sabato 30 ottobre 2021
Analisi del centro studi dell'associazione degli industriali: dopo la fase emergenziale formazione e strumenti tecnologici per i dipendenti sono le priorità
Smartworking promosso da Confindustria

Smartworking promosso da Confindustria - Ansa

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Smartworking promosso anche dalle aziende di Confindustria. Un’analisi del centro studi di via dell'Astronomia lo definisce una «delle partite da vincere per modernizzare il Paese», un processo dal quale non si torna indietro e che andrà adesso strutturato. «Quando l'emergenza sanitaria sarà superata i lavoratori e le imprese molto probabilmente non torneranno indietro. Non del tutto, almeno. E assisteremo anche in Italia a un incremento delle possibilità di svolgere il lavoro in remoto rispetto al pre-crisi» si legge nell’anali. E questo anche perché «lo smart working d'emergenza ha fatto superare molti pregiudizi, ed è stata l'occasione per migliorare le competenze digitali e ripensare molti processi aziendali». È una prospettiva confermata anche dalle opinioni e intenzioni raccolte presso le imprese tramite un'indagine: più di un terzo ha dichiarato che manterrà il lavoro agile anche dopo l'uscita dalla pandemia. Questa quota sale al 41,2% per le imprese dei servizi, più bassa, invece, come prevedibile dato il tipo di attività, la percentuale nell'industria, 31%.

Durante le fasi acute della crisi sanitaria il lavoro agile è stato elemento fondamentale per continuare l'attività e ancora oggi è un fattore importante per contenere i contagi sui posti di lavoro. Nel 2020 due imprese associate su tre hanno fatto ricorso allo smart working, che ha coinvolto quasi il 40% dei dipendenti. Nei servizi lo hanno utilizzato il 73,4% delle imprese, nell'industria al netto costruzioni il 64,2%. Ora, guardando alle opportunità per il futuro post-pandemia, adottare cambiamenti organizzativi sarà «alla base del successo dello smart working in termini di produttività» ma sarà solo il primo «tassello della più complessiva trasformazione del mercato del lavoro in corso, sulla spinta del progresso tecnologico, che va guidata, incentivata e assolutamente non ostacolata con inutili fardelli burocratici». Il 39,5% delle imprese pensa che dovrà fornire ai propri dipendenti attrezzature e piattaforme Ict adeguate al lavoro a distanza. Sarà importante anche formare i dipendenti per rafforzarne le competenze tecniche digitali (23,7%) e trasversali (26,1%). Più della metà delle imprese (56,6%) pensa sia fondamentale richiedere la presenza in azienda in determinati giorni e, anche per questo, riorganizzare gli spazi (29%). Il CsC cita anche una un'indagine del'Ocse, in collaborazione con il Biac (Business at Oecd) e il Trade Union Advisory Committee), rivolta a manager e lavoratori di 23 paesi membri, sulla loro esperienza e sulle loro aspettative: «I risultati mostrano che il 63% dei manager e il 74% dei lavoratori ha considerato la propria esperienza con il lavoro a distanza durante la pandemia positiva o molto positiva (rispettivamente in termini di performance e benessere). Il 60% dei manager ha dichiarato che i lavoratori in smart working sono più produttivi perché più concentrati».

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