C’è una Porta Santa anche per l’Intelligenza Artificiale

Gli algoritmi e i paradigmi della Digital Age possono dar corpo al tramonto dell’Occidente, col prevalere dei dati sulla ricerca di senso. Ma la speranza cristiana e il Giubileo ora interrogano l'IA
September 7, 2025
C’è una Porta Santa anche per l’Intelligenza Artificiale
Il data center di Deutsche Telekom, in Germania
In questi mesi sono a Seattle, affacciato sul Pacifico del nord-ovest, con l’idea di essere alla fine del famigerato Oregon Trail, la via principale di oltre 3.200 km attraverso la quale più di 400.000 pionieri, agricoltori, minatori e famiglie si sono spostati verso l’Ovest nella seconda metà dell’Ottocento, affrontando numerose difficoltà e cambiando profondamente la storia degli Stati Uniti. Queste rotte di migrazioni hanno contribuito alla creazione del Far West, mitizzato dalla letteratura, dal cinema e dalla cultura popolare, dando origine al genere “western”, affollato di cowboy, banditi, sceriffi e indiani.
Tuttavia, questo punto estremo d’Occidente, da europeo, per me non è solo terra di sogni e miti di frontiera ma anche simbolo radicale dell’interpretazione di Occidente di Martin Heidegger. Per il filosofo tedesco, l’utilizzo dei termini relativi all’Occidente riveste un significato filosofico profondo che va ben oltre la semplice designazione geografica. Heidegger sviluppa una riflessione etimologica intepretandolo come Abendland (letteralmente “terra della sera”) per fondare la sua diagnosi del destino storico della civiltà occidentale. Questa è una parola composta tedesca che unisce Abend (sera, tramonto) e Land (terra, paese) e per Heidegger specifica il destino occidentale: un termine che evoca immediatamente l’immagine del tramonto del sole, suggerendo una civiltà che si trova nella sua fase crepuscolare.
Per Heidegger, questa non è una metafora poetica ma una diagnosi ontologica: l’Occidente come Abendland è la civiltà del tramonto, del declino, della fine di un’epoca dell’essere. Nell’analisi derridiana del pensiero heideggeriano, emerge come Heidegger sviluppi una complessa semantica del ritorno (Heimkehr) che collega tre concetti fondamentali: la patria (Heimat), il Paese (Land) e l’Occidente (Abendland): questa triade concettuale rivela come per Heidegger il destino dell’Occidente sia intrinsecamente legato alla questione del radicamento e dello sradicamento.
Allora si potrebbe pensare che il Pacifico del nord-ovest sia non semplicemente lo svelamento di un territorio geografico ma uno spazio originario di appartenenza: questa Abendland – in senso heideggeriano – non si riferisce solo a un luogo come l’Europa o gli Usa frutto della migrazione, ma a una modalità specifica di abitare che caratterizza la civiltà occidentale. Inoltre, questi sono anche i luoghi del digitale, dove le grandi compagnie dell’IT (Information Technology) stanno cambiando il volto della nostra contemporaneità.
L’Abendland di Heidegger allora diventa anche una buona metafora del digitale: uno spazio di apertura e indeterminazione, dove non esistono veri fondamenti ma solo flussi di dati e possibilità. L’Intelligenza artificiale (IA) e il digitale sono tecniche che manifestano questo essere come radura: rendono visibili molteplici enti, ma rischiano di occultare il senso originario dell’esistenza, proprio come l’abisso dell’Abendland.
Tuttavia, questa lettura ignora una dimensione radicale che ci dona la fede: la speranza, la virtù teologale attraverso cui i credenti sono certi della realizzazione di ciò che Dio ha promesso. La speranza protegge dallo scoraggiamento, e non è mai fuga dal mondo ma impegno incarnato e perseverante nel bene. Questo ci permette, per parafrasare le parole di una canzone di Franco Battiato, di vedere l’alba dentro l’imbrunire, anche nel digitale e nelle IA. Qui si possono scorgere forme autentiche di speranza per l’essere umano, soprattutto se la tecnologia viene indirizzata dal principio dell’etica e dalla centralità della persona.
La speranza, in ottica cristiana e umanista, risiede nel vedere il digitale non come semplice progresso tecnologico ma come occasione di essere protagonisti e non spettatori del proprio tempo. L’IA può essere strumento per promuovere il bene comune, la dignità e l’inclusione. La sfida è educare le nuove generazioni a un uso critico e consapevole della tecnologia, coltivando relazioni autentiche oltre lo schermo.
Una speranza robusta nasce dall’adozione di princìpi come equità, trasparenza, responsabilità, inclusione e sostenibilità come quelli contenuti nella “Rome Call for AI Ethics” e riassunti nel termine “algoretica”. Questi valori orientano lo sviluppo dell’IA affinché sia uno strumento di emancipazione e non di alienazione. Un approccio etico all’IA rafforza fiducia e accettazione sociale, facilitando una crescita sostenibile e a misura d’uomo.
La speranza non si esaurisce nel facile ottimismo, ma si incarna nell’impegno concreto: lottare per una digitalizzazione che non lasci indietro nessuno, riappropriarsi del tempo, promuovere la creatività umana e il dialogo. Papa Francesco ha richiamato a una «sapienza del cuore», affinché si progredisca senza rinunciare all’orizzonte antropologico, all’etica della prossimità e alla custodia del futuro.
In uno stile pienamente giubilare questa dimensione concreta della speranza deve farsi carico di come il consumo energetico dei grandi data center stia minacciando il contratto sociale tradizionale perché produce una distribuzione diseguale delle risorse essenziali – energia, acqua, telecomunicazioni – favorendo pochi grandi attori e lasciando le comunità vulnerabili a costi e rischi crescenti. Disegnare un nuovo patto sociale nella stagione del digitale significa ridefinire i rapporti tra imprese, cittadini e istituzioni affinché il benessere generato dall’innovazione sia condiviso in modo equo, sostenibile e trasparente.
Allo stato attuale (e dopo i recenti annunci dei grandi hyperscaler la questione è destinata a cambiare in maniera significativa) i data center rappresentano oltre l’1% del consumo globale di energia elettrica, con una richiesta crescente dovuta a cloud computing e all’ IA. L’approvvigionamento energetico, idrico e infrastrutturale di queste strutture spesso comporta investimenti smisurati in nuovi impianti, i cui costi gravano sui cittadini attraverso bollette maggiorate e servizi sovraccarichi. Le grandi imprese tecnologiche negoziano tariffe agevolate e contratti dedicati, mentre le comunità locali pagano indirettamente per l’espansione delle infrastrutture e subiscono potenziali danni ambientali e sociali.
Il contratto sociale implicito – progresso tecnico in cambio di benessere diffuso – si è incrinato: la ricchezza derivata dall’IA e dai dati si concentra in poche mani, lasciando milioni di lavoratori con una utilità economica ridotta, e l’espansione incontrollata dei data center accentua le disuguaglianze, alienando la cittadinanza dai processi decisionali infrastrutturali e accentuando il digital divide in termini di competenze e accesso.
Il Giubileo, focalizzandoci sulla speranza, diviene occasione preziosa per ripensare la distribuzione dei vantaggi economici e delle opportunità attraverso nuove regole, trasparenza nei meccanismi tariffari e partecipazione degli stakeholder. Le politiche devono prevedere che i grandi utilizzatori – come i data center – contribuiscano equamente ai costi di infrastrutture energetiche e digitali, proteggendo le comunità da rischi ambientali ed economici. Questo nuovo patto sociale deve essere democratico, prevedere l’inclusione digitale, la sostenibilità ambientale e la creazione di valore condiviso per garantire stabilità sociale nell’era della tecnologia avanzata. Abbiamo bisogno di maggiore equità nella distribuzione dei costi e dei benefici, con attenzione ai soggetti deboli e di investimenti vincolati a criteri di sostenibilità e trasparenza.
Tutto questo necessita della partecipazione dei cittadini nelle scelte sulle infrastrutture digitali e nella gestione del proprio ambiente digitale e dello sviluppo di comunità digitali solidali ed ecologicamente integrate, in cui l’infrastruttura è progettata per mitigare le disuguaglianze e garantire accesso universale.
Un nuovo patto sociale non è solo uno slogan: è condizione necessaria per evitare una crisi sistemica prodotta da una distribuzione squilibrata delle risorse nella stagione della Digital Age. La speranza nel digitale e nell’IA nasce allora dalla capacità umana di orientare l’innovazione verso valori condivisi, riconoscendo la tecnologia come strumento, mai fine, e affidando in ogni epoca al discernimento etico la custodia della dignità umana: questo è uno dei pellegrinaggi giubilari da compiere per portare una luce per l’umanità e non essere vittime di etimi di disperazione.

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