sabato 28 marzo 2020
L'Ad Marco Alverà: mettiamo a disposizione la nostra rete di rapporti per fare arrivare in Italia materiale sanitario. A San Donato box abitativi per ospitare "isolati" i tecnici del dispacciamento
La sala di controllo del centro di dispacciamento di Snam a San Donato, il più grande d'Europa

La sala di controllo del centro di dispacciamento di Snam a San Donato, il più grande d'Europa - Snam

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Il più grande centro di dispacciamento europeo della rete del gas è quello di Snam a San Donato Milanese, a una manciata di chilometri dai luoghi da dove è partito il contagio del coronavirus in Italia. «È una sala di controllo con i più elevati standard di sicurezza. Uno schermo grande come quello di un cinema permette di monitorare la rete del gas. Lì i nostri tecnici gestiscono i flussi. Dopo le prime notizie dei contagi a Codogno abbiamo subito dovuto prendere misure perché tutto funzionasse» spiega Marco Alverà, l’amministratore delegato di Snam.

Tra le sicurezze di questi tempi così incerti c’è che la rete di trasmissione del gas funziona.

Sì, continuiamo a garantire la sicurezza energetica. Già dal 24 febbraio abbiamo preso misure di cautela per assicurare il funzionamento di San Donato, considerato che molti dei nostri tecnici lavorano vicino alle aree colpite fin dai primi giorni dell’epidemia. In accordo con i sindacati, al dispacciamento, abbiamo organizzato il lavoro su due turni da 12 ore, invece che tre turni da 8. I tecnici quando staccano vanno a riposare in moduli abitativi che in tre giorni abbiamo allestito nel cortile dell’impianto. Restano isolati. Dopo quindici giorni tornano a casa. Fanno una vita simile a quella di chi lavora in una piattaforma petrolifera. I colleghi coinvolti sono circa una trentina, scelti su base volontaria. Il loro contributo in questo momento è particolarmente prezioso, così come quello dei colleghi che continuano a lavorare nel resto d’Italia sulle attività essenziali per la rete. Per il resto di 3mila dipendenti di Snam oggi oltre 2.300 sono in smartworking, modalità che usiamo con successo da oltre due anni.

In che modo state contribuendo alla lotta al Covid–19?

Attraverso Snam e la nostra Fondazione Snam, che è nata proprio per mettere a disposizione tutto il nostro know–how, non solo risorse economiche, nei territori dove operiamo. Abbiamo deciso di donare 20 milioni di euro contro l’emergenza. Da subito abbiamo parlato con la Protezione Civile e il commissario straordinario Domenico Arcuri per capire che contributo potessimo dare. Grazie alla nostra rete di rapporti siamo riusciti a procurare 625 ventilatori e 4,5 milioni di mascherine tra India e Cina. Doneremo noi i ventilatori e 600mila mascherine, per gli altri aiutiamo a fare arrivare il materiale in Italia anche sulla base di una lettera di intenti che abbiamo firmato con la struttura del commissario straordinario. È un lavoro complesso, in un momento in cui tutti gli Stati stanno cercando ventilatori e mascherine su tutti i mercati del mondo. I primi carichi stanno arrivando in questi giorni. Parallelamente aiutiamo economicamente diverse onlus e realtà del Terzo settore che stanno aiutando il Paese a combattere l’epidemia: dalla Croce Rossa a Vidas, dialogando anche con la Caritas.

Un carico di mascherine e ventilatori acquistati da Snam in Cina e pronte per essere spedite in Italia

Un carico di mascherine e ventilatori acquistati da Snam in Cina e pronte per essere spedite in Italia - Snam

Che cosa vedete in questo momento sui consumi di gas del Paese?

Con questa fine di marzo più freddo del solito e la popolazione a casa c’è un leggero aumento dei consumi domestici. Ma i consumi industriali e quelli termoelettrici scendono sensibilmente.

La crisi economica che abbiamo davanti vi costringerà a rivedere i piani?

Non in modo significativo, per ora. Siamo un’attività che fa servizi essenziali, siamo resilienti di fronte a una riduzione dei volumi o dei prezzi dell’energia. Abbiamo ridotto i cantieri di sviluppo della rete, alcuni potrebbero subire dei ritardi, ma il piano 2019–2023 da 6,5 miliardi di euro di investimenti resta confermato. Contiamo di recuperare questi ritardi quando l’emergenza sarà finita. Tutte le infrastrutture possono avere un ruolo centrale nella fase di ripartenza dell’Italia.

Il crollo dei prezzi del petrolio e la crisi rischiano di complicare la transizione energetica verso la decarbonizzazione?

Ci sono tanti fattori che si incrociano. Negli Stati Uniti, come in Cina o in India, la dimensione economica dell’energia è molto importante e per fonti pulite come l’idrogeno, l’eolico o il solare diventa difficile competere con un petrolio a 25 dollari al barile. In Europa, dove la determinazione politica sul clima è più forte, e dove penso che si ripartirà proprio dai mille miliardi del Green Deal, questo problema si sente meno. Anzi, avere energia a basso costo in questo momento potrebbe accelerare la transizione energetica: ad esempio, con un costo del gas più basso, potrebbe essere più conveniente introdurre a livello europeo una quota del 5% di idrogeno nelle reti.

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