In memoria di Paola Clemente, morta di lavoro
La bracciante pugliese uccisa dal caldo e da orari disumani è diventata un simbolo. A lei si deve l'accelerazione sulla 199, che funziona. Ma perché è stata necessaria una vittima per fare una legge?

Memoria e giustizia. Dieci anni fa, il 13 luglio 2015, Paola Clemente, bracciante pugliese di 49 anni, madre di tre figli, moriva di sfruttamento e fatica. All’alba era uscita di casa a San Giorgio Jonico, nel Tarantino, per raggiungere Andria, oltre 100 chilometri di distanza, e lavorare all’acinellatura dell’uva – togliere a mano gli acini più piccoli – per 27 euro al giorno, meno di un terzo di quanto previsto dai contratti. Ma a casa non era tornata. Uccisa dal caldo e da orari disumani. Fino a 10 ore al giorno sempre con le braccia alzate. Morta di lavoro. Lavoro ingiusto. Per rendere più bella l’uva che arriva sulle nostre tavole. Ma con orari e sforzi insopportabili per il suo fisico. Caldo e fatica, senza tutele, senza diritti. Per pochi euro ma accettati perché necessari alla famiglia. Una morte diventata un simbolo. Risvegliò il Parlamento dove era “parcheggiata” da tempo la proposta di legge dei ministri Martina e Orlando (Agricoltura e Giustizia), che voleva contrastare più efficacemente sfruttamento e caporalato. Malgrado le resistenze di chi parlava di legge troppo dura, punitiva (ma quanto vale una vita persa sul lavoro?) alla fine la proposta il 29 ottobre 2016 diventò la legge 199 nota, appunto, come “legge anti-caporalato” che però è molto di più. Ci volle la morte di Paola per dare una “spinta” a deputati e senatori e indurli a votare. Uno strano destino che si ripete: serve sempre un dramma per svegliare la politica su problemi che vanno avanti da tanti anni. Grazie a Paola – troppo tardi per lei –, ora l’Italia ha un’ottima legge che dà a magistratura e forze dell’ordine strumenti più efficaci per indagare e individuare tutte le responsabilità dello sfruttamento.
Superando il comodo alibi che “è tutta colpa dei caporali”. Una legge che funziona. Prima della 199, erano una trentina le inchieste aperte per sfruttamento dei lavoratori. Da allora ne sono state aperte più di 1.200 da 86 Procure, al Nord come al Sud, perché la negazione dei diritti non ha confini. Ma funziona soprattutto la parte repressiva della norma mentre è ancora in gran parte inapplicata o applicata male la parte della prevenzione, quella che avrebbe salvato Paola. Troppa ancora l’illegalità e troppo pochi i controlli, malgrado le aziende trovate irregolari siano ancora tra il 50 e il 60%. Così sui campi si continua a morire, in modo drammatico come un anno fa il bracciante indiano Satnam Singh, in modo silenzioso, ignorato, come i braccianti morti di caldo e fatica in questa torrida estate.
E allora è importante fare memoria, ricordare Paola e le altre troppe vittime di un sistema economico illegale e disumano. Ed è dunque meritoria l’iniziativa della Flai Cgil e del Comune di Andria di realizzare sulla parete esterna degli uffici comunali un enorme murale dello street artist Jorit dedicato a Paola Clemente. L’opera ritrae il volto della lavoratrice agricola a fianco di una rappresentazione del Quarto Stato di Giuseppe Pellizza da Volpedo. Fare memoria per far funzionare sempre meglio norme, come la 199, che stanno finalmente colpendo la filiera dello sfruttamento. Tutelando le “vittime” e le aziende corrette. Respingendo al mittente le critiche di quelle forze politiche e imprenditoriali che parlano di “ostacoli all’economia”. Le inchieste in molte Regioni hanno fatto emergere un fenomeno criminale tutt’altro che marginale, vicende che coinvolgono grosse imprese. Non piccole mele marce. Fare memoria per chiedere giustizia. Per Paola che, malgrado l’impegno del marito Stefano Arcuri, non l’ha ancora avuta. Per tutti gli sfruttati, i senza diritti, italiani e immigrati. Perché sfruttamento e diritti non hanno colore se non quello dell’umanità.
Superando il comodo alibi che “è tutta colpa dei caporali”. Una legge che funziona. Prima della 199, erano una trentina le inchieste aperte per sfruttamento dei lavoratori. Da allora ne sono state aperte più di 1.200 da 86 Procure, al Nord come al Sud, perché la negazione dei diritti non ha confini. Ma funziona soprattutto la parte repressiva della norma mentre è ancora in gran parte inapplicata o applicata male la parte della prevenzione, quella che avrebbe salvato Paola. Troppa ancora l’illegalità e troppo pochi i controlli, malgrado le aziende trovate irregolari siano ancora tra il 50 e il 60%. Così sui campi si continua a morire, in modo drammatico come un anno fa il bracciante indiano Satnam Singh, in modo silenzioso, ignorato, come i braccianti morti di caldo e fatica in questa torrida estate.
E allora è importante fare memoria, ricordare Paola e le altre troppe vittime di un sistema economico illegale e disumano. Ed è dunque meritoria l’iniziativa della Flai Cgil e del Comune di Andria di realizzare sulla parete esterna degli uffici comunali un enorme murale dello street artist Jorit dedicato a Paola Clemente. L’opera ritrae il volto della lavoratrice agricola a fianco di una rappresentazione del Quarto Stato di Giuseppe Pellizza da Volpedo. Fare memoria per far funzionare sempre meglio norme, come la 199, che stanno finalmente colpendo la filiera dello sfruttamento. Tutelando le “vittime” e le aziende corrette. Respingendo al mittente le critiche di quelle forze politiche e imprenditoriali che parlano di “ostacoli all’economia”. Le inchieste in molte Regioni hanno fatto emergere un fenomeno criminale tutt’altro che marginale, vicende che coinvolgono grosse imprese. Non piccole mele marce. Fare memoria per chiedere giustizia. Per Paola che, malgrado l’impegno del marito Stefano Arcuri, non l’ha ancora avuta. Per tutti gli sfruttati, i senza diritti, italiani e immigrati. Perché sfruttamento e diritti non hanno colore se non quello dell’umanità.
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