A proposito di Milano, casa e consenso: il messaggio per la politica

Intorno alle politiche abitative si sviluppa il rapporto-chiave tra eletto ed elettore, che ha potenzialità e lati oscuri. Dall'Imu al superbonus, tante le scelte ad effetto "usate" per catt
July 16, 2025
A proposito di Milano, casa e consenso: il messaggio per la politica
ImagoEconomica | undefined
Per volumi di business e per storica incidenza dei procedimenti giudiziari sulla politica nazionale, ciò che evoca Milano non può essere paragonato a quanto accade ogni giorno nei piccoli e grandi centri del Sud, del Centro e del Nord Italia. Eppure, al netto del principio di garantismo dettato dalla Costituzione, dall’inchiesta della procura ambrosiana si dipanano almeno due fili rossi che collegano la capitale economica d’Italia con il sistema-Paese nelle sue articolazioni più profonde e periferiche.
Il primo filo rosso ha a che fare con le dinamiche “macro” del Paese. L’atavica incapacità di innovazione industriale, di orientare capitali, investimenti e risorse umane verso frontiere economiche protese verso il futuro, continua a rendere l’edilizia, il mattone, il cemento, il fulcro dello “sviluppo” nazionale. A Milano la (presunta) speculazione riguarda grattacieli ed edifici avveniristici, nei Comuni del napoletano o del crotonese e del pontino la battaglia è sui metri cubi di una sopraelevazione, sui vani che si possono “recuperare” aumma aumma da una “demolizione e ricostruzione”, da una miracolosa conversione di un terreno da agricolo a edificabile. E la politica c’entra. Soprattutto quella locale. Con la crisi dei partiti, la dissoluzione delle filiere istituzionali, il sostanziale indebolimento delle autonomie locali rispetto alle politiche industriali, dei servizi e commerciali, l’edilizia resta l’unico settore economico fisicamente prossimo all’ente locale, al sindaco, all’assessore, e su cui l’amministrazione comunale mantiene ampi (e spesso discrezionali) poteri regolatori.
Ne conseguono – senza generalizzare – gli scempi ambientali, le infiltrazioni mafiose, le corruttele, le pratiche clientelari. La politica nazionale, ovviamente, non è aliena dal mattone-centrismo. Basti pensare a quanto accaduto con il Superbonus 110%: in tempo pandemico, è risultato “naturale” re-stimolare il Pil non attraverso innovazione e welfare-economy, ma più comodamente attraverso tonnellate e tonnellate di calcestruzzo. Persino quando si sono evidenziati buchi di bilancio ci sono state ritrosie, da parte di più governi, e di diverso colore politico, nel fermare il maxi-incentivo. L’altro filo rosso che da Milano arriva al Paese profondo (e viceversa) è culturale, e riguarda i cittadini, le famiglie, i lavoratori. In un Paese a educazione finanziaria zero, ad autoimprenditorialità minima, strutturato sul binomio rendita-risparmio, la casa, la “roba”, è una doppia ossessione: bene rifugio insostituibile per i ceti medi e medio-alti e per le generazioni adulte che possono entrare in una banca con relativa serenità, chimera per i ceti più deboli, per chi entra nel mondo del lavoro, per le giovani coppie. Detto senza fanatismi, e naturalmente senza negare le esigenze e i diritti materiali della persona, e tantomeno senza voler/poter minimamente giudicare dove ciascuno intenda mettere i propri soldi, nulla riesce a sostituire la casa nel cuore e nella testa degli italiani. È storia: sull’Imu si sono vinte elezioni. Il risultato però è che speculazione e desiderio si reggono l’uno con l’altro, e la politica fa il matching fra domanda e offerta privata, trascurando spesso e volentieri il dovere pubblico di procurare una dimora dignitosa anche a chi non ha le risorse economiche. I due fili che da Milano interpellano ogni angolo del Belpaese svelano, in buona sostanza, un’Italia vecchia, stantìa, che fa affari nelle poche residue comfort zone protette da una politica che a ogni livello, ci siano o meno profili penali, ha rinunciato completamente a coltivare visioni economiche alternative, lungimiranti, europee e persino “pedagogiche”.

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