giovedì 6 dicembre 2018
Salvini: «Mettere nuove tasse è l'ultima cosa da fare». Di Maio: «Un tavolo con i costruttori e i consumatori per migliorare la norma». Ecco i contenuti di un emendamento paradossale
Un'auto elettrica: nei primi 9 mesi del 2018 in Italia hanno rappresentato lo 0,2% del mercato

Un'auto elettrica: nei primi 9 mesi del 2018 in Italia hanno rappresentato lo 0,2% del mercato

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«Mi sembra che mettere nuove tasse sia l'ultima cosa da fare». E' durata meno di un giorno la paradossale idea del governo relativa ad un sistema di bonus-malus teoricamente ecologico da applicare all'acquisto di automobili nuove contenuto in un emendamento alla legge di stabilità. II vicepremier Matteo Salvini lo ha già bocciato, almeno nella parte che riguarda la tassa sulle auto più inquinanti, osservando che «mi sembra la cosa meno utile in questo momento. Se si vuole aiutare chi ha l'intenzione di acquistare auto elettriche o ecologiche bene, ma senza penalizzare chi ha o avrà un'auto a benzina o diesel perché il settore dell'auto è già tassato a livelli folli», ha aggiunto questa mattina. A chi gli fa notare che la misura è stata avanzata dalla maggioranza, della quale fa parte anche la Lega, Salvini ha replicato dicenco che «si può anche cambiare: la manovra passa al Senato e torna alla Camera».

Cosa dice l'emendamento

Incentivi per pochi, e una "stangata" per molti. Potrebbe riassumersi così la decisione della Commissione Bilancio della Camera, che nella discussione del DDL 2019, aveva approvato lunedì notte un emendamento che prevede l'introduzione di un sistema di "bonus-malus" sulle immatricolazioni di auto nuove, in funzione delle emissioni di CO2, valido per i prossimi tre anni. L'emendamento prevede di applicare, già a partire dal 1 gennaio 2019, sull'acquisto di autovetture nuove con emissioni di CO2 superiori ai 110 g/km, un'imposta crescente che varia dai 150 ai 3.000 euro. Parallelamente, nello stesso triennio, l'emendamento prevede di incentivare l'acquisto di vetture a bassissime emissioni (da 0 a 90 g/km di anidride carbonica), per le quali sono stanziati 300 milioni di euro: a secondo delle fasce, il contributo all'acquisto sarà da 1.500 a 6.000 euro.

La beffa dei diesel “puliti”

Se la norma diventerà legge, riguarderà circa la metà delle vetture che saranno potenzialmente acquistate dagli italiani (sulla base delle immatricolazioni 2018), rischiando di penalizzare chi può permettersi di acquistare solo quelle meno costose. La Fiat Panda, l'auto più venduta in Italia, per fare un esempio non godrebbe di alcun bonus mentre sarebbero incentivati – oltre alle elettriche e a molte ibride – anche alcuni modelli poco inquinanti alimentati con il tanto vituperato motore diesel. E qui scatta la beffa ulteriore, perché da una parte lo stato darebbe incentivi per acquistare ad esempio un Euro 6 con basse emissioni (e quindi considerato virtuoso) e dall'altra le amministrazioni locali ne vieterebbero poi l'utilizzo in occasione dei blocchi (considerandolo nocivo), come sta accadendo a Roma nelle domeniche “verdi”. Da notare inoltre che il provvedimento non pare del tutto sostenibile anche sotto il profilo ecologico, visto che - incredibilmente - non è subordinato ad alcuna rottamazione di vetture usate e inquinanti.

La rivolta del mondo auto

Secondo Michele Crisci, presidente di Unrae (i costruttori esteri in Italia) e Adolfo De Stefani Cosentino, presidente di Federauto (l'associazione dei concessionari) «si tratta di un emendamento paradossale. Penalizzando le immatricolazioni di auto nuove, si penalizza la sostituzione delle vetture più vecchie e inquinanti. Oltretutto la parte "bonus" avrà ben poco effetto visto che non c'è stanziamento per migliorare la rete delle infrastrutture di ricarica». Secondo una prima stima di Unrae e Federauto, inoltre, la nuova norma provocherebbe un extragettito per lo stato di appena 350-370 milioni, ma il probabile conseguente calo delle immatricolazioni neutralizzerebbe la manovra per il mancato incasso di Iva, Ipt e tasse automobilistiche. «Se il rallentamento fosse superiore al 4% - dicono - lo Stato e gli enti locali ci rimetterebbero, insieme a migliaia di imprese legate alla filiera produttiva». Impietosa la conclusione di Crisci e De Stefani Cosentino: «Quando si interviene su un settore importante dal punto di vista economico e fiscale, sarebbe bene ascoltare il parere di chi quel settore lo conosce e ne comprende le dinamiche».

La retromarcia del governo

Anche Luigi Di Maio questa mattina ha comunque innestato la retromarcia rispetto al contestatissimo provvedimento. «Non vogliamo assolutamente penalizzare le famiglie che oggi hanno difficoltà e a volte acquistano l'auto meno costosa col motore meno performante. E tanto meno creare uno shock al mercato dell'auto in Italia, ai costruttori e ai lavoratori: chi può lo può dire
meglio di me che sono di Pomigliano d'Arco, la mia città è cresciuta intorno a quella che fu l'Alfasud», ha detto il ministro dello Sviluppo economico in una diretta Facebook. La norma, ha ricordato Di Maio, «è passata in legge di Bilancio così alla Camera, ma al Senato la possiamo migliorare ancora». Quindi, ha concluso, «il tavolo con i costruttori e i consumatori annunciato in precedenza verrà fatto al più presto, perché la legge di Bilancio va al Senato la prossima settimana».


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