato della carità. Sono in continua e tragica evoluzione le declinazioni della violenza di genere: fisica, psicologica, economica, digitale. Sempre più numerose sono le modalità e le forme dei soprusi ai danni delle nostre madri, sorelle, figlie ma univoco resta l’atroce risultato. E cioè il crimine e il peccato di minare la dignità, l’integrità mentale e fisica, persino la vita stessa di un numero incalcolabile di donne. Ognuno di noi, nel proprio ruolo e responsabilità, è chiamato a vigilare affinché il silenzio non divenga complicità. La violenza sulle donne fa sprofondare il senso di umanità in un’aberrante voragine in larga parte sommersa. Le denunce, infatti, riguardano solo una minima parte del fenomeno e non si può fermare la violenza di genere senza risolvere la crisi educativa. C’è una vera e propria formazione ai sentimenti che famiglia, scuola e società sono chiamate a trasferire alle nuove generazioni. E invece spesso si trascura l’importanza di insegnare ai nostri ragazzi ad accettare un no e a meritare l’amore senza lasciarsi traviare da una brutale mentalità di possesso. Leone XIV mette in guardia da relazioni infestate dalla volontà di dominare sull’altro. Un atteggiamento che spesso «sfocia nella violenza, come purtroppo dimostrano i numerosi casi di femminicidio», avverte il Papa, quindi «lo Spirito trasformi i pericoli più nascosti che inquinano le nostre relazioni, come i fraintendimenti, i pregiudizi, le strumentalizzazioni».
Intanto l’Onu ha classificato la violenza contro le donne come una delle più diffuse, persistenti e devastanti violazioni dei diritti umani al mondo. Un abominio su larga scala che «resta impunito a causa dell’omertà, della connivenza, della vergogna a cui frequentemente viene associate». Ecco il punto: il femminicidio è la tragica punta di un iceberg fatto di stalking, persecuzioni, corrosione dell’autostima fino ad annichilire l’esistenza della vittima. Oggi ricorre la Giornata internazionale istituita dalle Nazioni Uniti per condannare ogni atto di violenza basato sul genere che provochi «sofferenza, danni fisici o psicologici anche attraverso minacce, coercizione, arbitraria deprivazione della libertà». Fin dall’origine all’Associazione Comunità Giovanni XXIII ci prendiamo cura delle più indifese delle creature impegnandoci quotidianamente a consentire una seconda possibilità di vita a ragazze schiavizzate dalla tratta. Non dimenticarsi di loro è un imperativo individuale e collettivo tanto più adesso che la violenza contro le donne ha assunto le caratteristiche di una crisi globale, di una pandemia dell’anima. Ad aggravare il quadro sono i conflitti geopolitici, i disastri naturali dovuti al riscaldamento climatico, le guerre che distruggono il creato e le creature. Più del 70% delle donne, infatti, hanno subito violenza di genere in scenari di crisi. Senza eliminare le discriminazioni e garantire parità di diritti e di opportunità è impossibile raggiungere eguaglianza, sviluppo e pace. La sopraffazione, la prostituzione coatta, lo sfruttamento, scrisse Francesco, sono «ferite alla coscienza collettiva, deviazioni all’immaginario corrente». Ed è “patologica” la mentalità per cui una donna viene sfruttata come fosse una merce da usare e poi gettare. Si tratta di «una malattia dell’umanità, un modo sbagliato di pensare della società». Solo diffondendo e testimoniando la cultura del rispetto possiamo prevenire, infatti, le cause strutturali di un’emergenza largamente sottostimata. Le agenzie educative hanno la missione fondamentale di investire sui giovani per formarli all’eguaglianza e al rifiuto di ogni forma di sopraffazione. Come ha ricordato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, porre fine alla violenza contro le donne e riconoscerne la capacità di autodeterminazione sono questioni che interpellano la libertà di tutti.
© RIPRODUZIONE RISERVATA






