Ecco come il carcere sa "Dare" al quartiere
Dopo aver toccato il fondo, Paolo è finito al carcere di Palermo. E lì è cominciata la risalita, con un percorso di formazione che l’ha reso protagonista della cooperativa di fra’ Mauro che ha ristrutturato il rione Danisinni

«Dare. Devo dare, perché molto ho tolto e molto ho ricevuto. Ho tolto a mia moglie e ai miei figli, ho tolto alla società, ho tolto a me stesso buttando via tanti anni della ma vita. Questo è il tempo della restituzione». Paolo ha cominciato presto, molto presto, a percorrere la strada del crimine. Complicato, molto complicato mantenere la sua giovanissima famiglia: dopo la fuitina era diventato padre a 16 anni, gli stessi di sua moglie, presto erano nati due figli e i soldi non bastavano mai. E allora comincia la carriera di malavitoso: il primo colpo in banca va a buon fine, poi il guadagno facile gli prende la mano e lui non si tira indietro. Rapine, furti, ricettazione, un cumulo di reati che gli regala 18 anni al carcere Pagliarelli di Palermo. Ed è proprio lì, dove ha toccato il fondo dell’abisso, che comincia la risalita: prende il diploma di scuola media, frequenta corsi di apicoltore e di giardiniere, gli educatori notano il suo cambiamento e scommettono su di lui. Alle spalle aveva solo lavori rigorosamente in nero come fattorino e muratore, è in carcere che prende la prima busta paga regolare come addetto alla tenuta agricola. Poi arriva la proposta di fare volontariato a Danisinni, un rione popolare confinante con il centro storico. È lì che lo incontro per ascoltare la sua storia, una storia che unisce la sua rigenerazione personale a quella di un quartiere “dimenticato” che oggi sta conoscendo una nuova stagione.
«Appena arrivato mi hanno affidato l’orto della fattoria comunitaria che stava nascendo su un terreno assegnato in comodato d’uso alla parrocchia di Sant’Agnese. Grazie alle competenze acquisite in carcere sapevo usare la motozappa e il trattore e avevo buone conoscenze agrarie, ma rimasi sorpreso nel vedermi proporre una responsabilità così grande. Non ci potevo credere, ma anche qui c’era qualcuno che stava scommettendo su di me». In breve tempo Paolo prende in mano i lavori di ristrutturazione di un ex garage di mille metri quadrati destinato a ospitare tante attività al servizio del quartiere: un poliambulatorio medico, un segretariato sociale, laboratori di pittura e di ceramica, una palestra popolare intitolata a don Puglisi e nata dal desiderio di offrire ai giovani un’alternativa alla strada. La gestione è affidata a una cooperativa che in un acronimo ne racchiude il senso: si chiama Dare (Danisinni, Arte, Rigenerazione, Ecosostenibilità), lui è tra i soci fondatori. «Dare è il nome della cooperativa, dare è diventato lo scopo della mia vita ed è anche lo spirito che anima le persone che si sono coinvolte in questa avventura: volontari, pensionati, giovani, professionisti che offrono tempo e competenze, un popolo che sta cambiando il volto del quartiere, grazie alla guida appassionata di una persona che ha ridato fiducia a questa gente». Paolo indica un frate cappuccino che viene verso di noi salutandoci con l’immancabile «pace e bene».
Fra’ Mauro Billetta è il parroco della piccola chiesa di Sant’Agnese, da sempre assegnata ai francescani. È arrivato a Danisinni nel 2013 insieme a due confratelli e a due suore, si è messo al servizio delle necessità (tante) della gente, attorno a lui in questi anni è cresciuta una comunità generatrice di una miriade di iniziative che stanno trasformando il rione: una fattoria didattica con tanti animali, un orto sociale, la biblioteca con il centro di aiuto allo studio, il Caffè letterario, il “Villaggio per crescere” dedicato alla prima infanzia, la sede della Caritas che insieme al Banco Alimentare sostiene le necessità di 500 famiglie, botteghe di artigianato, perfino un B&B per chi vuole fare “turismo esperienziale” immergendosi nella vita di questo quartiere che affonda le sue radici nell’epoca arabo-normanna. Dentro la fattoria si è insediato Chapitò Danisinni, un tendone da circo gestito da un collettivo di artisti che si sono coinvolti nel progetto di rigenerazione, dove propongono spettacoli e laboratori che attirano gente da tutta la città.
