mercoledì 1 giugno 2022
Consumatore e investitore razionale sono concetti in crisi: partendo invece dalla persona, al paradigma sanzionatorio subentra quello relazionale
Diritto dell'economia: la svolta recente in direzione fiducia
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Se negli ultimi decenni ha preso sempre più spazio e consistenza quell’approccio alle scienze economiche cui sinteticamente ci si riferisce con il termine 'Economia civile', assai meno diffusa può dirsi, invece, la consapevolezza che pure rispetto al 'diritto dell’economia', ovvero all’insieme di regole che riguardano il fenomeno economico e ne costituiscono la disciplina, si sia avviato un simile ripensamento. In modo analogo all’economia, e forse in misura pure maggiore, anche il diritto fa uso, infatti, di idee e concetti che non appartengono alle scienze esatte e alle verità naturali bensì piuttosto si collocano nel regno di quelle verità inevitabilmente condizionate dal mutevole atteggiarsi nella storia delle relazioni fra gli uomini, relazioni che del fenomeno giuridico costituiscono l’oggetto primo. E, in questa prospettiva, tutte le scelte normative – da quelle più di vertice espresse al livello delle Carte costituzionali a quelle più specifiche contenute in testi legislativi di settore – risultano fortemente influenzabili (e, nei fatti, influenzate) dall’idea di soggetto giuridico accolta dal 'legislatore' e che delle singole norme costituisce il fondamento. Sotto questo profilo, è bene esplicitarlo in modo netto, nessuna scelta normativa è mai neutra, risultando, al contrario, strettamente correlata alla visione antropologica che, di volta in volta, ne costituisce il sostrato.

Di conseguenza, così come l’Economia civile ha avuto il merito di denunciare l’opera di riduzionismo compiuta dalle teorie mainstream, convinte assertrici dell’idea di homo oeconomicus, individualista assoluto, perfettamente razionale ed egoista la cui utilità/ felicità è unicamente determinata dalla crescita delle proprie dotazioni monetarie le quali a sua volta aprono la possibilità di consumare una maggiore quantità e varietà di beni e servizi, analoga operazione si va compiendo anche in ambito giuridico. In questo caso, a segnare oggi il passo sono, innanzitutto, categorie quali quelle del consumatore e dell’investitore razionale, entrambe entrate in crisi sia in quanto in grado di offrire uno spaccato davvero parziale rispetto all’integralità della persona soggetto di diritto, sia perché viziate dal riferirsi a un’antropologia e una psicologia del tutto immaginarie e non aderenti alla realtà. Allargando poi lo sguardo oltre l’orizzonte della regolazione dei fenomeni economici, è in atto un altro ripensamento di tratto più generale che merita di essere evidenziato. In ambito giuridico a essere rimesso oggi in discussione appare, infatti, uno dei dogmi sui quali si basa in gran parte la nostra concezione del vivere sociale, quasi interamente fondata su un paradigma che si può chiamare 'sfiduciario'. A partire dall’antropologia hobbesiana dell’homo homini lupus, si è affermata nella storia una concezione del diritto che lo riduce a strumento atto a punire i malvagi e a costringere i riottosi, in modo che siano condotti a fare ciò che spontaneamente non farebbero. È quindi un’antropologia 'cattiva' ad alimentare, in ultima analisi, una diffusa visione coattivistica del diritto, secondo cui non solo una norma è giuridica in quanto è sanzionata, ma anche – e soprattutto – essa è obbligatoria solo perché c’è la minaccia di una sanzione a sostenerla. L’idea che anima una certa cultura giuridica è, insomma, che nel diritto a essere prevalente sia la dimensione 'verticale-sanzionatoria', la funzione delle norme essendo, in ultima analisi, quella di offrire criteri di soluzione di controversie. Come è stato però acutamente messo in luce da autorevoli teorici e filosofi del diritto, un tale approccio è esso pure a vocazione riduzionista, finendo totalmente per dimenticare che il diritto consiste in una serie di regole che servono innanzitutto la socialità della specie umana, cioè rendono possibile la cooperazione fra gli uomini in vista di obiettivi comuni. Vi è cioè, nell’esperienza giuridica, una dimensione 'orizzontale- relazionale' che accompagna sempre, anzi per meglio dire precede, quella 'verticalesanzionatoria'. Prima che criteri di soluzione di controversie, le norme costituiscono, infatti, il fondamento dell’agire all’interno di relazioni fra soggetti che si possono definire come 'relazioni fiduciarie'.

Da quest’angolo visuale, è interessante considerare che il diritto fa sempre conto sull’azione e sulla responsabilità di coloro ai quali si rivolge: i primi destinatari delle norme sono infatti i cittadini, mentre la giurisprudenza è chiamata a intervenire solo in seconda battuta se e quando qualcosa di questo meccanismo fiduciario si è infranto. Volendo concretizzare con un esempio il ragionamento sin qui condotto a proposito dell’importanza della fiducia come baricentro della dimensione regolatoria nella prospettiva dell’ordine sociale, basti pensare ad una delle più basiche e centrali relazioni giuridiche proprie del diritto dell’economia, quella tra debitore e creditore. In via generale, la concessione del credito è un’operazione tramite la quale il creditore mette a disposizione del debitore mezzi finanziari, per un certo tempo. A prescindere dagli aspetti più squisitamente tecnici, in sostanza, la concessione del credito si fonda sulla fiducia del creditore nelle capacità del debitore di rispettare una promessa: la restituzione di quanto ricevuto (tipicamente: il denaro). E ben lo si evince dall’etimologia della parola 'credito': dal participio passato ( creditum) del verbo credere (affidare), il credito è propriamente la cosa affidata. L’equivalente greco del verbo credere esprime insieme il dar credito a qualcuno, nel senso di riconoscergli affidabilità, e il far credito a qualcuno, nel senso di affidargli qualcosa con l’attesa della restituzione. In ogni contesto - anche in quello più squisitamente bancario-finanziario -, può esserci credito solo dove vi è fiducia. Non per caso, quindi, la fiducia (trust) è considerata il fondamento dei mercati finanziari e costituisce il primo obiettivo di tutela che si propone la regolamentazione di settore.

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