Fine vita e medicina palliativa: la vera rivoluzione della cura

Per intercettare il fenomeno della sofferenza umana c’è bisogno di un ripensamento profondo della medicina della palliazione, che non sia obbligatoria, ma richiesta
July 22, 2025
Fine vita e medicina palliativa: la vera rivoluzione della cura
Il tema delle cure palliative ha assunto grande rilevanza nel dibattito attuale, non solo in ambito sociosanitario, ma anche politico e bioetico. Di fatto oggi rappresenta uno dei nodi cruciali della recente proposta di legge sul Fine vita, una sorta di conditio sine qua non essenziale per accedere alla depenalizzazione del suicidio assistito. Il punto però non è rendere le cure palliative oggettivamente obbligatorie, ma piuttosto soggettivamente desiderabili. In questa prospettiva ci sono due aspetti interessanti: come garantire, proprio nello spirito della norma, cure palliative efficaci per tutti gli aventi diritto e come rendere attrattive le cure palliative, perché il paziente, una volta fattane esperienza, arrivi a desiderarle come un bene prezioso per sé. Nel primo caso la difficoltà si concentra sul piano della quantità: valutare quanti sono i potenziali destinatari di cure palliative e di quante risorse umane, economiche e organizzative ci sia bisogno; nel secondo caso le maggiori difficoltà si concentrano sul piano della qualità, e quindi soprattutto della formazione del personale impegnato nel campo della palliazione.
Quantità e qualità, su cui è fondamentale riflettere, perché potremmo illudere i pazienti promettendo cose che attualmente il SSN non è in grado di fare, offrendo un servizio che i pazienti potrebbero rifiutare, ritenendolo inadeguato, ben lontano dalla recente definizione Oms: «Le Cure palliative costituiscono l’assistenza (care) globale, attiva, di quei pazienti la cui malattia non risponda ai trattamenti curativi (cure). Obiettivo delle Cure Palliative è offrire la migliore qualità di vita ai pazienti e alle loro famiglie. Per questo è necessario affrontare il dolore con gli altri sintomi e le problematiche psicologiche, sociali e spirituali».
La medicina palliativa in questi anni ha fatto molti passi avanti, ma non è ancora chiaro quando il paziente vada inserito in questo nuovo modello di cura e di assistenza. In Italia un grande impulso alle Cure palliative è venuto dalla legge 38/2010: “Disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore”. Una legge che, pur essendo apprezzata nella sua impostazione complessiva, è ancora disattesa nella sua applicazione pratica. Disattesa non solo per mancanza di finanziamenti adeguati, ma anche per mancanza di adeguata formazione da parte degli operatori sanitari. Manca una vera cultura della palliazione, pur essendoci molti studi eccellenti sulla sua efficacia e sui risultati che consente di ottenere rispetto al benessere dei pazienti. Si parla delle cure palliative come della medicina specialistica dell’ultimo tratto di vita. I malati accedono ancora troppo tardi ai centri specialistici di cure palliative, si rivolgono agli Hospice quando ormai il paziente è fin troppo vicino al confine della vita. Non è affatto chiaro, spesso neppure ai medici di famiglia, quando è il momento di passare alle cure palliative. Si tende a rimandarne l’accesso, proprio perché finora l’accento è stato posto più sul fine vita che non sul benessere di cui un paziente può godere sul piano psicologico e sociale, affettivo e spirituale.
La medicina palliativa, nella percezione generale, è ancora la medicina dell’ultima fase della nostra vita, senza tener conto invece che è in grado di realizzare una vera e propria rivoluzione della cura. Lo ha ricordato recentemente Papa Leone XIV, in occasione della prossima giornata dei nonni e degli anziani. Una rivoluzione che spinge a parlare di un modello di palliazione simultanea, e non solo terminale. Investendo sulle cure palliative, si possono prevenire molte richieste di suicidio assistito e si riesce a combattere la più ancestrale delle paure: quella di morire da soli. La rivoluzione della cura offerta dalla medicina palliativa non sta nell’obbligatorietà delle cure palliative, ma nell’impegno a renderle così attrattive che ogni persona possa desiderarle e maturi il diritto ad ottenerle, secondo un modello di palliazione simultanea, e non solo terminale. Non più quindi, o almeno non solo, un’assistenza da offrire nella fase del fin di vita. Il paziente deve poter fare esperienza delle cure palliative prima di arrivare a considerare la sua vita priva di senso; può scoprire invece una nuova opportunità per riscoprire il senso e il valore della vita. La medicina palliativa è soprattutto scienza del presente, in cui si ricompone l’unità della persona considerata come un unicum.
C’è bisogno di un ripensamento profondo della medicina della palliazione, per intercettare il fenomeno della sofferenza umana a tutto tondo, e grazie a ciò elaborare proposte applicative adeguate anche sul piano normativo. È un’opportunità importante che consente di elaborare “dal di dentro” domande chiave sul senso della vita e sul significato del dolore. Si può accettare una vita con una autonomia tanto limitata? Si può desiderare di vivere anche in queste condizioni? La medicina palliativa, vera e propria rivoluzione della Cura, aiuta a scoprire che è possibile. Ecco perché, forse, non c’è bisogno di rendere obbligatorie le cure palliative, mentre è essenziale renderle fin dal primo momento attrattive e desiderabili. Serve un progetto “rivoluzionario”, che modifichi l’approccio con il malato, considerando le sue esigenze, anche sul piano familiare e spirituale. Un progetto da attivare il prima possibile, in modo simultaneo e contestuale rispetto anche ad altri tipi di trattamento ritenuti necessari o opportuni. Una rivoluzione.

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