«Fino a pochi anni fa la maggior parte dei palermitani ignorava perfino l’esistenza di Danisinni – racconta fra’ Mauro –, ma oggi le cose stanno cambiando. Qui ci troviamo nel cuore della città: a poche centinaia di metri trovi la cattedrale e Palazzo dei Normanni, ma siamo un’enclave dentro un’area di depressione geofisica situata su un piano più basso rispetto alla città. È una realtà “invisibile”, trascurata da sempre dalle amministrazioni che si sono succedute, ma che ora ha acquisito visibilità fino a diventare luogo di passaggio per i turisti, inserito nell’itinerario dei luoghi palermitani segnalati dall’Unesco. Vedi quella scala là in fondo? Risale alla dominazione araba, è stata ristrutturata e ora è un punto di transito pedonale verso il Castello della Zisa, una delle mete più frequentate della città. Muri e terrazze delle abitazioni sono stati abbelliti dai murales di Igor Scalisi Palminteri, street artist di fama nazionale, c’è gente che viene fin qui per vederli. L’asilo nido - unico presidio sociale insieme alla parrocchia - rischiava la demolizione ma è stato sottratto al degrado diventando un centro educativo al servizio delle famiglie, nel giardino attiguo avevamo realizzato un biostagno facendo riemergere le acque del fiume Papireto che era stato interrato, poi vi sono state piantumate delle piante di papiro recuperando la memoria storica dell’area. Grazie alla riscoperta delle radici di questo luogo e alla nascita di iniziative sociali, artistiche e culturali che coinvolgono 200 volontari sta tornando la bellezza. E la bellezza è l’arma più potente per combattere la rassegnazione».
C’è chi ha creduto in questo esperimento di rigenerazione urbana e umana, come alcune fondazioni (Azimut e Peppino Vismara di Milano) che hanno messo a disposizione i finanziamenti necessari per avviare i progetti e garantire sostenibilità alla sfida in cui si è cimentata la comunità. E così negli anni ha preso forma quello che fra’ Mauro definisce “un villaggio circolare”, dove ognuno porta un contributo alla rinascita del quartiere: «Viviamo un’epoca di iperconnessione tecnologica, in cui si moltiplicano le solitudini esistenziali e i fenomeni di emarginazione. Qui coltiviamo la logica della fraternità evangelica che ho imparato da San Francesco, ognuno si sente responsabile del luogo in cui vive e anche gli esclusi trovano posto, come i 70 carcerati che vengono a fare volontariato in alternativa alla detenzione. C’è ancora tanta povertà, economica e educativa, ma la gente sta ritrovando fiducia e vive un forte senso comunitario che è un antidoto potente per combattere il degrado».
Pochi giorni fa Paolo ha fatto un altro “upgrade”: ha ottenuto l’affidamento, dopo 18 anni di notti passate in carcere può tornare a dormire a casa sua, è un ulteriore passo avanti verso il “fine pena” che dovrebbe arrivare tra due anni. Pur non essendo originario del quartiere, si considera figlio di questa comunità dove la sua esistenza è ripartita. Oggi è responsabile della squadra di manutentori che stanno ultimando i locali dove verranno ospitate le attività in gestazione, il figlio Michele ha imparato il mestiere affiancando il padre in cantiere, ora è presidente della cooperativa Dare. «Anche questa è una scommessa vinta: Michele non ha guardato il mio passato, mi ha seguito sulla strada buona che sto percorrendo». Sulla “strada buona” Paolo ha incontrato persone che hanno creduto in lui, anzitutto gli educatori del carcere e fra’ Mauro, «un testimone del Vangelo che mi ha contagiato con la sua fede semplice e incarnata». E ha incontrato anche chi l’aveva guardato con scetticismo: come Salvo, un carabiniere in pensione, volontario “storico” del quartiere. «Quando te ne andrai da qui, scommetto che tornerai a fare la vita di prima», aveva profetizzato il giorno del suo arrivo. Otto anni dopo, Paolo non se n’è andato, Danisinni è diventata la sua seconda casa e Salvo il suo migliore amico. Un’altra scommessa vinta.


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