Ci sono disabili che non corrono
e genitori che piangono

Il dramma di mamma Lucia, che non ha retto alla sua disperata solitudine, e della figlia Giuseppina chiede molto rispetto. Noi genitori di ragazzi con disabilità troppo spesso siamo soli
December 9, 2025
Ci sono disabili che non corrono
e genitori che piangono
Disabili che fanno sport, che gareggiano, che fanno teatro, che recitano, che cantano, che preparano pizze e che servono a tavola, disabili che raccontano e si raccontano. Nei giorni scorsi, in occasione della Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità, i giornali si sono riempiti di queste storie. Giusto ma non sufficiente. Ci ho riflettuto partecipando alla cena/raccolta fondi del Chicco, la comunità che segue mio figlio Edoardo, Dodò, disabile grave. Dodò non fa sport, non canta né recita, non serve a tavola. Non è capace. Altro che diversamente abile! E come lui, e peggio, tanti “amici” ospiti del Chicco. Tutti a tavola coi genitori e gli operatori. Corpi storti e contorti, cervelli scombinati, movimenti senza controllo, versi e urla, pannoloni. Disabili, eccome se lo sono!, ma dei quali non si parla mai, mediaticamente poco spendibili. Eppure anche loro sono persone che provano sentimenti, sorridono, amano. Così come i loro genitori. Ma non fanno “spettacolo” e dunque meglio ignorarli. Forse per mettere l’anima in pace. Ma poi la realtà, la durissima realtà, obbliga i giornali a parlarne, a scrivere dell’ennesimo dramma che sconvolge una famiglia a Corleone: la decisione di mamma Lucia, 78 anni, di togliere la vita alla figlia Giuseppina, 47 anni, autistica e con crescenti problemi di movimento, e poi di toglierla a sé stessa. «Scusatemi, ma non ce la faccio più. Chiedo perdono a tutti», ha lasciato scritto. Parole che abbiamo letto tante volte, troppe volte.
Nel 2008, in occasione dell’ennesimo dramma di un padre che aveva ucciso il figlio autistico, raccontando poi della condizione di solitudine in cui vivevano, l’allora direttore Dino Boffo mi convinse a scrivere l’editoriale di prima pagina che venne intitolato «Quella disperata solitudine». Mamma Lucia non ha retto la sua «disperata solitudine», soprattutto dopo la morte otto mesi fa di papà Salvatore che si era caricato per anni della vita della figlia. Solitamente è il contrario e a crollare sono i papà, mentre le mamme tirano fuori energie straordinarie. Ma su mamma Lucia deve aver influito anche la sua età, quell’avvicinarsi all’incancellabile “dopo di noi” che non abbandona mai la mente di noi genitori di disabili. Giuseppina, abbiamo letto, era seguita dai servizi sociali, non era, dunque, sola. Così come mamma Lucia. Almeno fisicamente. Ma non è bastato, come ha ben sottolineato un vicino di casa: «La verità è che un tempo, soprattutto in paese, si era tutti uniti, come una famiglia. Ora, invece, ognuno è chiuso dentro casa sua. Con le sue paure, le sue ansie. E anche il vicino di casa è diventato un estraneo». È stata fatta una legge sul “dopo di noi” che però è in larga parte inattuata e comunque insufficiente. Ne servirebbe una sul “durante noi”, sulla vita quotidianamente faticosa e nascosta di tante famiglie. Si parla tanto dei “caregiver”, parliamo di più di mamme e papà, non limitiamo gli interventi a quelli economici, comunque insufficienti e addirittura offensivi. Non è qualche euro in più che può evitare i drammi come quello di mamma Lucia e della figlia Giuseppina. Rileggo le parole che scrissi 17 anni fa che confermano quanto quasi nulla sia cambiato: «Non vogliamo compassione (nessuno provi a chiamare “poveri figli” i “nostri” figli!) ma vicinanza. Non nei momenti di crisi ma nella nostra a-normale vita quotidiana. Proprio per evitare quei momenti di crisi, per evitare che sfocino in dramma. Per sorridere, gioire e piangere insieme. Sì, anche piangere. Ma insieme». Non sappiamo quante volte mamma Lucia avrà pensato a quell’insieme che ormai vedeva solo in lei e Giuseppina. So bene, perché è anche la mia vita, che abbracciata alla figlia avrà pensato a quando era la sua “piccola”, alle speranze di una vita non sempre in salita. Ma la vita si è invece fatta sempre più ardua e con un domani che fa paura per la sua piccola non più piccola ma eternamente piccola. E allora quell’abbraccio questa volta non lo ha volute sciogliere. Per sempre insieme. Di nuovo con papà Salvatore. Sicuramente nell’abbraccio di Dio Padre. Ciao mamma Lucia, ciao Giuseppina. Vi vogliamo tanto tanto bene.

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