Guardo quei video delle notti a Kiev, mi commuovo e prego
Sembra un sonno delle coscienze, impotenti o scoraggiate. O indifferenti. Eppure l’Italia è un paese che si dice ancora cristiano

A non guardarli, i video dalle notti di Kiev e dal fronte russo, si starebbe indubbiamente meglio. Fanno male, scatenano angoscia quelle immagini di lampi e di fuoco. Perché guardarli allora? Per una sorta di laico, prima ancora che cristiano, dovere di partecipazione alla sofferenza degli altri. Per un commuoversi, muoversi - con, che induca a pregare per degli sconosciuti. Per capire, anche, quanto fortunati siamo, noi, qui, in Italia. In un Paese in pace. E quindi anche ieri mattina ho cercato le notti ucraine sul web. Notte di fuoco su Kiev: un bombardamento inferocito, e il cielo purpureo del riverbero delle fiamme. Sembra, quel cielo, lo stesso colore del sangue. Ma la guerra ha anche una sua colonna sonora. Sono gli schianti aspri dei droni che infrangono le finestre delle case, e le sirene di allarmi antifurto che partono tutte insieme, in coro. È il fruscio metallico dei droni, uno sciabolare maligno sempre più forte, sempre più vicino. Mi immagino cosa sia sentirli arrivare, nelle case in cui dormono figli piccoli. Prenderli in braccio di corsa bisogna, e scappare. L’eco dei droni magari si allontana, ma poi ritorna: come soldati che non avessero terminato il lavoro. Tra uno schianto e l’altro, l’abbaiare dei cani, terrorizzati, povere bestie innocenti. E l’urlo delle sirene delle ambulanze e dei carri dei pompieri, che fende l’aria come una lama di angoscia. E pianti di bambini, e madri che nei rifugi cantano ninne nanne antiche.
Ma è dal fronte, che vengono le immagini peggiori. La Procura di Kharkiv ha aperto un’indagine preliminare per crimini di guerra dopo la diffusione da parte della 77esima Brigata Aeromobile ucraina di un video che mostra un drone FPV russo uccidere due civili disarmati e il loro cane nei pressi del villaggio di Kruhliakivka, il 3 novembre. L’ho visto quel video: un uomo carico di borse regge una bandiera bianca strappata e cammina su una sterrata, con il suo cane. Un piccolissimo drone lo insegue, lo mira, fa fuoco. L’uomo crolla a terra, il cane agonizza nelle convulsioni della morte. Da dietro arriva un vecchio. Guarda il morto a terra e si fa il segno della croce. Appena in tempo: un drone gli è già addosso.
E, la notte di fitta nebbia che ha permesso ai russi di entrare non visti a Pokrovsk ? Mi è sembrata di sentirla addosso quella nebbia fredda e penetrante, come nella nostra pianura padana; quando case, alberi, e ogni cosa scompaiono in un annichilito biancore. Intanto, non visti, i nemici arrivavano. Dicevo, si starebbe molto meglio a non guardare le immagini dall’Ucraina. E so che molti davanti alla tv cambiano canale. Ma resto convinta che il condividere e il commuoversi, e per noi credenti pregare, è un imperativo morale. C’è però un’altra domanda che mi faccio tra me: in due mesi ci sono state in Europa – Germania, Francia , Belgio, Norvegia e altrove – 25 allarmi per le presenza di droni su aeroporti e basi militari. In Italia, niente: e dunque non c’è un particolare allarme sui media, e fra noi. Mi chiedo quanto a lungo potremo illuderci che questa è una guerra degli altri, con cui noi non c’entriamo. La serenità con cui discutiamo di Sinner o della Nazionale di Gattuso, o degli sviluppi dell’indagine sull’omicidio di Garlasco, come fosse un film, mi inquieta. Sembra un sonno delle coscienze, impotenti o scoraggiate. O indifferenti. Eppure l’Italia è un paese che si dice ancora cristiano. Questa distrazione mi turba quasi quanto la guerra. Mi guardo intorno, e non so più chi siamo, e in che crediamo.
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