giovedì 26 maggio 2022
Se non fai testamento congelano il patrimonio e non hai garanzie. Le opportunità sono tra carta e inchiostro: trust, vincolo di destinazione e altro ancora
Tutelare un figlio disabile quando si muore? Oggi si può

ANSA

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Marta è nata con la sindrome di down, “una ragazza straordinaria”, dicono i genitori. La mamma smette di lavorare per seguirla, il papà è artigiano con una piccola azienda: alcune quote societarie e qualche immobile. Lui la guarda sorridere e sorride. Poi però il volto si incupisce, quando pensa al domani. "Che cosa accadrebbe se improvvisamente morissi?" si chiede. La risposta è crudele: non sarebbe prevista alcuna copertura assicurativa.

Eppure la soluzione è lì, tra carta e inchiostro. “Se il papà che porta a casa la “pagnotta” - spiega Alex D’Alessandro, consulente finanziario e patrimoniale - non facesse testamento e gli dovesse accadere qualcosa, ci sarebbero due problemi: il 50% di tutto il patrimonio verrebbe ‘congelato’, vincolato alla gestione di un giudice tutelare e, la moglie casalinga, senza reddito, non avrebbe garanzie. Scrivendo due righe, invece, facendo testamento, il papà tutela la moglie, ma soprattutto in maniera indiretta la figlia Marta che ne ha bisogno”.

La storia di Marta è solo uno tra i tanti esempi concreti per capire le conseguenze di una scelta non fatta. Che fare? Le soluzioni ci sono, ma l'amore ha bisogno di una penna. “Ogni persona con un parente disabile - spiega Alex D’Alessandro - si trova di fronte a due possibilità: non fare nulla e subirne le pesanti conseguenze con un patrimonio spesso disperso tra parenti lontani e quasi sconosciuti oppure agire e decidere, nel presente, cosa succederà in futuro del proprio patrimonio. E non è sempre indispensabile fare riferimento a cose complesse, basterebbero almeno ‘due righe scritte bene’, su un foglio di carta bianca”.

Purtroppo i dati non sono rassicuranti. In Italia fa testamento solo una piccolissima percentuale della popolazione che non arriva neanche al 10%, contro il 50% dei nordeuropei: paradosso dei paradossi, un popolo geloso della proprietà privata in vita lascia decidere allo Stato cosa ne sarà del patrimonio dopo la morte.

Eppure gli strumenti per tutelarsi ci sono, in primis quelli previsti nella Legge cosiddetta “Dopo di noi”.

La legge 112 del 2016 introduce presidi giuridici fondamentali: il trust, il vincolo di destinazione e i fondi speciali con affidamento fiduciario che possono andare anche a favore delle associazioni. Devono essere sottoscritti tutti con atto pubblico (cioè dal notaio) e consentono di avere l’esenzione totale dall’imposta di successione e donazione.

Il trust è la prima tra le opportunità e consiste nell’affidare i propri beni a una persona di fiducia che li controllerà nell’interesse di un beneficiario per un fine meritevole. I protagonisti sono quattro: un disponente (nel nostro esempio si tratta del papà) che ha il patrimonio e che decide come fare il trust, cosa inserire, a chi dare fiducia; il trustee persona fisica o giuridica (può essere ad esempio, la moglie) che gestirà il patrimonio, ma che non ne avrà la proprietà; il guardiano vale a dire un soggetto che controlla che l’operato del trustee sia in linea con quanto stabilito dal disponente (può essere un parente, o in alternativa un professionista come un avvocato, un commercialista); e infine il beneficiario cioè il soggetto con disabilità (ad esempio Marta), che trarrà vantaggio dall'istituto.

Il trust risponde solo dei debiti contratti nell'interesse del beneficiario: “Per il resto nessuno potrà più toccare un euro di quel patrimonio e posso decidere in vita tutto il percorso che faranno i miei beni quando non ci sarò più” dice D'Alessandro. Piena segregazione patrimoniale, la chiamano i giuristi, ma attenzione ai debiti contratti prima della costituzione del trust da parte del disponente (il papà): in quel caso c’è il rischio che i debitori possano aggredirlo anche se i debiti non sono stati contratti nell’ interesse del beneficiario.

Altra possibilità, è quella del vincolo di destinazione: il limite però è che riguarda solo i beni immobili e quelli mobili registrati, macchine, barche, navi e aerei. Non si può fare, insomma, vincolo di destinazione sul denaro.


Ultima occasione: i fondi speciali con affidamento fiduciario. “A differenza del trust – precisa D’Alessandro -cambiano i nomi e qui abbiamo: l’affidante, l’affidatario, il controllore e il beneficiario, ma la sostanza è la stessa. Pensiamo ad esempio se ci fosse un imprenditore di una società di persone (ad esempio una società in nome collettivo) con figlio disabile. Se l’imprenditore dovesse morire, e non avesse tutelato il patrimonio per tempo del figlio disabile essendo socio di una snc, risponderebbe anche con il proprio patrimonio personale. Verrebbe pignorato tutto e il figlio rimarrebbe nei guai a livello finanziario e personale”.

Tra i vantaggi derivanti dall’uso di questi strumenti giuridici, infine, c’è la possibilità di non disperdere il proprio patrimonio, lasciandolo, una volta scomparso anche il beneficiario, ad enti o associazioni meritevoli che in vita si sono presi cura di lui.
“E’ sicuramente consigliabile, dunque, affidarsi da subito a un consulente finanziario professionista – conclude D’Alessandro – per pianificare al meglio il futuro della famiglia con la massima tranquillità e serenità sia finanziaria sia successoria. Non fare nulla oggi è un grande errore. Qualcosa va fatto: un trust, un affidamento fiduciario, una soluzione testamentaria, anche congelata finché non vengo a mancare. Per il bene del figlio disabile e - perché no? - anche per chi lo ha seguito accanto alla famiglia con amore e dedizione. Basta poco”.

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