Come costruire sulle rovine dell’odio: la "Dilexit nos"

L'anniversario dell'Enciclica di papa Francesco ci sproni a “riparare” il male del mondo costruendo sulle rovine dell’odio e della violenza. Non un gesto devozionale ma un percorso concreto di perdono, assunzione di colpa e ricostruzione comunitaria
November 7, 2025
Come costruire sulle rovine dell’odio: la "Dilexit nos"
L'enciclica di papa Francesco "Dilexit nos"
«Va e ripara la mia casa»: queste parole rivolte dal Signore a Francesco d’Assisi, sono subito tornate alle orecchie del cuore quando per la prima volta ho letto l’enciclica “Dilexit nos” e sono arrivato all’ultimo capitolo, dove papa Francesco parla della riparazione e la interpreta sinteticamente come un «costruire sulle rovine». E anche in questi giorni, mentre ricordiamo il primo anniversario della sua pubblicazione, gli occhi e l’anima desideravano rileggere quelle pagine. Un altro ricordo, nel frattempo, è salito al cuore, stavolta dall’infanzia: quando facevamo qualche danno, qualche “cattiveria”, subito venivamo invitati a riparare, per quanto possibile, e a riparare con il bene il male fatto. C’era anche qualche proverbio dialettale che andava in questa direzione, oltre le parole di Paolo (Rm 12,21). La riparazione è forse tra le urgenze dell’ora presente? E dove fondarla o rifondarla sempre più evangelicamente? E’ necessario ritornare al Cuore di Cristo, scrive Francesco, per poter “costruire” la civiltà dell’amore sulle rovine accumulate dall’odio e dalla violenza.
Questa parte dell’Enciclica è considerata la più innovatrice e coraggiosa e andrà riletta con attenzione: Francesco sdogana, riprende e rilancia un aspetto importante, ma controverso, della spiritualità del Cuore di Cristo, quello, appunto, della riparazione. Intanto, per paradosso, mentre il mondo laico ne riscopre significato e necessità – vedi le istanze e i percorsi di giustizia riparativa – noi lasciamo che questa pratica ristagni nelle muffe di sagrestia, o in un intimismo spiritualista, oppure venga ridicolizzata e banalizzata, trascurando la sua portata sociale e politica, oltre che personale e spirituale. Non potrebbe, invece, costituire una delle priorità per rispondere ai segni dei tempi? Riparare, costruire sulle rovine, sono anche una vera e propria sfida educativa che coinvolge tutti: genitori, educatori, insegnanti, catechisti, preti, consacrati, responsabili della cosa pubblica, uomini e donne di buona volontà, con o senza fede religiosa. E coinvolge anche chi ha creato macerie in sé o attorno a sé. Rovine da riparare o su cui ricostruire ce ne sono tante e, prevedibilmente, ce ne saranno ancor più se non si mette argine all’imbarbarimento crescente. Intanto, non prendersi cura di ciò che è disastrato, offeso, ferito o indebolito mette in gioco non solo il grado di civiltà di una società, ma il valore stesso che attribuiamo alla vita e di conseguenza il diritto a immaginare un futuro migliore. Certo, una riparazione credibile parte dall’assunzione di responsabilità, dalle scuse e dal perdono umilmente chiesto e non preteso, da uno sguardo onesto sui danni provocati dalla nostra indifferenza, quando non direttamente da noi stessi.
«La riparazione – scrive papa Francesco – per essere cristiana, ...presuppone due atteggiamenti impegnativi: riconoscersi colpevole e chiedere perdono». E se il desiderio di riparare è sincero, c’è più speranza che anche il danneggiato si sentirà motivato a partecipare alla ricostruzione e magari si ridurranno i tempi della guarigione. E di questo beneficerà l’intero corpo individuale o sociale. L’anniversario dell’Enciclica ci sproni a «riparare come il Cuore di Cristo si aspetta da noi», non riducendoci a compiere un insieme di opere esteriori «che pure sono indispensabili e talvolta ammirevoli». La riparazione in senso evangelico, infatti, «esige una spiritualità, un’anima, un senso che le conferiscano forza, slancio e creatività instancabile. Ha bisogno della vita, del fuoco e della luce che vengono dal Cuore di Cristo» (DN184) per poter affrontare con pazienza, fiducia e perserveranza un’opera lunga, difficile, complessa, che coinvolgerà intere generazioni. Ma proprio «… in mezzo al disastro lasciato dal male, il Cuore di Cristo ha voluto avere bisogno della nostra collaborazione per ricostruire il bene e la bellezza». Offriamola con amore e con passione.
Sacerdote, psicologo-psicoterapeuta

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