mercoledì 24 giugno 2020
Anziani ancora protagonisti: il 32,8% è ottimista sul proprio futuro. Ma esiste una frattura intergenerazionale tra over 65 e giovani
Silver economy e conseguenze post Covid-19
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È stato presentato sul Canale YouTube Ital TV l’Osservatorio Censis-Tendercapital sulla silver economy dal titolo La silver economy e le sue conseguenze nella società post Covid-19. La ricerca evidenzia quali sono le conseguenze della pandemia anche per i più longevi, over 65 anni, se si è creato un divario tra giovani e anziani e come questi ultimi hanno reagito durante l’emergenza sociale, economica e sanitaria. Tra gli obiettivi dell’Osservatorio, inoltre, quello di capire se oggi, nel post Covid-19, la silver economy rappresenti ancora una risorsa per la società, se dopo la crisi generata dalla diffusione del coronavirus e i tre mesi di fermo produttivo, la longevità attiva sia da considerarsi archiviata oppure se per gli anziani sia stata solo una terribile parentesi, che si può e si deve oltrepassare.

Anziani ancora protagonisti: il 32,8% è ottimista sul proprio futuro
Dal Rapporto emerge la conferma che i longevi sono il motore della vita collettiva, soggetto attivo ed economicamente forte della silver economy, vale a dire di redditi, patrimoni, consumi, stili di vita e valori. Oggi, nella fase post-Covid-19, gli anziani guardano al proprio futuro e a quello della propria famiglia con meno pessimismo e più fiducia degli altri: il 32,8% si dice ottimista, contro il 10,4% dei millennial e il 18,1% degli adulti. Analogamente, i longevi sono anche i più positivi sulle chance di ripresa dell’Italia (20,9%), mentre crolla in questo caso la fiducia dei millennial (4,9%).

Frattura intergenerazionale nel post Covid-19 tra over 65 e giovani
La pandemia ha creato anche una spaccatura intergenerazionale: da una parte gli over 65, mediamente in buona salute, solidi economicamente, con vite appaganti e una riconosciuta utilità sociale, dall’altra i giovani. Un nuovo rancore sociale, alimentato e legittimato da una inedita voglia di preferenza generazionale nell’accesso alle risorse e ai servizi pubblici, legata alla visione del longevo come privilegiato dissipatore di risorse pubbliche. Ben cinque giovani su dieci in emergenza vogliono penalizzare gli anziani nell’accesso alle cure e nella competizione sulle risorse pubbliche. Più precisamente, il 49,3% dei millennial (il 39,2% nel totale della popolazione) ritiene che nell’emergenza sia giusto che i giovani siano curati prima degli anziani; inoltre il 35% dei giovani (il 26,9% nel totale della popolazione) è convinto che sia troppa la spesa pubblica per gli anziani, dalle pensioni alla salute, a danno dei giovani.

Con il lockdown anziani più fragili, il dramma delle Rsa
Le conseguenze economiche della pandemia hanno coinvolto meno gli anziani: il 90,7% nel lockdown ha continuato a percepire gli stessi redditi, di contro troviamo i millennial con il 44,5% e gli adulti al 45%. Tuttavia, con le drastiche misure di confinamento adottate per arginare il contagio da Covid-19, sono aumentati per gli anziani i costi sociali e molti sono stati costretti a rinunciare alle abitudini quotidiane, agli incontri con amici e familiari (74,6%), ad andare dal parrucchiere, barbiere, estetista (50,7%), a fare passeggiate in centro o nei parchi urbani (46,8%), a partecipare a riti e cerimonie religiose (41,3%), viaggiare (38,3%), fare gite fuori porta (27,9%), andare al cinema, teatro, concerti (26,7%). E poi la drammatica vicenda delle Residenze sanitarie per anziani, con strutture divenute veri e propri amplificatori di contagio da virus. Da una indagine Iss (dati al 5 maggio 2020) sul settore e a cui ha risposto il 40% dell’universo di riferimento, si sono verificati 9.154 decessi, di cui il 41,2% con ospiti risultati positivi a Covid-19 o affetti da sintomi influenzali ad esso presumibilmente ascrivibili. Una tragedia annunciata visto che ben il 66,9% degli intervistati dice che era noto che molte strutture non garantivano agli ospiti adeguati standard di sicurezza e qualità della vita.

Il virus non ha colpito solo gli anziani
Ma il Covid-19 non ha colpito solo gli anziani e i dati che emergono a livello geografico lo dimostrano. Infatti, nelle province con i più alti tassi di contagio l’incidenza degli anziani è contenuta, come accade a Cremona (1° per tasso di contagio, ma al 45° posto della graduatoria per anzianità) e Piacenza (rispettivamente al 2° e al 36° posto). Al contempo, la provincia di Savona (1° per anzianità) si colloca al 30° posto nella graduatoria per contagio, così come Biella (2° nella graduatoria per anzianità e 28° in quella per contagio). Il Rapporto, quindi, sembra smentire la relazione tra l’alta presenza di anziani e l’alta incidenza dei contagi.

Per Moreno Zani, presidente di Tendercapital, «il Rapporto ci offre un quadro completamente modificato rispetto alla situazione precedente al Covid-19, in cui emerge che i giovani hanno un certo rancore nei confronti degli anziani. Particolarmente significativi due dati: uno riguardante i consumi dei soggetti più anziani e l’altro relativo alla ridefinizione delle politiche pubbliche in campo sanitario. In questo senso, ci auguriamo che il Rapporto presentato oggi possa dare un contributo positivo al decisore politico che dovrà adottare scelte più rispondenti alle nuove esigenze emerse a seguito della pandemia».

Secondo Giuseppe De Rita, presidente del Censis, «il Rapporto evidenzia una ferita tra generazioni; la sfida è tuttavia quella di leggerla alla luce di un ciclo di lungo periodo, tenendo conto che prima del contagio gli anziani erano più predisposti a cedere parte del loro reddito ai figli o ai nipoti, mentre il quadro che sembra ora emergere è quello di un atteggiamento di maggiore controllo da parte dei primi volto a riprendere padronanza della propria capacità finanziaria».

Pier Paolo Baretta, sottosegretario al ministero dell’Economia, ha sottolineato che «le politiche pubbliche devono tener conto dell’alto numero di persone anziane che hanno una notevole capacità di spesa, oltre che un ruolo sociale considerevole nei confronti dei giovani. Occorre, però, rimarginare la rottura generazionale che sembra emergere dal Rapporto, attraverso politiche che da un lato favoriscano l’occupazione e, dall’altro, contribuiscano a sviluppare un nuovo modello di welfare orientato alla tutela della salute».

Secondo Alberto Bagnai, presidente della commissione Finanze del Senato, «il Rapporto mette in luce un quadro che i media hanno già evidenziato, ovvero quello di un antagonismo tra generazioni. Si tratta, tuttavia, di una narrativa che si presta ad alimentare una competizione tra giovani e anziani. Non è altro che un neo-rancore indotto dal racconto falsato e da una gestione sbagliata della crisi, un conflitto da esecrare poiché i problemi della società vanno affrontati in modo organico».

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