giovedì 18 gennaio 2024
Tra speciali e urbani il tasso ha raggiunto il 72% (a fronte di una media europea del 58%), con punte di eccellenza per gli imballaggi. Crescono le opportunità di lavoro nel settore
Un impianto di riciclo dei rifiuti

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L'Italia è fra i Paesi europei con le migliori performance sia per la preparazione al riutilizzo e il riciclo dei rifiuti urbani e sia per quelli dei rifiuti di imballaggio. Il tasso di riciclo dei rifiuti, speciali e urbani, ha raggiunto il 72% (a fronte di una media europea del 58%), con punte di eccellenza per gli imballaggi: 10,5 milioni di tonnellate di imballaggi avviate nel 2022 a recupero di materia (erano 9,3 nel 2018), due punti sopra al target del 70% previsto dall'Ue al 2030. L'Italia, però, non si deve sedere sui positivi risultati raggiunti, ma deve fare ulteriori passi avanti nel riciclo dei rifiuti: recuperare i ritardi che permangono in alcune filiere (come i Raee-apparecchiature elettroniche), sviluppare nuovi settori (come il riciclo delle batterie e dei pannelli solari), rafforzare i mercati delle materie prime seconde in modo che si riduca il consumo di materie prime primarie e sviluppare alcune innovazioni in alcune filiere (come il riciclo chimico delle plastiche). Gli emendamenti alla proposta della Commissione di regolamento sugli imballaggi approvati dal Parlamento europeo, pongono nuove sfide per rafforzare il riciclo puntando ad aumentare il riutilizzo di imballaggi riutilizzabili, quando tale riutilizzo è fattibile e comporta un significativo vantaggio ambientale; non impongono come unico modello quello basato sul deposito cauzionale, ma consentono modelli diversi, con elevate performance, come quello del Conai-Consorzi di filiera, basato sul contributo ambientale pagato dai produttori e dagli utilizzatori. Il Rapporto evidenzia le performance di 19 filiere del riciclo, con il riciclo degli imballaggi che ha mantenuto un buon andamento e i tassi di recupero dei rifiuti d'imballaggio si sono assestati ormai su livelli di avanguardia in Europa: carta, vetro e acciaio primeggiano con un tasso di riciclo dell'81%. Gli imballaggi in legno hanno aggiunto un tasso di riciclo del 63%, più del doppio rispetto al 30% previsto dall'Ue al 2030 e il 97% del materiale legnoso riciclato in Italia viene trasformato in pannelli truciolari utilizzati dall'industria del mobile e dei complementi d'arredo. Gli imballaggi in alluminio hanno un tasso di riciclo del 74%, bel oltre il 60% previsto dall'Ue per il 2030 e in Italia si produce solo alluminio secondario da riciclo. Mentre il tasso di riciclo degli imballaggi in plastica è al 48,6% rispetto all'obiettivo Ue al 2030 del 50% e il tasso di intercettazione delle bottiglie in Pet è del 68% lontano dal 77% previsto per il 2030. L'Italia detiene il primato nel riciclo di rottami ferrosi in Europa (18,6 mln ton nel 2022) con il quali produce l'85% del suo acciaio e gli italiani insieme ai tedeschi sono i più ricicloni d'Europa per gli imballaggi con 160Kg/anno a testa Per quanto riguarda altre filiere si registrano scenari differenti. Situazione ancora critica per i Raee con un tasso di riciclo del 34% contro l'obiettivo del 65% al 2019. Mentre sono buone le performances per gli inerti da costruzione e demolizione che hanno raggiunto un tasso di recupero dell'80% ben superiore all' obiettivo del 70%; sono state avviate a rigenerazione, inoltre, 178 chilotonnellate di oli minerali usati, pari a circa il 98% del raccolto rispetto al 61% dell'Ue. Il tasso di riciclo di pile e accumulatori portatili è del 33,5% in lieve calo rispetto al 2021. Il mercato delle materie prime seconde attraversa un momento particolare: tensioni internazionali e fluttuazioni dei prezzi incidono in maniera sempre più significativa. Per alcuni materiali come i rottami di vetro o quelli ferrosi la domanda è elevata e il vantaggio economico è netto anche se un improvviso balzo dei prezzi del rottame di vetro ha messo in difficoltà il settore. Per altri come le plastiche da riciclo, le difficoltà sono maggiori perché la domanda non è molto elevata e la concorrenza dei polimeri vergini è più forte. Per alcuni materiali, poi, come gli aggregati riciclati di qualità o gli asfalti modificati con materiale da riciclo – le difficoltà di mercato derivano anche da barriere normative o da resistenze all’impiego. Altre difficoltà di derivano anche da procedure che regolano la cessazione della qualifica di rifiuto, dopo un trattamento di riciclo che durano anni e che sono di complessa applicazione. Da un’indagine dell’Eea su otto mercati di materie prime seconde in Europa, emerge che solo tre funzionano correttamente (alluminio, carta, vetro), mentre altri cinque (legno, plastica, rifiuti organici, rifiuti da costruzione e demolizione e tessili) «non sono ben funzionanti». Le innovazioni tecnologiche dovranno essere la chiave per sviluppare le potenzialità del mercato. Molte sono le novità, ma è necessario superare la fase della progettazione e sperimentazione per raggiungere la piena maturità. C’è bisogno di nuove tecnologie di riciclo chimico per la plastica. Per far fronte alla domanda crescente di batterie che aumenterà di 14 volte al 2030, occorreranno tecniche avanzate per aumentare le quantità riciclate di rame, litio, nichel e cobalto provenienti dalle batterie esauste. Per aumentare la quota di pneumatici riciclati in quelli nuovi servono nuove tecnologie di riciclo e vulcanizzazione e l’elenco potrebbe continuare con il riciclo di parte delle auto, con quello di molti prodotti tessili o dei fanghi di depurazione.

Opportunità di lavoro
Crescono del 10% le opportunità di lavoro per tutti i professionisti che a vario titolo hanno a che fare con tutte le attività legate alle tematiche del riciclo dei rifiuti. In questo momento, in particolare, le aziende stanno cercando Esg Consultant e Esg Governance Manager. «Da qualche tempo e sempre con maggiore insistenza negli ultimi anni – spiega Claudia Meazza, manager della divisione Banking & Real Estate di Hunters Group – l’impegno etico e morale di un’azienda verso l’ambiente, la società e l’etica gestionale è diventato un asset strategico in grado di incidere direttamente sui risultati di business delle aziende e, di conseguenza, di incrementarne il valore. I criteri Esg (legati alla sostenibilità ambientale, sociale e di governance) sono dei veri e propri indicatori pratici che permettono di classificare e selezionare le imprese che davvero perseguono la sostenibilità con progetti e soluzioni e rappresentano anche i tre
indicatori chiave utilizzati per misurare le realtà virtuose. Non è strano, dunque, che non solo le aziende quotate, ma anche le pmi, inizino a cercare professionisti che siano capaci di guidarle in questo viaggio verso la sostenibilità». L’Esg Consultant, a diretto riporto dell’Esg Manager, si occupa di supportare la divisione Sustainability nelle attività di analisi e implementazione di strategie di sostenibilità, cambiamento climatico e stakeholder engagement, supporto metodologico alla redazione di bilanci di sostenibilità,
verifiche di conformità a principi e linee guida internazionali in ambito di sostenibilità, revisione di bilanci di sostenibilità, due diligence Esg. Per questo professionista la Ral-Retribuzione annua lorda media è di 35mila euro. L’Esg Governance Manager, oltre a coordinare il Consultant nelle sue specifiche attività, si concentra sull’analisi di rischi di sostenibilità, dell’impatto economico, sociale e ambientale; supporta la compilazione di indici di sostenibilità e si occupa della definizione di sistemi di misurazione nell’ambito di progetti di impact investing, dello sviluppo di politiche di sostenibilità nella supply chain e della definizione di policy e sistemi di gestione in riferimento a tematiche quali diritti umani, ambiente, lotta alla corruzione e diversity. Per questo professionista la Ral media è di 50mila euro. «È una tendenza – aggiunge Meazza – che riguarda tutte le tipologie di impresa. Anche le pmi, infatti, devono essere green compliant, soprattutto per non perdere competitività sui mercati esteri. Fino a qualche tempo fa si appoggiavano a commercialisti o consulenti esterni, ma ora è arrivato il momento di puntare a competenze altamente qualificate e iper-specializzate sui temi Esg. È difficile che queste realtà, spesso medio-piccole, possano assumere questi professionisti, quindi, nella maggior parte dei casi, si tratta di consulenti esterni (che arrivano da big corporate o da società di consulenza) che lavorano per più società». L’attenzione alle tematiche Esg, infine, fa crescere le aziende più velocemente e le rende più redditizie: si registra, in tre anni, una crescita di fatturato fino al 5% in più rispetto a quelle con dipendenti meno soddisfatti. Oltre ai principi fondamentali di una retribuzione equa e alla garanzia di un ambiente di lavoro sicuro, i benefici possono includere la formazione professionale, la salute mentale e fisica, l’assistenza all’infanzia e le opportunità di istruzione, tutti fattori che aumentano la soddisfazione dei dipendenti e di conseguenza la produttività e la fidelizzazione.






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