domenica 18 aprile 2021
Appelli del settore (90mila aziende con un fatturato crollato dellʼ85%) sostenuti da migliaia di ragazze e ragazzi sui social. «Vogliamo una data certa». Il 26 aprile protesta davanti a Montecitorio
Promesse spose protestano davanti al Castello Sforzesco di Milano

Promesse spose protestano davanti al Castello Sforzesco di Milano - Foto fornita da Insieme per il wedding

COMMENTA E CONDIVIDI

Tutto il mondo del wedding, più una ventina di coppie che dovranno sposarsi nei prossimi mesi – una in rappresentanza di ogni regione – sarà presente a Roma, lunedì 26 aprile, in piazza Montecitorio, dalle 12 alle 14, per una protesta «in cui rappresenteremo il dolore del nostro comparto e degli sposi che non attendono da troppo tempo di coronare il loro sogno d’amore», come racconta Stefania Vismara, responsabile di "Insieme per il wedding", l’associazione che raggruppa le varie realtà che si occupano di matrimoni e dintorni. «Purtroppo non potremo essere più 100-150 persone e quindi siamo stati costretti a scegliere una sola coppia di promessi sposi in rappresentanza di ogni regione. Non avremmo avuto difficoltà a portare a Roma migliaia di ragazzi».

Da una parte ci sono le statistiche, dall’altra la vita reale. I numeri fotografano la situazione in modo fedele ma asettico, non la spiegano, non rivelano cosa ci sia dietro le lunghe file di tabelle e di grafici. Le sorprese, anche belle, sono sempre possibili. Vale per tanti argomenti. Vale forse, soprattutto, per il matrimonio. Dietro i numeri, per fortuna, c’è molto altro. Abbiamo raccontato più volte, anche su queste colonne, il disastro innescato dal Covid su una situazione già penosamente segnata. Le stime del 2020 - i numeri reali arriveranno tra qualche settimana - parlano di un crollo dell’80 per cento. Ma anche il quadro del 2019, quando ancora non si parlava di pandemia, era stato pessimo. Solo 184.088 matrimoni, con un arretramento del 6% rispetto al 2018, che vuol dire 11.690 nozze in meno. Inevitabile? Scorrendo le ricerche più serie sull’argomento sembrerebbe di sì. Il Rapporto Cisf 2020 tratteggia una società sempre meno 'familiare' e una ricerca diffusa poche settimane fa, realizzata dallo stesso Istituto insieme a Toniolo e Centro studi e ricerche sulla famiglia della Cattolica, spiega che sono soprattutto le giovani donne con un lavoro a tempo indeterminato a non desidera più né marito né figli. Preoccupante, certo. Ma forse non così tragico. Perché la realtà consegna altre situazioni, altri episodi che contribuiscono a dare qualche pennellata di sereno su una tavolozza che rimane dominata da tinte cupe. Perché i giovani che desiderano sposarsi, nonostante il Covid, sono ancora tanti. E sono determinati. E chiedono alle istituzioni date certe per fissare la loro cerimonia di nozze. E continuano a guardare quel giorno come a uno tra più im- portanti della loro vita. Confortante, no? Per rendersene conto basta guardare come sui social stiano sbocciando gruppi di spose e sposi in attesa della data fatidica.

«Fateci fare come in Baviera»

Il più convinto, come suggerisce anche il nome, è quello delle 'spose guerriere'. Il loro orizzonte di riferimento è la Baviera che ha già deciso - anche se ora la questione sarà decisa dal governo centrale - quando potranno ripartire i matrimoni in presenza. Lassù, da luglio, se tutto verrà confermato, potrà essere di nuovo suonata la marcia nuziale mentre la sposa entra in chiesa tra due ali di invitati. In cento potranno poi accedere alla sala ristorante, duecento all’aperto. Tamponi obbligatori per tutti, protezione e igiene ai massimi livelli certificata dalle autorità che avranno il potere di stabilire quali matrimoni potranno essere celebrati e quali no sulla base delle garanzie sanitarie.

«Perché non possiamo fare così anche in Italia?», si chiedono le oltre 3mila promesse spose che aderiscono al gruppo e non si rassegnano a celebrare un matrimonio senza festa. Per questo si sono messe insieme con l’intenzione di combattere - guerriere appunto - per affermare i loro diritti alle nozze tradizionali. «Indicateci una data certa per ripartire con i matrimoni in presenza», invoca anche Stefania Vismara, coordinatrice nazionale di Insieme per il wedding. E mette a confronto il via libera concesso il 21 gennaio scorso alle crociere con il divieto dei matrimoni.

«Perché su una nave si può ballare e in un matrimonio no? Perché su una nave si può cenare tutti insieme e in un matrimonio no?», argomenta la rappresentante di un settore che la pandemia ha quasi azzerato. «Il fatturato del comparto - spiega - dipende da una lunga programmazione che viene svolta in previsione di una data. Se il governo non ci indica una data certa per ripartire, avremo come risultato certo quello di andare incontro a un ulteriore anno di fatturato a 'zero euro', con conseguenze ancora più drammatiche rispetto al 2020 e il fallimento di tutta la filiera». Si tratta di un settore vastissimo che comprende 90.000 aziende e partite iva; oltre un milione di lavoratori regolarmente assunti e 150mila lavoratori stagionali di cui l’83 per cento donne: un giro d’affari di 67miliardi, tra indotto primario e indotto complessivo. Il colpo inferto dalla pandemia rischia però di essere pesantissimo. Si stima infatti che il calo del fatturato medio sarà intorno all’85%.

«Quando vedremo la foto di quel giorno?»

Per rendere meno disastrosa la caduta è urgente ripartire, proprio come chiede il settore, con una data certa per matrimoni organizzati secondo un protocollo rigoroso, ma non escludente come adesso. Evidente che non si tratta solo di una preoccupazione commerciale (comunque legittima) ma anche sociale, culturale e pastorale. In Italia, dove il maggior numero di bambini nasce ancora all’interno del matrimonio, far ripartire le nozze vuol dire anche dare una mano alla natalità. Oltre a trasmettere un’iniezione di speranza per il futuro in un quadro sociale fin troppo depresso. Ecco perché movimenti come quello delle 'spose guerriere', al di là di qualche insistenza, pur comprensibile, sugli aspetti esteriori e modaioli dell’avvenimento, vanno ascoltati con attenzione.

Racconta Angela Di Iorio, amministratrice del gruppo: «Per noi è fondamentale sposarci in chiesa, ci crediamo e vogliamo diventare genitori. Conviviamo da 5 anni, ma ci siamo conosciuti già grandi. Io 31 anni e lui 33. Abbiamo studiato entrambi, entrambi abbiamo voluto se pur con percorsi diversi, realizzarci. Ora vogliamo sposarci come si deve». E Debora aggiunge: «Teniamoci stretto il nostro sogno perché non potrà mai togliercelo nessuno, così come l’amore che ci lega ai nostri futuri mariti, questo è ciò che conta di più». In mezzo a tante considerazioni personali, con qualche giustificata - scivolata romantica, c’è spazio anche per gli sfoghi contro i divieti.

Una tra le tante, Elisa: «Ho chiamato il Comune per il 3 di giugno, per avere delle info per il celebrante e mi hanno detto che anche a giugno ospiteranno solo 10 persone compresi gli sposi... non so come fare, togliendo i miei genitori mia sorella e la famiglia del mio FM, non riesco a fare venire neanche mia nonna, sono veramente desolata».

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: